Il gioco delle tre carte del patron Riva
Ricatto d'acciaio Il ministro Zanonato contatta l’amministratore dei beni sequestrati all’azienda. L’azienda annuncia che non pagherà i creditori a causa dell’«indisponibilità degli impianti»
Ricatto d'acciaio Il ministro Zanonato contatta l’amministratore dei beni sequestrati all’azienda. L’azienda annuncia che non pagherà i creditori a causa dell’«indisponibilità degli impianti»
Per comprendere quanto sta avvenendo in queste ultime ore alla Riva Acciaio, bisogna tornare indietro allo scorso 24 maggio. Quando la gip del tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, firmò l’ordinanza di sequestro per equivalente, pari a 8,1 miliardi di euro, su richiesta del pool guidato dal procuratore capo Franco Sebastio, titolare dell’inchiesta per disastro ambientale ai danni dell’Ilva Spa, dei vertici della famiglia Riva e di una serie di dirigenti del siderurgico tarantino.
Il sequestro scaturì dal mancato risanamento dei reparti dell’area a caldo, indicati come la fonte dei veleni industriali ritenuti causa di malattia e morte. I consulenti dei pubblici ministeri quantificarono in quella somma l’importo che l’Ilva avrebbe dovuto investire negli anni per abbattere l’impatto ambientale della fabbrica.
Quell’ordinanza prevedeva infatti il sequestro di beni riconducibili alla famiglia Riva e in particolare alla società Riva Fire Spa: e nell’organigramma della società madre del gruppo lombardo, la Riva Acciaio è controllata al 100% proprio dalla Riva Fire. Ecco perché il sequestro degli impianti della Riva Acciaio era assolutamente prevedibile, come ribadito dalla Procura, che ha parlato chiaramente di «estensione del provvedimento dello scorso maggio». Il gruppo Riva sapeva perfettamente che la Guardia di Finanza avrebbe sequestrato tutto ciò che riportava alla Riva Fire, con l’obiettivo, peraltro irraggiungibile, di arrivare a mettere le mani su beni immobili, azioni e somme liquide pari a 8,1 miliardi di euro. Sorprende, dunque, che anche il governo si sia fatto cogliere nuovamente impreparato alla sicura rappresaglia del gruppo Riva, dopo aver accelerato i tempi per ottenere il commissariamento dell’Ilva Spa.
Intanto, nella giornata di ieri il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, ha avuto un colloquio telefonico con Mario Tagarelli, custode e amministratore giudiziario dei beni sequestrati a Riva Fire, Riva Forni Elettrici e Ilva Spa. Nel colloquio, Tagarelli ha riferito di essere ancora in attesa del verbale di immissione in possesso dei beni sequestrati. Il verbale dovrebbe essere notificato al custode-amministratore entro la prossima settimana. Questo perché è ancora in corso il lavoro dei militari della Guardia di Finanza che stanno stilando in dettaglio l’elenco dei beni (azioni, quote sociali, cespiti aziendali, partecipazioni in portafoglio e denaro in contanti) finiti sotto sigilli.
Ciò nonostante, il gruppo Riva continua a giocare il gioco delle tre carte. Perché se da un lato ha manifestato disponibilità al dialogo e alla riapertura delle fabbriche del nord dopo la serrata della scorsa settimana, dall’altro continua a spargere benzina sul fuoco. In una nota ufficiale inviata ieri ai fornitori, il Gruppo Riva Acciaio ha dichiarato di non essere più in grado di pagare nessuno. «Il provvedimento di sequestro preventivo del gip di Taranto ha disposto un vincolo di indisponibilità su tutti i nostri cespiti aziendali, inclusi gli stabilimenti, nonché su tutti i saldi attivi di conto corrente. Da tale provvedimento discende l’impossibilità di proseguire nell’attività produttiva che è conseguentemente in via di cessazione». Infatti, prosegue la lettera, «l’effetto del sequestro sottrae all’azienda la disponibilità degli impianti, determina il blocco dell’attività bancaria e impedisce di provvedere al ciclo dei pagamenti nei confronti di tutti i fornitori della società (oltre che dei dipendenti).
Allo stato non siamo nelle oggettive condizioni di provvedere ad alcun pagamento, non potendo disporre di alcuna somma liquida». Eppure, la Procura di Taranto ha chiarito che il provvedimento non prevede alcun divieto di facoltà d’uso degli impianti. Poi però, nel corso della giornata, la società dirama un altro comunicato in cui informa che «è pronta ad avviare un dialogo con il custode giudiziario per verificare se sussistano le condizioni per una ripresa delle attività produttive nei propri stabilimenti». Intanto, in attesa di capire come muoversi, durante il question time di oggi alla Camera, il ministro del Lavoro risponderà all’interrogazione del gruppo del Partito democratico che chiede misure di carattere urgente e immediato al fine di garantire la continuità occupazionale in tutte le aziende del gruppo Riva.
E mentre all’esterno delle fabbriche del nord proseguono i presidi degli operai, Fim, Fiom e Uilm di Taranto invitano il governo ad adottare «tutti i provvedimenti necessari a copertura e tutela del reddito dei lavoratori e del loro lavoro per l’oggi e per il futuro», mentre gli autotrasportatori, fa sapere la Fita Cna, sono preoccupati perché il blocco della produzione «rischia di trasformarsi in una vera e propria bomba socio-economica nell’indotto delle acciaierie».
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