Per cinque secoli, dal IX al XV, la Sardegna conobbe una forma di governo, il Giudicato, che per modernità delle leggi rappresentò un unicum nell’Italia e nell’Europa del Medioevo. I quattro Giudicati di Arborea, Cagliari, Gallura e Torres erano entità statali non patrimoniali, cioè non appartenenti al sovrano, il judike, ma al popolo, che esprimeva il proprio giudizio attraverso le Coronas de curatorias, organi i cui rappresentanti erano membri della Corona de Logu, la suprema assise parlamentare.
Il Giudicato d’Arborea si estendeva su una superficie di oltre cinquemila chilometri quadrati, dal golfo di Oristano alla catena del Gennargentu. Fu, dei quattro, quello che seppe interpretare con maggior senso di lungimiranza il suo ruolo politico e amministrativo. Il primo judike di Arborea attestato con certezza dalla storia rispondeva al nome di Gonnario Comita, che governò nel trentennio iniziale dell’anno Mille, detenendo anche lo scettro di Torres.

Eleonora da Molins
L’unica donna judike di Arborea e di tutti i Giudicati si chiamava Eleonora de Serra Bas, nata a Molins de Rei, Catalogna, nel 1347 e morta in Sardegna forse nel giugno del 1403. A lei si deve la revisione e l’ampliamento della Carta de Logu, la raccolta di leggi promulgata dal padre, Mariano IV, e aggiornata dal fratello Ugone III in senso autoritario.

Eleonora riordinò e sistemò gli istituti giuridici, basandosi sul principio che il judike aveva nel popolo la legittimazione a governare, e che tale legittimazione valeva più delle ragioni dinastiche. La nuova Carta de Logu (14 aprile 1392) portò ordine e stabilità, rimanendo in vigore fino al 1827.
La figlia di Mariano IV riuscì nell’intento paterno di unificare la Sardegna sotto il suo regno, che solo una tremenda epidemia di peste consegnò agli Aragonesi nei primi anni del ’400, uccidendo la stessa Eleonora.

Chiese e castelli nella province di Oristano e del Sud Sardegna sono testimoni della vita di una donna animata da una visione politica innovativa, dotata di un carattere deciso e di una ferrea volontà. Il castello di Cabras fu residenza estiva della judike, sporta sullo stagno di Mar’ e Pontis.

Luoghi di culto
Rimangono alcuni tratti delle mura, dietro la pieve di Santa Maria Assunta. Qui Eleonora apportò le prime, significative modifiche alla Carta de Logu. La chiesa di San Giovanni di Sinis, poco distante da Cabras, Quarto secolo, ampliata mezzo millennio dopo, sorse su una necropoli. È uno dei luoghi di culto più antichi della Sardegna, in blocchi di pietra arenaria sottratti all’area di Tharros.
L’interno si presenta a tre navate, divise da altrettanti archi, con volte a botte, cui porta luce una finestra di forma ottagonale.

Da notare, subito oltre l’ingresso, un’acquasantiera rinascimentale. Regalo di Gonnorio Comita a Fordongianus e all’Ordine dei Vittorini di Marsiglia, la chiesa di San Lussorio venne innalzata nel Quattrocento sul luogo del martirio del santo, impiegando un ambiente funerario semi sotterraneo, con l’aggiunta di un’abside e di un vano, custode della presunta tomba di Lussorio. Ulteriori trasformazioni si ebbero in periodi successivi, prova ne sono le tracce di una pavimentazione bizantina.

Dell’impianto romanico rimangono l’abside e il lato nord con decorazioni scultoree lungo il basamento. L’aspetto attuale data alla metà del XII secolo, sulla facciata aragonese spicca il portile gotico catalano.

Sardara, Monreale
Alcuni paesi del Medio Campidano vantano a giusto titolo di aver ospitato Eleonora. È il caso di Sardara e del castello di Monreale, baluardo importante per la difesa del Giudicato.
La sua costruzione risale all’anno Mille, unico castello isolano dotato di mastio, otto torri e una corona muraria lunga un chilometro, che ingloba un borgo medioevale.

Dalle sue finestre, Eleonora poteva contemplare l’immensa pianura del Campidano, i golfi di Oristano e Cagliari, le cime del Gennargentu. Sardara conserva le splendide chiese di San Gregorio Magno, XIII secolo, e Sant’Antonio, settecentesca come Casa Pilloni, dimora situata nel centro antico e collegata agli scavi di Santa Anastasia.

Questi, insieme alla chiesa intitolata alla santa, rappresentano un appuntamento irrinunciabile.
Sono trascorsi più di cent’anni da quando una campagna archeologica portò alla luce un tempio nuragico a pozzo, in basalto. Lo caratterizza una camera circolare coperta e scavata, cui conduce una rampa di gradini all’interno di un corridoio, anch’esso coperto. Gli scavi eseguiti negli anni ’80 del secolo scorso hanno fatto emergere le strutture di un vasto insediamento databile dall’Età del Bronzo all’Età del Ferro.

