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Il governo balla sul complotto

Il governo balla sul complottoConte, Di Maio e Salvini – lapresse

Decreto fiscale Salvini e Di Maio rompono sul mega condono per gli evasori. I 5 Stelle insistono che il testo è stato manipolato (ma senza più fare denuncia) e giurano che non possono votarlo. La Lega non vuole fae passi indietro e dimostra che gli alleati sapevano quello che hanno approvato. Conte convoca un Consiglio dei ministri riparatore al quale il leader leghista annuncia di non voler andare. E con lui tutti i suoi ministri, che però giurano: non ci sarà la crisi

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 19 ottobre 2018

Dal ponte al tunnel, dalle assicurazioni al terremoto, litigano su tutto. Con la messinscena del complotto sul decreto fiscale, Luigi Di Maio ha fatto esplodere la crisi della maggioranza, crisi di nervi al momento. È bastato che la Lega decidesse di non reggere il gioco all’alleato – quando, spaventato dalla reazione dei suoi elettori, ha tentato di fare marcia indietro sul mega condono fiscale – per portare alla luce una dopo l’altra tutte le crepe sul ritratto di una coalizione affiatata. E così alla fine di una giornata infernale, soprattutto per il presidente del Consiglio, che nel frattempo doveva presentare la manovra in Europa, la Lega riesce a portare prove sufficienti del doppio gioco grillino. La bozza di decreto fiscale contro la quale Di Maio è insorto, denunciando la manipolazione, contiene la stessa proposta di condono (cambia solo il numero di un articolo) che i ministri grillini hanno ricevuto prima del Consiglio dei ministri di lunedì scorso. E Salvini adesso non vuole tornare indietro, annuncia che non ci sarà al Consiglio dei ministri di sabato dove i grillini pretendono la riparazione, e se non ci va lui non ha intenzione di presentarsi nessuno dei suoi. Nel frattempo la Lega scatena la reazione su tutti gli altri dossier che stanno a cuore ai 5 Stelle. Alla fine Conte, volendo tranquillizzare, dice che «la crisi di governo è futuribile». Parole, queste, da prendere sul serio: la rottura arriverà non prima delle elezioni europee.

La cronaca vede Di Maio attivissimo, tranne che su quanto aveva promesso di fare come prima azione del giorno. Naturalmente non va in procura a denunciare alcuna «manina», perché rischierebbe di essere indagato per simulazione di reato. Ministri e sottosegretari leghisti non vedono l’ora di spiegare come i 5 Stelle avessero in realtà ingoiato senza fiatare il mega condono, quello che nel complesso copre l’evasione di oltre due milioni, altro che tetto da 100 mila euro. Che non lo avessero compreso è possibile, se si pensa che Di Maio è arrivato a protestare perché non si verbalizzano le sedute del Consiglio dei ministri, quando il vice ministro leghista Garavaglia gli ha fatto notare che in assenza di Giorgetti è proprio lui, il ministro più giovane, a verbalizzare. Ma è assai più probabile che Di Maio abbia capito tardi di non poter reggere il mega regalo agli evasori. E inventato il complotto per venirne fuori. Solo che senza il (previsto) gettito del condono, i conti della manovra andrebbero rifatti.

Dopo una rottura così plateale sui contenuti del decreto, non è più possibile aggiustare i cocci al buio, come pure è già stato fatto nel caso dei decreti Genova e sicurezza e del disegno di legge anti corruzione. Serve un nuovo Consiglio dei ministri. Lo convoca Conte su spinta di Di Maio, mentre a Bruxelles è costretto a passare buona parte della giornata al telefono («ma non mi sono distratto», giura). Salvini non vuole, ha già detto un no preventivo in un crescendo di argomentazioni provocatorie: «Non ci sono regie occulte, gli alieni o le scie chimiche», «non possiamo tornare sulle decisioni già prese», «devo stare con i miei figli», «entro in clima derby Inter-Milan». Conte dice in pubblico più o meno le stesse cose che dice al telefono ai due vice litiganti: «Sono io che convoco il Consiglio dei ministri». Non aggiunge la minaccia di dimissioni. Ma sposa la linea Di Maio con sprezzo del ridicolo: «Rivedrò il testo del decreto articolo per articolo, senza stravolgerlo». Si parla dello stesso decreto che lunedì sera ha raccontato di aver appena approvato.

Di Maio insiste che i 5 Stelle non possono votare il condono nella versione extra large, ma prova a farsi conciliante chiedendo a Salvini di trovare il tempo per venire a Roma: «Meglio parlarsi a quattr’occhi». Invece non si parlano neanche al telefono, anche perché Salvini nel bel mezzo dell’emergenza era in volo di ritorno dalla Russia, e poi impegnato in comizi.

Più che in famiglia, Salvini sarà a fare campagna elettorale per le regionali in Tentino, dove si vota domenica. Ed è anche per questo che ha subito smentito il ministro grillino Fraccaro, il quale ha detto che il tunnel del Brennero non sarà portato a termine. «Ogni tanto qualcuno vuole farci tornare indietro, ma come per l’energia in Puglia andremo avanti», la replica del leghista.

Per il momento la Lega non cede, i ministri salviniani fanno anzi sapere che senza «il capitano» nessuno di loro parteciperà al Consiglio dei ministri di sabato. La mossa decisa di Conte si rivela così un azzardo che rischia di complicare i problemi. Ma una soluzione i giallo-verdi devono alla fine trovarla. «Basta litigare, così aiutiamo i burocrati europei», comincia a dire Salvini. E nessuna convocazione ufficiale per sabato è ancora partita.

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