Negli ultimi giorni in Italia si sta assistendo a una vicenda giudiziaria che ha a che fare con la Gran Bretagna, l’Eritrea, il Sudan e la Libia, ma che ha una sola protagonista: la libertà di stampa.

Il 3 novembre scorso la piattaforma del Consiglio d’Europa che monitora lo stato della libertà della stampa ha segnalato come potenziale caso d’intimidazione le querele per diffamazione ai danni del corrispondente italiano del quotidiano britannico The Guardian, Lorenzo Tondo, che è stato citato in giudizio dal procuratore con delega europea Calogero Ferrara per alcuni post condivisi sui propri social dal giornalista e per alcuni articoli di giornale ritenuti inesatti. Il 18 ottobre scorso Tondo ha ricevuto la notifica della prima udienza del processo che si terrà il prossimo 2 febbraio.

IL GIORNALISTA HA SEGUITO negli anni il caso giudiziario di un cittadino eritreo estradato in Italia e accusato di essere uno dei più ricercati trafficanti di esseri umani al mondo. Tondo, sulla cui vicenda ha anche scritto il libro Il Generale, ha dimostrato che il processo si basava su uno scambio di persona: a essere arrestato era stato infatti un falegname eritreo che con il trafficante aveva in comune solo il nome. L’errore è stato confermato anche dalla Corte d’Assise di primo grado.

L’arresto del presunto trafficante era stato annunciato nel 2016 come il più importante risultato alla lotta contro il traffico di esseri umani dalla Libia. L’uomo ricercato dalla polizia e arrestato nel 2016 a Khartoum, in Sudan era, secondo quanto dichiarato dalle autorità, Medhanie Yedhego Mered, noto anche come “Il Generale”.

SIN DALLE PRIME ORE però sono stati sollevati dubbi sull’identità dell’arrestato e, dopo tre anni trascorsi in carcere, nel 2019 il Tribunale di Palermo ha riconosciuto il terribile scambio di persona liberando il rifugiato eritreo Medhanie Tesfamariam Berhe, accusato per errore di essere “Il Generale”.

Durante il processo sono state prodotte dalla difesa dell’imputato numerosissime prove per dimostrare lo scambio di persona: testimonianze dei familiari, test del Dna, fotografie, audio e documenti anagrafici. Nonostante tutto questo la procura aveva continuato a sostenere che l’uomo arrestato fosse il pericoloso criminale al centro del traffico di esseri umani dalla Libia. Nel 2017 il procuratore Ferrara, durante un’udienza del processo, ha depositato un fascicolo su Tondo contenente le trascrizioni di due conversazioni telefoniche avvenute fra il corrispondente e una sua fonte. Tondo ha così scoperto di essere stato intercettato.

Il processo sul caso Mered negli anni è stato al centro di dibattito a livello internazionale e ne hanno scritto le più autorevoli testate mondiali. Sempre nel 2017 è stata pubblicata una lunga inchiesta dal giornale americano New Yorker scritta dal giornalista premio Pulitzer Ben Taub.

TRA LE NOVITÀ RIVELATE dall’inchiesta una riguardava Tondo. All’epoca il cronista non era ancora stato assunto come corrispondente dal Guardian e collaborava con il New York Times. Secondo quanto riportato dal New Yorker, il procuratore Ferrara durante un colloquio avvenuto con una giornalista del New York Times le avrebbe chiesto se l’articolo che stava scrivendo sarebbe stato firmato anche da Lorenzo Tondo. A risposta affermativa della cronista, Ferrara avrebbe dichiarato: «Sappia che se Tondo firma l’articolo, il New York Times ha chiuso con la procura di Palermo».

Quando nel 2019, il Tribunale di Palermo ha rilasciato il giovane rifugiato eritreo Medhanie Tesfamariam Berhe, la Corte ha definito le accuse a tratti «inconsistenti e inadeguate» e ha sottolineato che alcune prove sullo scambio di persona erano state ignorate. Nonostante questo alcuni mesi dopo il rilascio di Berhe, il procuratore Ferrara ha deciso di citare in giudizio per diffamazione Lorenzo Tondo, il Guardian, la giornalista di Repubblica Romina Marceca, il Gruppo Gedi, il cronista Ben Taub e il New Yorker. Dopo un anno dalla notifica Ferrara ha però deciso di continuare l’azione legale solo contro Tondo, Repubblica e la sua giornalista Romina Marceca.

IL QUOTIDIANO BRITANNICO The Guardian ha comunque deciso di sostenere Tondo nella causa civile nominando l’avvocato italiano Andrea Di Pietro come suo legale, che dichiara: «Tondo ha fatto uno scoop scoprendo un errore giudiziario gravissimo, confermato in primo grado dalla sentenza della Corte d’Assise di Palermo. Il suo è un caso emblematico delle difficoltà che vive oggi il giornalismo indipendente in Italia e quella del procuratore Ferrara di citarlo in giudizio da solo, senza il suo giornale, è stata una scelta precisa per farlo sentire ancora più isolato e debole. Ma il Guardian ha deciso di non lasciarlo solo dimostrando cosa voglia dire difendere, in tutti i modi, la libertà di stampa».