Una capanna ha restituito reperti di grande valore, ad esempio un altare modellato a forma di torre nuragica, lingotti di piombo, manufatti in bronzo.

Sant’Anastasia
Complessa la storia di Sant’Anastasia, indagata a lungo dagli studiosi dopo la scoperta di un’abside interrata e di elementi architettonici di impronta bizantina. Sormonta la facciata della chiesa in pietra, sobria e severa al pari degli interni, un campanile a vela.
Il duomo di San Gavino Monreale ripropone gli interrogativi che gli storici si sono posti a proposito del luogo dove Eleonora trovò sepoltura. Gli storici Bianca Pitzorno e Francesco Casula, biografi della nobildonna, ipotizzano che la tomba fosse collocata all’interno del duomo di Oristano, ma ormai irrintracciabile a causa dei tanti rifacimenti che hanno coinvolto anche le pavimentazioni.

San Gavino
Luogo più attendibile ancora sarebbe, appunto, il duomo di San Gavino, località poco distante da Sartara. Ad avvalorare la tesi dei due storici fu la scoperta del professor Francesco Casula all’interno dell’edificio religioso. Qui, infatti, nel 1981, Casula identificò su quattro mensole dell’abisde i ritratti scolpiti di Mariano IV, Uguccione III e di Eleonora con il marito Brancaleone Doria. Non è documentato se il cosiddetto ‘Castello di Eleonora’, a Sanluri, abbia avuto effettivamente l’onore di accoglierla. In una sala, tuttavia, si conserva la ‘Sedia della Giudicessa’, che si vuole le appartenesse.

Portata a termine nel 1195, la roccaforte adempiva al triplice compito di struttura di controllo dei confini tra il Giudicato di Arborea e quello di Cagliari, e difensiva. Perse entrambi le prerogative dopo la battaglia di Sanluri, 1409, che vide gli eserciti aragonesi sconfiggere quelli di Guglielmo III di Narbona, e gli Aragona divenire sovrani dell’intera Sardegna.

Gli ultimi proprietari, i conti di Villa Santa, destinarono alcuni saloni, negli anni ’20 del Novecento, a polo museale, che comprende una sezione di ceroplastiche con oltre quattrocento statue e il Museo Risorgimentale. Mobilio e oggetti di notevole valore arredano la dimora.

Nota conclusiva ad uso dei cinefili. Risale al 2005 La principessa degli sparvieri, l’unico film dedicato alla figura di Eleonora d’Arborea, regia di Claver Salizzano, attori protagonisti Silvia Colloca, Richard Roxburgh e Luca Ward

Appendice: Tharros
Intorno al 1070 il judike Orzocco I decise di spostare la capitale del Giudicato di Arborea da Tharros a Oristano. Solo otto chilometri separano la meravigliosa area archeologica di origini fenicie, fondata otto secoli primo di Cristo, da Cabras. Nel VI secolo, sotto il dominio di Cartagine, Tharros si estese, divenendo centro di scambi commerciali con la Spagna e l’Africa. I Romani arrivarono nel 238 a.C.; durante l’Età Imperiale vennero costruiti gli stabilimenti termali, l’acquedotto, e migliorato il sistema viario. Con la caduta dell’Impero d’Occidente, la città conobbe la dominazione dei Vandali e dei Bizantini, subì gli assalti dei pirati saraceni e infine fu abbandonata quando perse il ruolo di capitale del Giudicato. Le imponenti rovine oggi visibili, affacciate sul mare, risalgono all’epoca romana e agli albori del cristianesimo.

Sulla cima del colle Murru Mannu si conservano tracce evidenti di un villaggio nuragico. Di fenicia memoria sono due necropoli e il tophet, il santuario cimiteriale che accoglieva le urne con le ceneri dei neonati e degli animali sacrificati nei riti. I cartaginesi aggiunsero tombe a camera evidenziate da steli raffiguranti divinità. Roma antica, come sempre e in tante parti del mondo, ha lasciato i segni più evidenti del suo passato. Citandone solo alcuni, ecco il cosiddetto Tempietto K, II secolo; le strade, il sistema fognario, i tre impianti termali, l’acquedotto, realizzati in Età Imperiale. Significativa la presenza di tombe di varie tipologie lungo la fascia costiera. In epoca paleocristiana, uno degli stabilimenti termali fu annesso a un insediamento che comprendeva un battistero e una chiesa. Nonostante le spoliazioni subite, Tharros ha restituito migliaia di reperti, conservati nelle sale del Museo archeologico nazionale di Cagliari, dell’Antiquarium di Oristano, del Museo archeologico di Cabras, del British Museum.