Certo, alle cento famiglie vanno certo aggiunge le altre occupazioni esistenti. Ma si tratta pur sempre di 3 mila famiglie, una dimensione che poteva e può essere affrontata a patto di averne la volontà. Nel frattempo si sono avvicendati due sindaci, Marino e Raggi, e il commissario prefettizio. C’erano e ci sono a disposizione oltre 180 milioni della regione Lazio. C’erano e ci sono preziosi immobili pubblici da utilizzare. Invece niente, sei anni sono passati nella più totale inerzia.

In un altro momento della vita di Roma, quando l’emergenza abitativa riguardava le tante baracche che punteggiavano la città, ci fu uno scatto di dignità e in poco più di tre anni fu costruito il quartiere di Tor Bella Monaca, l’ultimo quartiere pubblico, che diede alloggio proprio a 3 mila famiglie. Si potrà obiettare che allora c’era un sindaco straordinario come Luigi Petroselli, ma ciò non spiega tutto. Le persone sono importanti, ma non bastano. E’ il tempo che ci separa da allora ad aver cancellato la cultura di solidarietà ed inclusione. La città era ancora il luogo in cui si potevano aprire prospettive per le classi più sfavorite.

Le città sono diventate deserti di egoismo e indifferenza. Qualche anno fa quella stessa sinistra, in passato capace di difendere i diritti dei più deboli, ha approvato una legge che appellata con il nome del ministro che la volle ad ogni costo, Lupi. All’Articolo 5 scriveva che si devono tagliare luce e acqua agli edifici occupati da senza tetto. Una mostruosità giuridica ed umana allo stesso tempo, perché non si occupano immobili per divertimento. Basta andarci una volta in quei luoghi per vedere il dramma di intere famiglie che vorrebbero soltanto avere un futuro normale.

E’ per questa crisi culturale che in sei anni non è stata costruito uno straccio di alternativa da parte di chi governava la città e il paese. I poveri sono derubricati e devono essere trattati con gli sgomberi e le zone rosse dei decreti Salvini. La solidarietà sociale doveva essere cancellata per sempre. E se scoppiano vicende drammatiche come le offese rivolte ad una madre rom a Casal Bruciato, tanto meglio. Ci sono politici che prosperano sull’odio sociale. Altri che biascicano “prima gli italiani”. Entrambi sono vice primi ministri del governo in carica.

Ma la realtà è sempre migliore di chi ci rappresenta. C’è ancora un ricco tessuto sociale che crede nella solidarietà, che porta quotidianamente concreto aiuto alle occupazioni romane. Domenica uno straordinario esponente di questo mondo, il cardinale Krajewski, ha compiuto un gesto liberatorio che ha restituito la speranza non solo a 450 persone che vivevano nell’incubo dello sgombero imminente. Riattivare i contatori elettrici può fare tornare la luce a tutta la città perché da domani si potrà cercare di risolvere tutte le occupazioni in atto. Ci sono edifici pubblici comunali e statali abbandonati. Aree come la ex Fiera di via Cristoforo Colombo edificabili, in cui si potrebbero costruire da domani case popolari. Ci sono depositi dell’Atac abbandonati da anni che potrebbero dare respiro alla città dei senza casa.

Tutte cose che si sapevano da tempo. Ma l’oscuramento del concetto di giustizia sociale aveva paralizzato tutto perché era fondamentale solo la difesa di una legalità astratta e priva di principi etici. Ora il velo è squarciato. Il terremoto provocato dal gesto di domenica può rimettere tutto in movimento. Papa Francesco nel suo recente incontro con il sindaco di Roma ha parlato di ponti e relazioni da costruire. Cominciamo dalle case, torniamo ad essere la capitale di un paese civile.