Nove giorni dopo la disfatta di Kabul, l’occidente riunito nel G7 non riesce a mostrare un fronte unito. Joe Biden mantiene la data del 31 agosto per porre fine alle operazioni di evacuazione. Gli europei non sono riusciti a ottenere un rinvio, ma solo una piccola concessione: Biden promette di chiedere al Pentagono un’eventuale proroga «in caso di bisogno». Nei fatti, per gli europei che non possono fare da soli, significa la fine delle evacuazioni prima del 31, perché gli ultimi giorni saranno occupati dalla partenza dei 5.800 soldati Usa ancora presenti in Afghanistan.

PER IL PREMIER DRAGHI bisogna «mantenere un canale di contatto anche dopo il 31 agosto» e assicurare sin da subito un accesso alle organizzazioni internazionali, mentre insiste per la convocazione di un G20 straordinario – l’Italia ha la presidenza – già a settembre coinvolgendo Russia, Cina, Arabia Saudita, Turchia e India.

Il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, da Bruxelles ha insistito con gli Usa perché assicurino la sicurezza dall’aeroporto di Kabul «quanto necessario» dopo il 31 agosto, per «portare a termine» l’operazione di salvataggio degli occidentali e degli afghani che hanno lavorato per loro e ora sono minacciati. Il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha giudicato i «tempi insufficienti» entro il 31 agosto, per evacuare «tutti coloro che vogliamo far uscire». Boris Johnson, che ha la presidenza del G7, si impegna a proseguire le evacuazioni «fino all’ultimo momento». Ma i talebani, mentre i “sette grandi” (Usa, Giappone, Gran Bretagna, Germania, Francia, Canada, Italia, con la partecipazione dei segretari generali Onu, Antonio Guterres, e Nato, Jens Stoltenberg) non trovavano l’accordo, avevano già dettato le loro condizioni: no a un prolungamento e soprattutto «no» all’evacuazione di «esperti» afghani, ingegneri, medici ecc. A Kabul, secondo il Washington Post, è stato inviato il direttore della Cia, William Burns, che lunedì avrebbe incontrato il leader dei talebani Abdul Ghani Baradar.

IL G7 HA ESPRESSO «grande preoccupazione per la situazione», riferisce Michelle Bachelet del commissariato Onu per i diritti umani e dice ai talebani che dovranno «rendere conto» dei loro atti, sul terrorismo e i diritti delle donne. Intanto, cerca una road map per le relazioni future con il regime dei talebani, tra minacce di sanzioni e ipotesi di avviare contatti sperando in una «moderazione».

MA GLI EUROPEI sono confusi anche sull’unica leva che resta in mano all’occidente: i soldi. Londra cerca di “comprare tempo” promettendo 286 milioni in aiuti umanitari all’Afghanistan, mentre la Germania ha congelato un fondo previsto di 430 milioni. La Ue si era impegnata per un miliardo di fondi allo sviluppo, ma per il momento sono bloccati. Per ora l’Fmi blocca 450 milioni di diritti speciali di prelievo e le riserve della Banca centrale afghana sono ferme alla Fed, alla Banca Mondiale e alla Bri.

Nei fatti, due settimane dopo la sconfitta, gli occidentali saranno costretti a lasciare: il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, giudica «poco probabile» l’estensione dell’evacuazione dopo il 31 agosto. Parigi ha annunciato la “potenziale” fine dell’evacuazione per gli aerei francesi per domani: «Per noi, in termini di retroplanning, significa che le nostre operazioni chiudono giovedì sera».

La Francia ha operato nove voli militari dalla sconfitta, e evacuato più di 1.500 afghani e un centinaio di francesi. E la polemica gonfia, perché uno di questi afghani appena arrivati è in stato di fermo, sospettato di essere un talebano infiltrato, di aver partecipato ai blocchi stradali a Kabul (sotto osservazione anche 4 suoi famigliari arrivati in Francia).

Domani si riuniscono gli ambasciatori della Ue, per preparare una riunione dei ministri di Interni e Giustizia, per discutere della crisi migratoria, che resta la prima preoccupazione europea. La presidenza slovena del Consiglio Ue domenica ha creato imbarazzo – ma non ha ricevuto smentite decise – con un tweet del primo ministro Janez Jansa: «La Ue non aprirà nessun corridoio di migrazione con l’Afghanistan, non è dovere della Ue né della Slovenia di aiutare e pagare tutta la gente della terra che fugge invece di lottare per il proprio paese». Per il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, «non tocca alla presidenza del Consiglio dire cosa farà la Ue». Charles Michel avverte: «Trovare un equilibrio tra la dignità del progetto europeo e la capacità di garantire la sicurezza».

LA GRAN BRETAGNA, che ha la presidenza del G7, è in imbarazzo, non ha in queste ore la relazione privilegiata che vantava con Washinton e a causa della Brexit continuano le tensioni con la Ue. A Londra, come a Berlino, fa passi avanti l’analisi di Parigi sulla necessità di potenziare il ramo europeo della Nato. «Gli interessi Usa convergono con i nostri in molti modi – dice uno specialista a Londra – ma non saranno sempre allineati, non ultimo per la realtà geografica. Sarà l’Europa, ivi compresa la Gran Bretagna, ad essere più vulnerabile ad ogni potenziale tipo di terrorismo e crisi migratoria».