La crisi climatica sta devastando sempre di più il nostro pianeta e la diffusione del Covid-19 ha rafforzato la necessità di un’inversione di rotta radicale sui nostri stili di vita e sulle politiche ambientali, eppure a 5 anni dagli accordi di Parigi del 2015 siamo ancora lontanissimi dall’intraprendere concretamente la strada per l’azzeramento delle emissioni di CO2, che in Italia dovrebbe avvenire entro il 2030.

Non solo: i grandi colossi energetici come ENI, con il sostegno del Governo italiano, della Regione Emilia Romagna e i soldi europei, non sembrano essere davvero interessati, se non per slogan e campagne di greenwashing, ad abbattere le emissioni, come dimostra il progetto di costruire a Ravenna il più grande ‘centro di cattura e stoccaggio della CO2’ del mondo.

Attraverso la tecnologia del CCS (Carbon Capture and Storage – o Sequestration), ENI intende utilizzare i propri giacimenti di gas a largo della costa ravennate per immettervi 300-500 tonnellate di CO2 ad altissima pressione; CO2 risultante da processi industriali o dall’attività dei loro stessi impianti, la cui produttività dunque non è messa in discussione.

Come attivisti e attiviste, esperti, associazioni, comitati e collettivi ecologisti che lottano per l’abbandono totale dei combustibili fossili, siamo contrari a questo progetto perché:

– il CCS non è un modo efficace per abbattere la CO2, ma un espediente per tenere in vita processi produttivi e di approvvigionamento energetico altamente emissivi, mettendo di fatto la polvere sotto il tappeto;

– il CCS viene adottato in primo luogo perché permette di estrarre ciò che resta nei giacimenti ravennati al termine della loro vita produttiva, così da immettere sul mercato altre quantità non trascurabili di combustibili fossili;

– il CCS è una tecnologia sperimentale ancora in fase di ricerca, altamente costosa rispetto ai benefici economici (come già dimostrato in Norvegia);

– sviluppare il CCS significa investire miliardi di euro pubblici che sarebbe invece necessario e urgente utilizzare per la transizione ecologica, tecnologie 100% green, energie rinnovabili;

– lo stoccaggio, come hanno dimostrato analoghe attività in altre aree, potrebbe provocare un progressivo incremento della sismicità nel territorio ravennate, che già presenta un rischio sismico medio-alto ed è soggetto a significativi fenomeni di subsidenza;

– Ravenna, i suoi preziosi mosaici e gli otto monumenti Unesco, non meritano di essere sede di “esperimenti”;

– il progetto del CCS a Ravenna, qualora venisse approvato, diventerebbe un pericoloso precedente che ENI potrebbe replicare in altri siti in Italia.

Lanciamo pertanto un appello pubblico, aperto a tutte le organizzazioni, singoli, scienziati e personalità del mondo accademico per la costruzione di una grande campagna contro la costruzione del CCS di Ravenna per una allocazione dei soldi del Recovery Fund in progetti che permettono una transizione energetica e per un radicale cambiamento delle politiche energetiche del nostro paese.

Primi firmatari:

Fridays For Future Italia

Rete per l’emergenza climatica e ambientale dell’Emilia Romagna

Campagna per il clima fuori dal fossile

NO TAP – Brindisi

Làbas – Bologna

Forum Italiano Movimenti per l’acqua

Prof.Vincenzo Balzani

Prof. Leonardo Setti

Tpo – Bologna

Re:Common

Legambiente Emilia Romagna

Redazione emergenzaclimatica.it

Salvaciclisti Bologna

Ass. eQual – Mantova

Medici per l’ambiente

Difendiamo l’ambiente con le unghie!

Coordinamento provinciale comitati ambiente e salute – Reggio Emilia

Parents for future – Castelfranco Emilia (MO)

Parents for future – Bologna

La materia dei sogni

Verdi Forlì – Cesena

Casa Madiba Network Rimini

Per firmare l’appello: https://forms.gle/mynkKPWWPMZvupdn6

Contatti:

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