La protesta dei “Forconi”, che ha investito ormai tutte le regioni italiane, è diventata la più visibile manifestazione delle rivolte contro la sofferenza sociale provocata dalla globalizzazione, dalla crisi economica e dalle politiche di austerità dell’Europa. Mentre sono sempre più diffuse l’insofferenza e la sfiducia verso i partiti e la classe politica. In Italia, di fronte alla crescita della disoccupazione, alla caduta del potere d’acquisto delle famiglie e alla chiusura di molte aziende non avevamo avuto finora mobilitazioni paragonabili agli “indignados” spagnoli o a “occupy wall street”. La protesta si era soprattutto espressa nel voto per il Movimento 5 Stelle: giovani, disoccupati, operai e in generale i ceti popolari.

Ma i parlamentari del movimento non sono riusciti a far valere le domande di cui erano portatori: il reddito di cittadinanza, il sostegno alle piccole e medie imprese, i tagli dei costi della politica e la difesa del sistema di welfare hanno ottenuto poco ascolto in un parlamento sostanzialmente commissariato dal governo della larghe intese, commissariato a sua volta da Bruxelles e da Berlino.
Il movimento dei “Forconi” era emerso nel gennaio scorso in Sicilia, riuscendo a paralizzare l’isola per diversi giorni con la mobilitazione di autotrasportatori, produttori agricoli e commercianti. Anche se aveva ottenuto la solidarietà degli studenti a Palermo e il sostegno di qualche esponente di centrodestra, dopo poco tempo si era dissolto, senza lasciare tracce significative nelle successive elezioni regionali.

Rivendicazioni analoghe sono stata rilanciate nelle ultime settimane con successo a livello nazionale riproponendo il nome di “Movimento dei Forconi”. Si sono attivate le stesse categorie (trasportatori, commercianti, agricoltori, artigiani) con molteplici richieste di taglio delle tasse, a cui si sono presto unite contestazioni di tipo politico contro l’euro, le politiche dell’Unione europea e soprattutto contro il governo e la classe politica italiana. Il movimento dei “Forconi” è riuscito così a unire alle specifiche rivendicazioni di categoria alcune delle parole d’ordine che avevano garantito il successo del Movimento 5 Stelle nelle ultime elezioni politiche.

Alla protesta dei “Forconi” si sono uniti poi quelli che più subiscono gli effetti della crisi e delle politiche di austerità (giovani, studenti, disoccupati e precari). Il movimento è molto diversificato a livello locale e rifiuta una specifica connotazione politica. Ha però richiamato in diverse situazione l’attenzione e l’impegno di attivisti di destra (Casa Pound e Forza Nuova). E d’altra parte, le categorie sociali che l’hanno promosso hanno in passato votato soprattutto per i partiti di centrodestra. Il Movimento 5 Stelle si è proposto di dare rappresentanza alla protesta a livello istituzionale, pur prendendo le distanze da vari episodi che si sono verificati nelle giornate di mobilitazione.

Non è chiaro al momento attuale quanto potrà durare il movimento dei “Forconi”, né se potrà aggregare nuovi soggetti sociali, crescere e trasformarsi. La protesta d’altra parte è stata preceduta da molti altri episodi di mobilitazioni “selvagge” negli ultimi mesi, come lo sciopero prolungato dei dipendenti dei trasporti pubblici a Genova o le proteste per la casa a Roma e in diverse città italiane.
In un contesto di crescente sofferenza sociale, la sinistra brilla per la sua assenza: in parte è impegnata a difendere le politiche del governo e dell’Europa, in parte si pone all’opposizione, ma è troppo frammentata dagli steccati ideologici, dai personalismi e dai narcisismi di molti dei suoi dirigenti. I sindacati confederali si sono limitati, negli ultimi due anni, a critiche verbali verso il governo, seguite solo in qualche caso da mobilitazioni.

In una fase di crisi e di crescenti difficoltà per le popolazioni dei paesi europei, è decisiva la capacità di dare rappresentanza politica alla protesta popolare. Se la sinistra è assente o troppo debole e frammentata, si lascia un grande spazio per la destra populista. Che non a caso, si sta riorganizzando su scala continentale, lasciando cadere le divisioni e le reciproche insofferenze del passato. Così il Front National di Marine Le Pen si può unire al Pvv (Partito per la libertà) dell’olandese Wilders, al Vlaams Belang in Belgio, al Partito della Libertà Austriaco (Fpo) fondato da Heider e a tutte le formazioni che lottano contro le politiche di austerità europee e al tempo stesso si impegnano contro gli immigrati e l’Islam.

Anche la Lega Nord ha lasciato cadere le preclusioni che ha sempre avuto nei confronti del Front National. Matteo Salvini si prepara ad accogliere Marine Le Pen come ospite d’onore al congresso di Torino che lo consacrerà nuovo leader del partito. E spera di rilanciare in questo modo il Carroccio, dopo gli scandali della famiglia Bossi e i lunghi anni di governo con Berlusconi.