Chi lancia strali un giorno sì e l’altro pure contro giornali e giornalisti (Vito Crimi in testa) dovrebbe avere la premura di leggersi sotto il solleone estivo il bel romanzo di Lucio Luca L’altro giorno ho fatto quarant’anni (Laurana editore, pp. 198, euro 16). È la storia drammatica di un cronista di frontiera, nato e cresciuto nel pantano calabrese, innamorato della sua terra bella e dannata.

«È bravo, sente che il suo giornalismo può innescare il miracolo della parola che quando incontra il lettore riesce a divenire cambiamento. Il ragazzo ha talento. Lo fermano, lo vessano, lo sottopagano» scrive Roberto Saviano nella prefazione. Alessandro ha 40 anni, giornalista con la schiena dritta che lavora in un piccolo quotidiano di provincia in Calabria. Ha una moglie e una bimba che adora. Ogni giorno si deve scontrare con le mille difficoltà di un mestiere difficile, in una terra altrettanto ostica. Il libro è liberamente ispirato alla storia del giornalista Alessandro Bozzo, scomparso nel 2013. Ne viene fuori il carattere di un giornalista tanto amato in redazione quanto avversato in una città come Cosenza che non perdona chi non si allinea. Tra politici affamati di soldi e potere, boss della ‘ndrangheta, imprenditori corrotti, giornalisti «a disposizione», pezzi di massoneria deviata. Alessandro, a un certo punto, decide di isolarsi e ripercorrere le tappe più importanti della sua vita: gli inizi nelle tv private, il sospirato articolo 1, l’assunzione in un giornale che vuole raccontare la Calabria «come mai nessuno aveva fatto prima», le liti con direttori e capiservizio, le notti insonni per salvare il giornale dopo l’improvviso addio di una decina di colleghi, le promesse non mantenute da un editore condannato per usura, le minacce della criminalità e il licenziamento. Lo fa annotando le pagine di un diario segreto aggiornato giorno per giorno, registrando le angherie che è costretto a subire e il disprezzo per chi, dal suo punto di vista, tradisce la professione scendendo a compromessi col potere.

Una vicenda che, per la prima volta, ha visto la condanna di un editore per il reato di violenza privata. «In un momento nel quale la categoria dei giornalisti è sotto attacco, sia da un punto di vista economico che politico, mi sembrava giusto raccontare la storia di chi questo mestiere lo fa per passione, con la schiena dritta, perché crede ancora che sia un dovere per la democrazia – dice l’autore – Malgrado salari spesso umilianti e minacce della criminalità, Alessandro lo ha fatto fino alle estreme conseguenze. Ma la sua vicenda, purtroppo, è finita presto nel dimenticatoio. Ho pensato che scrivere un romanzo, ispirato alla sua storia, potesse essere la migliore risposta a chi considera i giornalisti una casta e non esita a insultarli soltanto perché fanno con dedizione il proprio lavoro». Lucio Luca, che da oltre vent’anni lavora per Repubblica dove si è occupato di cronaca nera, giudiziaria e sport, racconta la quotidianità di Alessandro: «A volte mi deprimo – si sfoga Alessandro – Faccio proprio una vita del cazzo, dodici ore di lavoro, la pizza con i colleghi, la radio dell’auto sparata a palla nella notte prima di rientrare a casa. L’ultima sigaretta della giornata, un paio di pagine di un libro che finisce mai, quattro ore di sonno e poi si ricomincia. Bella vita del cazzo, sì».

«C’era un ragazzo che in Calabria decise di fare il giornalista», scrive Saviano. «Lo scelse con lo stesso slancio di un missionario, di un suonatore d’organo. Seguendo una passione incapace di declinarla nell’interesse, di legarla a un salario, mappa la politica, taccia le ’ndrine, ascolta il cuore pieno di aritmie della sua terra».
Per Sigma Edizioni, Lucio Luca ha pubblicato Prove tecniche di trasmissione (2006) e Puellae (2006). Per Pietro Vittorietti Editore ha scritto il romanzo Il killer dell’ufficio accanto (2008) e Dall’altra parte della luna (2014). Questo è il suo quinto libro.