Chiuso il cantiere pilota, avviato nel maggio del 2014, lo staff della Domus Aurea ha presentato la parcella iniziale del nuovo giardino sostenibile: ottocento dei sedicimila metri quadrati complessivi. Il bacino di drenaggio realizzato, il primo dei ventidue previsti, è dotato delle tecnologie necessarie per la protezione definitiva del monumento sottostante.

Se la scienza non intervenisse e lasciasse carta bianca alla natura, il capolavoro degli architetti neroniani cederebbe presto all’invasività delle radici degli alberi e alla mole della terra che preme sulle sue volte. Le acque piovane continuerebbero a percolare, favorite dal terreno sabbioso che ricopre la terrazza costruita da Traiano sulla damnatio memoriae della villa.
I risultati ottenuti confermano ora la necessità dei lavori. Il peso del giardino è stato abbassato da un massimo di tremila kg/mq a 750 kg/mq. Gli alberi sono stati abbattuti e sostituiti con quattordici arbusti in vaso, tra cui agrumi, corbezzoli, olivi, cipressi, allori e mirti.

DOMUS_AUREA_giardino sostenibile2

«Cambiare il giardino è la nostra unica opzione», ha ribadito la direttrice Ida Sciortino. «Il sistema integrato di protezione messo in opera andrà a formare, tra le volte e la nuova copertura impermeabile, un’intercapedine costituita da materiale coibente e poroso. L’umidità delle murature sarà continuamente monitorata e, in caso di bisogno, sarà possibile inserire acqua o vapore acqueo all’interno dell’intercapedine, in modo da stabilizzare il microclima ideale per la salvaguardia della reggia».
Oltre alla scienza, la poesia: il giardino stuzzicherà la fantasia e aiuterà il passante a evocare l’arte e la storia nascosta al di sotto dei suoi piedi. «Le quattro aiuole in spicchi di acciaio cor-ten – ha chiarito la direttrice – suggeriscono la presenza di una fontana ipogea, posta al centro di un grande cortile all’esterno rappresentato da viali appena accennati».

Il disegno illustrato dall’architetto del paesaggio Gabriella Strano rimanda alla tipologia del viridarium eternata dalle pitture murali, con le sue tipiche geometrie. «Columella e Plinio descrivono viali rettilinei ornati da fontane, fioriere e vasi, con i «fior variopinti, le stelle terrestri» di cui parla la Naturalis Historia».
La scelta delle piante pliniane risponde anche a criteri artistici, ha sottolineato l’architetto. «Abbiamo scelto soltanto i fiori blu del rosmarino, dei giacinti e dei muscari, un bulbo consumato nelle insalate dagli antichi romani, per rendere l’idea dell’acqua della fontana neroniana che torna a esplodere a cielo aperto verso la luce».

Il parco attuale fu pensato come coronamento all’ampio viale che avrebbe dovuto collegare la Stazione Termini al Colosseo: un’enfatizzazione della Roma mussoliniana. Fu inaugurato il 21 aprile 1936, anniversario mitico della fondazione di Roma, da Antonio Muñoz, ispettore generale per le Antichità del Governatorato fascista. Già nel 1914, sia le Belle Arti, sia i ministeri della Pubblica istruzione e delle Finanze avevano consigliato di togliere le vigne che insistevano sul colle. Se queste vennero effettivamente rimosse, furono tuttavia piantate le imponenti alberature che tanti danni stanno creando.

planimetria generale di progetto con evidenziata l'area d'intervento

La strategia individuata della Soprintendenza è quindi l’unica possibile per il salvataggio definitivo del sito, tornato accessibile dopo otto anni, lo scorso 26 ottobre. Da allora i turisti possono visitarlo, ma soltanto in parte e nel fine settimana. Aperture regolari sono rimandate alla fine dei lavori, prevista nel 2018 se verranno recuperati i trentuno milioni di euro necessari per raggiungere l’obiettivo.

«Tre anni dopo il commissariamento, la Soprintendenza ha dimostrato l’efficacia e la bontà del suo piano», ha rimarcato il soprintendente Francesco Prosperetti. «Il ministro Franceschini ha garantito lo stanziamento di ulteriori fondi, mentre la nostra campagna di crowdfunding non ha ottenuto il successo sperato. A breve lanceremo un bando per la sponsorizzazione».
Oltre alla sua tutela, bisognerà di pari passo inserire il sito nel panorama più vasto della costituenda Area archeologica centrale.
Nell’isolato paesaggio del Colle Oppio, di certo non aiuta l’anacronistica cortina di ferro distesa lungo la linea di superficie: quello che sta sotto, come la Domus, appartiene alla soprintendenza statale, quanto emerge, come il giardino, a quella comunale. Lasciano tuttavia ben sperare le parole dell’assessore alla Cultura capitolino Giovanna Marinelli: «La città merita di vivere nella collaborazione sempre più stretta tra le due istituzioni. Che questo sia il primo forte esempio in una direzione condivisa da entrambe».