L’ultimo libro di Augusto Illuminati è un breve ed efficace trattato di filosofia. Il titolo è programmatico: Tradimenti eccellenti. Critica inattuale delle identità (Manifestolibri, pp.114, euro 10). Il tradimento è un soggetto insidioso. Nel privato è un fantasma psichico infestante, che inquina gli affetti con le passioni tristi. Il tradimento pubblico è ancora più complicato. Polibio, nelle sue Storie, ha distinto il tradimento come opportunismo politico dal tradimento come scambio vantaggioso. Il primo può portare al rovesciamento delle alleanze in nome della salvezza della «polis»; il secondo realizza un tornaconto personale o di fazione e consegna la città al nemico.
Si tradisce nella religione. Paolo di Tarso non lo fece solo con l’antica Legge, ma rovesciò il senso dell’insegnamento di Cristo, inventando un’altra fede. Paolo era cittadino romano, padroneggiava il greco, diventò cristiano. Tradì il formalismo giuridico romano e la sapienza greca. In lui la conversione è una forma di tradimento, in primo luogo di se stesso. Poi tradì anche la sua rivoluzione e diventò istituzionale e normativo. Nietzsche, a ragione, lo detestava.

TRADIRE è un altro modo di tradurre. Illuminati opportunamente precisa: fra traditori (dal verbo tradere) e traduttori (dal verbo trans-ducere) c’è soltanto assonanza, non parentela etimologica. Ma allora perché questo nesso è così attraente? Perché il tradimento è una cattiva traduzione. La buona traduzione è una vera creazione. Non riguarda il singolo traditore – cioè il cattivo traduttore – ma i molti che la realizzano in un atto collettivo che cambia il mondo e i suoi interpreti.
Per Antonio Gramsci questa idea di traduzione è la base della filosofia della prassi e della teoria dell’egemonia. Egemonia non significa imposizione di un’ideologia, ma traduzione della rivoluzione in politica, tenendo conto delle storie e linguaggi nazionali. Il traduttore si trova nella posizione di «tradire» la lettera di una rivoluzione per crearne un’altra in un continente diverso. Come Lenin aveva tradito e tradotto («bolscevizzato») il marxismo in un paese fino allora considerato ai margini della maturità capitalistica e della possibilità rivoluzionaria, molti altri dopo di lui hanno cercato di portare altrove, e ricreare su tutt’altre basi, la rivoluzione in Europa («la guerra di posizione» di Gramsci); in America Latina (José Carlos Mariátegui), in Cina (Mao), nei paesi (post)coloniali (Frantz Fanon, Cyril Lionel Robert James fino a Édouard Glissant). Con alterne fortune, e autentici disastri, perché l’operazione della traduzione non è mai scontata, è sempre imperfetta. E i processi collettivi che riesce a scatena sono prefigurabili, ma non padroneggiabili.
Questi rapidi ritratti permettono di comprendere il significato del sottotitolo del libro: «Critica inattuale delle identità». Inattuale perché l’identità fissa, simbolica, originaria e falsamente storicizzata è il fondamento del momento politico attuale. Fare una critica di questa idea di «identità» significa essere «inattuali». Ma andare contro la corrente del presente significa predisporsi a creare qualcosa di nuovo.

L’IDENTITÀ È SCISSA, scrive Illuminati. Non esiste un’identità stabilita per sempre.Si diventa un’altra persona al punto da non riconoscersi più in quella di prima. Non assomigliamo mai a come eravamo prima. Parliamo lingue diverse, apparteniamo a mondi in divenire, siamo noi stessi una moltitudine.
Questo problema fa impazzire i conservatori di diverse confessioni. E chi intende la politica come un conflitto tra identità presupposte. E questo vale sia per l’idea emancipazionista della politica sia per il suo opposto reazionario che fissa la soggettività nella triade «Dio-Patria-Famiglia». Illuminati ricorda le disavventure di chi ha compreso il ruolo positivo esercitato dalla cosiddetta «politica dell’identità» [identity politics] «nel riconoscimento protettivo dei nuovi soggetti minoritari», ma ha finito per cristallizzare tali soggetti in identità astratte. Dall’altra parte, la ricerca di un’indipendenza nazionale dei paesi ex colonizzati si è trasformata in un «nazionalismo statizzato».
La critica delle identità permette di riconoscere l’impasse in cui ci troviamo, contrastare gli avversari che avvelenano i pozzi. E permette di tornare a praticare una politica della differenza. Questa è la strategia dei movimenti trans-femministi intersezionali con i quali Illuminati si confronta nel libro. Dall’esercizio della differenza, e dalla sua traduzione nelle politiche del mondo, potrebbe emergere un nuovo «Principe» al quale oggi daremmo anche un nome femminile. O entrambi.