Ci sono tutti gli ingredienti di un classico per l’infanzia in Scintilla, il nuovo libro scritto da Nadia Terranova e illustrato da Mariachiara Di Giorgio, appena pubblicato da Mondadori (pp. 224, euro 17): una casa con il giardino, un bambino turbato dall’improvvisa partenza della madre, una «mamma-Prometeo» che combatte contro la costruzione di un pericoloso ponte autostradale, un padre affaccendato nella cura delle piante, una zia svitata, identica a Liz Taylor, appena atterrata dal Galles insieme a un figlio imprevisto, un cane bianco con una macchia grigio luna sul dorso.

SI CHIAMANO Antonio, Alice, Andrea, Adriana, Anthony, Acero, e misteriosamente iniziano tutti per A, come i fiori, un mazzo di agapanti, che Antonio riceve in regalo dal padre: «sembrava uno di quei pon-pon chiassosi che in inverno penzolavano a mamma dai berretti e dalle sciarpe. Ma l’inverno era lontano, e lei di più». Agapanto, letteralmente fiore dell’amore, e in effetti Scintilla è una storia che parla di amore, amore filiale, ma anche amore per la natura, come quello che anima la madre di Antonio, tenace nell’inseguire i propri ideali e consapevole che in ogni amore si tradisce sempre qualcuno, come scrive in una toccante lettera al figlio. C’è anche un camino: utilizzato per tutto, tranne che per accendere il fuoco. «Cosa troverà di interessante mio figlio in un fuoco spento?», si domanda all’inizio del libro il padre di Antonio che forse ha dimenticato come, da bambini, riusciamo ad abitare oniricamente ogni luogo della casa; e tanto più l’incanto si moltiplica se si tratta di un camino che il trisnonno ha ricevuto in regalo da una delle famiglie nobili di Panormo, città immaginaria (ma non troppo) in cui è ambientata la storia.

UN CAMINO VUOTO può diventare l’antro di un presepe, una libreria, un palcoscenico, un rifugio; rappresentare una soglia, essere un invito a varcarla. Dal camino scende la strega più famosa del mondo, ma anche una bambina, Scintilla, la cui chioma rossa fa capolino e sembra un piccolo fuoco: Scintidduzza, così la chiama affettuosamente Antonio, appare nell’immagine di copertina a testa in giù, come l’Appeso degli Arcani Maggiori, o una bimba appena nata. La sua apparizione è una rivelazione e un sovvertimento dello spazio e del tempo, e solo Antonio riesce a vederla e a parlarci.

Se ne Il segreto Nadia Terranova e Mara Cerri ci avevano portato dentro alla terra, in un mondo sotterraneo, in Scintilla è con il fuoco che ci si deve misurare: con l’assenza incandescente della madre ma pure con gli incendi che iniziano a scoppiare nei dintorni della città. Non è un caso che questo libro sia stato scritto la scorsa estate, mentre la Sicilia bruciava; e non è un caso che la bellissima citazione in esergo – «Era un caldo che non scioglieva soltanto le cose tangibili, come i cubetti di ghiaccio, il cioccolato, i gelati. Ma anche l’intangibile» – sia presa da L’estate che sciolse ogni cosa di Tiffany McDaniel.

E COSÌ Terranova e Di Giorgio hanno dato consistenza all’intangibile e all’invisibile, attraverso la parola, il segno e il colore, e una grande cura dei dettagli, rimanendo perfettamente sospese tra quei due mondi, quello della luce e delle ombre, di cui il camino è la porta, e il fuoco la scoperta dolorosa del reale, ma anche forza primordiale rigeneratrice, come nei film del maestro giapponese Hayao Miyazaki, in particolare l’ultimo, Il ragazzo e l’airone, che dialoga in maniera sorprendente con Scintilla senza saperlo, e viceversa.

Ma chi è Scintilla veramente? È una piccola Sibilla, una volpe che ti fissa nel buio della notte, una Pippi Calzelunghe che ama ridere e scherzare. Le immagini di Di Giorgio che aprono il romanzo, non solo anticipano le parole di Terranova, ma anche ciò che deve ancora accadere nella storia. Perché se Scintilla è tutto ciò che ogni giovane lettore (e non solo giovane) riesce a decifrare, è anche e soprattutto una figura del futuro, una bambina, come si legge nel bigliettino lasciato ad Antonio, che chiede di essere aspettata. È solo però il finale del libro a rivelarci, con struggente dolcezza, il legame che unisce i due bambini, riportandoci alla memoria quel bellissimo film di Céline Sciamma, Petit Maman, che forse Terranova ha serbato nel cuore mentre scriveva questa incantevole storia.