Un set cinematografico che si trasforma in un cantiere stradale, nella «terra degli ultimi». Per costruire non solo una strada, ma una via d’accesso ai diritti dei più emarginati.

Mimmo Calopresti lo scorso inverno si è trasferito in Aspromonte, ad Africo Vecchio, per girare il suo ultimo film e raccontare una storia calata nel fango. In una realtà immutata dagli anni ’50 a oggi, senza strade e senza servizi. Isolata non solo dal mondo ma dai centri limitrofi.

«Per questo ci siamo portati avanti e abbiamo iniziato i lavori», scherza il regista di Polistena.

Ispirato al romanzo Via dall’Aspromonte di Pietro Criaco, prodotto con il contributo della Calabria Film Commission e della Regione Calabria e presentato in anteprima speciale al Taormina Film Festival, Aspromonte. Terra degli ultimi arriverà nelle sale a metà ottobre. Nel cast, tra gli altri, Marcello Fonte, Sergio Rubini, Valeria Bruni Tedeschi, Francesco Colella e Marco Leonardi. «Volevo tornare a girare nella mia terra che per me è la capitale di tutto, e devo ringraziare la Italian International Film di Fulvio Lucisano che è visionario come me e ha subito accettato il progetto».

Calopresti, ci faccia capire. Sul set coordinava gli attori o dirigeva un cantiere stradale?

Ho raccontato una storia senza filtri. L’Aspromonte è un posto meraviglioso. Isolato e abbandonato ma splendido. Qui passano le stagioni ma, come dice uno dei personaggi del film, «u’ poeta» Ciccio Italia, interpretato da Marcello Fonte, «non cambia mai niente». Infatti mancano i servizi e le strade. Per questo ci siamo sporcati mani e piedi e un pezzo di strada l’abbiamo costruito davvero, a Ferruzzano dove ho ambientato una parte di Africo Vecchia.

Com’è la logistica per girare un film in un luogo così isolato?

Per sei settimane ci siamo immersi nell’ambiente. Abbiamo familiarizzato con le poche famiglie del posto e in molti sono venuti a fare le comparse. Stavamo sempre a piedi nudi, immersi nel fango. Bambini e anziani insieme si divertivano un sacco. A fine novembre abbiamo girato alcune scene in un torrente, sopra Bova superiore, dove alcune comparse dovevano fare il bagno. Quando abbiamo finito tutti i bambini mi hanno costretto a restare lì per tuffarsi anche loro. Una cosa esilarante.

Quali erano i luoghi del set?

Un giorno di riprese in città, a Reggio Calabria. E poi su in montagna, dialogando con la natura. Tutta la Calabria, ma in particolare l’Aspromonte, è un luogo speciale, quasi mitologico. Se solo ci fossero le infrastrutture e i collegamenti pensate che strepitoso volano turistico sarebbe. Per questo occorre impegnarsi di più.

Lei racconta la rivolta degli abitanti di Africo che non hanno una strada. A pochi chilometri da lì, c’è Pietra Cappa, dove una frana ha interrotto il sentiero che si percorre ogni 22 luglio per ricordare Lollò Cartisano.

Anche lì nessuno è intervenuto per ripristinare la via. Cito di nuovo Marcello Fonte che, sempre nei panni del poeta, dice «noi di strade ne abbiamo bisogno». L’Aspromonte è tante cose, ‘ndrangheta ma non solo e il mio film è molto in linea con questa storia terribile. Io provo a raccontare le lotte di civiltà contro l’oppressione e sono sicuro che un giorno gli oppressi vinceranno. A proposito con la produzione stiamo pensando a un’anteprima nazionale del film, a fine agosto proprio ad Africo Vecchia.