Nel vasto panorama di scritture dedicate alle donne e alla storia dell’identità femminile, di volumi illustrati e non, pensati per le bambine con il proposito di allontanarle dagli stereotipi di genere, Fandango libri pubblica un curioso racconto a fumetti, Il frutto dell’innocenza.

Firmato dall’attivista e fumettista svedese Liv Strömquist, ospite al festival di Internazionale a Ferrara (29 settembre – 1 ottobre), il libro ha per protagonista l’organo sessuale femminile e il modo in cui è stato percepito e rappresentato nella storia dell’umanità, tra assoluta venerazione, assurdi tabù, pesanti repressioni e atroci mutilazioni. Nel racconto il serrato bianco e nero della parte storica lascia spazio a un inserto a colori dove Eva abbandona per un attimo il paradiso terrestre per dar voce a tutte le insicurezze e preoccupazioni femminili sul proprio sesso.

Così la Stromquist confeziona un fumetto che è anche un manuale, un trattato, un libro che diverte e insegna a sfatare credenze e abitudini linguistiche tristemente radicate anche nella nostra contemporaneità.

Liv Strömquist, come attivista e fumettista sei solita trattare argomenti di interesse sociopolitico con il linguaggio a fumetti. Quali sono secondo te i vantaggi di questa scelta?

I fumetti mi piacciono sin da quando ero bambina. Appena vedevo un giornalino a fumetti volevo assolutamente leggerlo, e questo è il motivo per cui amo tanto questa forma d’arte: è attraente, non è difficile né pretenziosa ed è popolare. Gli articoli sul femminismo e sulla politica di sinistra hanno spesso la tendenza a risultare pesanti, accademici e seri, per cui mi diverto molto a renderli piacevoli alla lettura.

E poi, fare fumetti è un vero spasso per me, è un’attività che mi rende felice. Se dovessi scrivere un articolo o qualcosa del genere, sicuramente mi annoierei.

Il tuo libro è intelligentemente concepito come una lunga presentazione tenuta da un personaggio che possiamo identificare con l’autrice stessa. È una questione di coinvolgimento personale o più un dispositivo stilistico?

Un dispositivo stilistico, anche se spesso finisco dentro ai miei fumetti, in varie forme. Mi piace commentare ciò che racconto da dentro al fumetto, quindi lo faccio.

Il testo è un lungo viaggio attraverso i cambiamenti nella concezione e nella rappresentazione dell’organo sessuale femminile: dai popoli dell’antichità dove il Femminile veniva letteralmente idolatrato a tempi più recenti, in cui è stato percepito come sporco, diabolico e mal interpretato a tal punto da mettere in discussione quelle che erano verità scientifiche riconosciute. Come spiegheresti questi cambiamenti? Come si collegano agli specifici contesti culturali in cui si verificano?

Nel mio libro tento di spiegare perché dalla notte dei tempi sia esistita tale fissazione per l’organo sessuale femminile; perché ad esempio l’autorità religiosa (si pensi a quella cattolica) e più tardi la scienza medica, verso la fine del XIX secolo se ne sono occupate così a fondo?

Credo che sia stato dovuto alla lotta per il potere: le religioni monoteiste per esempio, dovevano estinguere le antiche religioni fondate sulla fertilità per ottenere il potere assoluto. Il grande cambio avviene quando le antiche religioni basate sul culto della fertilità vengono sostituite con le religioni monoteiste. In queste ultime esistono solo divinità maschili e non solo il corpo e la sessualità femminili, ma la sessualità in generale, vengono rimosse dal «sacro» e assegnate all’ambito dell’ «opposto al sacro». Io credo che l’avversità delle religioni monoteiste verso la sessualità e il corpo femminile derivi direttamente dal fatto che nei primi tempi queste fossero in aperta competizione con le religioni fondate sulla fertilità.

Quando alla fine dell’800 la religione fu sostituita dalla scienza, questa ebbe il compito di trovare spiegazioni sul perché nonostante le donne fossero così diverse dagli uomini reclamassero comunque l’accesso al potere e al denaro nella società. Prima potevano solo dire «le donne fanno parte della società prebellica poiché questo è ciò che Dio vuole» – ma dopo dovettero far la pace con le ragioni scientifiche. Ed è stato in quel momento che la scienza medica ha iniziato a ossessionarsi con cose come l’utero, le mestruazioni e così via.

Nel dibattito sull’accesso agli studi universitari per le donne alla fine dell’800, per esempio, vi fu un medico che in un suo testo scrisse che le donne non potevano entrare all’università a causa delle mestruazioni: se avessero studiato, il sangue necessario per il ciclo avrebbe dovuto essere utilizzato dal cervello, e questo alla fine le avrebbe rese sterili. L’accesso delle donne all’università sarebbe stato quindi il primo passo verso la fine dell’umanità.

Com’è successo esattamente che le questioni del corpo e della fisicità hanno iniziato a influenzare la politica e le ideologie? Che ruolo ha la teoria del Biopotere di Foucault in tutto questo?

Sono stata molto influenzata dalle teorie di Foucault sul Biopotere. Ho letto Storia della sessualità prima di iniziare a scrivere il libro, quindi il contenuto spirituale e l’atmosfera de Il frutto della conoscenza devono molto a Foucault. Credo che la «volontà di sapere» sia un grande strumento di oppressione quando si tratta dell’organo sessuale femminile. Ha molto a che fare con la volontà di esercitare il potere sulle donne.

Credi che la pratica di negare o definire in senso negativo l’organo sessuale abbia influenzato i processi di autodeterminazione femminile?

Sono convinta che la percezione negativa dell’organo sessuale femminile, e in generale della sessualità femminile, concepiti come indegni o disgustosi, influenzino le donne a un livello psicologico molto profondo. Pensiamo all’espressione inglese don’t be a pussy: l’organo sessuale femminile è visto come qualcosa di debole, laddove quello maschile è sempre associato a connotazioni positive, come la forza, la mascolinità, la potenza etc.

Di certo questo influenza la nostra percezione di noi stesse, e credo che possa limitare ciò che pensiamo di essere capaci di fare nel mondo, fino a sfociare in alcuni casi in una specie di odio per noi stesse.

Nel tuo lavoro menzioni una grande quantità di fonti. Come hai effettuato le tue ricerche?

Quando ho progettato il libro ho provato a raccogliere tutte le informazioni possibili per iniziare. La mia cronologia di Google era molto strana in quel periodo perché digitavo cose come vagina, vulva o pussy in continuazione per trovare materiale…

L’Italia è tristemente nota per l’alto numero di vittime di violenza domestica e di femminicidio. Credi che esista un legame tra cattiva informazione e violenza di genere?

Certo: tutte queste cose sono collegate. La dominazione maschile sulle donne si manifesta in molti modi diversi e tutte queste strutture coinvolgono l’un l’altra e si retroalimentano, con il solo triste risultato di rafforzare il patriarcato.