Inizio vintage glamour: lui e lei belli e elegantissimi attraversano sulla DS decapottabile un paesaggio morbidamente azzurro. Non siamo però in uno spot di lusso ma nel nuovo film della coppia brangelina, una storia d’amore malata e ambiziosa e non solo per il duplice ruolo di lei, regista e protagonista, accanto a lui, che sembra ammiccare al loro statuto di coppia (nella vita).

Certo i due non sono Richard Burton e Liz Taylor, che sbornie e scandali li portavano con disinvoltura dentro e fuori lo schermo. Loro invece, Brad e Angelina, all’immagine di famiglia perfetta ci tengono troppo per essere credibili o per abbandonarsi a un regista «pericoloso» (vedi Kidman-Cruise con Kubrick). Il risultato è che la perversione dolorosamente crudele a cui aspira la storia, moltiplicata dal gioco di specchi narrativo e «reale» finisce per sembrare un dettaglio molto casuale, se non fuori parte come la faccia di Pitt che sembra il primo non riuscire a vedersi nella parte dell’impotente voyeur.

Che i due protagonisti siano in crisi lo capiamo subito. Appena scesi dalla macchina, nel villaggio marino francesissimo di bistrot e barchette, alla faccia deliziata di lui lei oppone un secco: «C’è puzza di pesce». Poi mentre lui si siede davanti alla macchina da scrivere, whisky e sguardo rivolto al mare, lei silenziosa sfoglia una rivista.

Scrittore famoso senza più ispirazione Roland (Pitt), danzatrice Ness (Jolie) ripudiata dai palcoscenici a causa dell’età, sembrano ormai odiarsi eppure continuano a rimanere insieme. Il desiderio tra loro è finito, il sesso non esiste, lei non sopporta nemmeno che lui la tocchi. E mentre l’uomo è fuori a bere, la donna sulla terrazza dell’albergo osserva un pescatore uscire e rientrare con la sua barca, fuma e ingoia pillole per dormire. C’è qualcosa che li ha divisi, un buco nero, una lacerazione dolorosa, il lampo di un ricordo inaccettabile. Fin qui niente di nuovo, anzi una situazione narrativa molto riconoscibile che guarda alla tradizione migliore del melodramma.

Jolie del resto adora il pastiche, e cosa di meglio di un melodramma per accumulare citazioni di quel cinema classico hollywoodiano che aveva ripercorso già nel suo film precedente? Vediamo sfilare una Gloria Swanson impeccabile anche sotto il sole, una Kim Novak coi turbamenti dall’altro di una scogliera, e tutto quanto permette na stanza d’albergo, il teatro della piazzetta del paesino. Ma soprattutto un buco nel muro.

Già perché a interrompere la routine di odio o amore ormai impossibile arrivano due ragazzi appena sposati, si amano, fanno l’amore di continuo, sono allegri e scanzonati vivono in leggerezza – sono Melvin Popaud e Melanie Laurent, lui uno degli attori più raffinati del cinema d’oltralpe, lei la star di Tarantino, mai visti così brutti e legnosi.
La tentazione di guardarli è inevitabile, e presto i due divengono lo specchio sul quale Ness e Roland proietteranno i loro fantasmi, lei forse più di lui per addossargli le colpe originarie.
Elogio dello scambismo? In tempi più attuali i nostri sarebbero stati senz’altro frequentatori assidui dei locali per lo scambio di coppia. Negli anni settanta si devono arrangiare rubando le visioni del piacere altrui. E in questa complicità che eccita i loro sensi appannati sembrano pian piano ritrovarsi.
Il fatto però è che qui la noia e la vecchiaia (poco credibile) e persino i presumibili tradimenti di lui con donne più giovani sono solo una parte del Grande Segreto di cui non riveliamo, fare spoiler visto che ci si arriva dopo due ore sarebbe una vera cattiveria.

Possiamo dire che l’ossessione di Jolie ruota intorno a una certa idea di femminilità a cui condanna il suo personaggio obbligandolo a essere infelice e rancoroso, e da questo deriva tutto il resto: la paura di invecchiare, il disprezzo per l’uomo, la voglia di vendetta. A guardare un po’ più a fondo, un soffio di crudeltà perversa attraversa la galleria di citazioni a cui Jolie sottopone la sua Ness, donna sempre elegantissima e perfetta anche in barca a vela nel mezzo del mare. Controllata come la regista che forse liberando le proprie fantasie otterrebbe risultati artistici migliori.