Ecco cosa mancava a questo Natale. La commedia Nord/Sud col terrone al Nord o col polentone a Napoli e dintorni. Ci pensano Cattleya e Luca Miniero, che dopo i successi di Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord si sono specializzati nella materia. Così parte dell’idea, sua e di Federica Pontremoli, già sceneggiatrice di Nanni Moretti (Il caimano, Habemus Papam) e Silvio Soldini (Giorni e nuvole), di prendere un pericoloso boss della camorra, tale Don Ciro interpretato dal lucano Rocco Papaleo, e spostarlo in attesa di giudizio nella casetta bolzanina di una famigliola perfettina composta da due figlioli, un marito senza palle con la fissa del trenino, Luca Argentero, e una mamma, che comanda su tutto e su tutti con grande accento veneto, interpretata da Paola Cortellesi. Perché viene trasferito in questa casetta del Nord? Perché la mamma Cristina, in realtà, si chiama Carmela, è meridionale e sorella di Don Ciro, anche se non si vedono da quindici anni.

Non solo. Carmela/Cristina ha fatto di tutto per modificare la sua meridionalità e diventare una perfetta bolzanina da Film Commission. Ovvio che quando arriverà in scena Don Ciro, boss rozzo e scatenato, tutta la sua perfetta costruzione nordestina crollerà. Anche perché questo Nord perfettino esisteva solo nella sua testa. I padroni dell’industria dove lavora il marito, ad esempio, cioè Ale e Angela Finocchiaro, sono degli ipocriti. Odiano i terroni, ma quando si accorgono di poter usufruire del denaro sporco della camorra della cosca di Don Ciro, cambiano totalmente atteggiamento verso Cristina e la sua famiglia. Così il marito viene fornito di auto potente, segretaria bona, il suo mutuo viene azzerato. Il film funziona grazie all’intelligente messa in scena di Luca Miniero e alla grande coppia che formano i due fratelli meridionali, cioè Rocco Papaleo, mai così divertente, e Paola Cortellesi, assolutamente strepitosa nel suo gioco di veneto che nasconde una mancanza di identità. Purtroppo non tutto il film è all’altezza della loro performance per una serie di non funzionamenti, credo, da sceneggiatura.

L’inizio è un po’ lento, qualcosa nella parte di pura commedia è troppo visto, come la gag del gatto morto nel frigo che è veramente impossibile, e tutto il finale è incredibilmente troppo sbrigativo. Mettiamoci anche che Miniero ha dovuto tagliare un film già lungo, così dura un’ora e 45 minuti, preferendo forse puntare tutto sui duetti Papaleo-Cortellesi che sviluppando una parte finale dove un flashback napoletano ci avrebbe spiegato qualcosa di più del loro rapporto. Scompare del tutto, infatti, il personaggio della suora, interpretata da Nunzia Schiano, che aveva cresciuti i due orfanelli. Mancando questa parte dobbiamo immaginarci troppe cose e non capiamo perché il film si sviluppi in una certa maniera meno comica e più romantica.

Detto questo Un boss salotto (da domani al cinema) ha delle notevole ambizioni e sviluppa un tipo di commedia piuttosto sofisticato rispetto al nostro pubblico. E, ripeto, Papaleo e Cortellesi, cioè il cuore della storia, funzionano a meraviglia.

Per non parlare di una serie di battute strepitose del boss sul Nord. Da: «Certo la montagna fa veramente schifo… pure la pizza è fredda»., a: «Che cazzo so sti canederli?». C’è pure spazio per qualche buffa caratterizzazione, da Salvatore Misticone come professore d’inglese con bombetta a Marco Marzocca a un gruppo di scatenati camorristi. Certo. Ci saremmo aspettati una sceneggiatura più compatta e funzionante.