Pochi mesi fa Marco Bersani di fronte all’offensiva neoliberista ai danni degli enti locali notava che sindaci e amministratori dovevano «decidere se essere gli esecutori ultimi di un processo di privatizzazione», che avrebbe comportato la consegna di «beni e patrimonio alle lobby bancarie e finanziarie», o «se riconoscersi come i primi rappresentanti degli abitanti di un determinato territorio e porsi in diretto contrasto con quei processi». Se va, dunque, sottolineato che il sindaco Marino nulla ha avuto a che fare con la cosiddetta Mafia Capitale, annidatasi nel tessuto di potere capitolino attraverso il totem neoliberista delle esternalizzazioni dei servizi, è altrettanto vero che questo sindaco ha operato in assoluta coerenza con l’impostazione del governo nazionale, in particolare sul nodo delle privatizzazioni.

Marino si è fatto paladino della cessione ai privati di aziende che, nella maggior parte dei casi, operano in regime di monopolio: in tempi di crisi una rendita sicura per chi ne guadagna la proprietà o parti di essa. Poco importa se, in Italia, dopo le privatizzazioni, secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre su dati Eurostat, le tariffe tra il 2010 e il 2014 siano aumentate del 19,1%. Dall’inchiesta sulla cupola romana chi è uscito sostanzialmente indenne è uno dei poteri forti per eccellenza nella città di Roma: i «palazzinari». Nei riguardi dei quali la giunta Marino più che opporvisi, come purtroppo favoleggiato a sinistra, ha scelto di allearsi con una componente ai danni di un’altra.

È questo, ad esempio, il caso dello stadio della Roma, grazie al quale verrebbero realizzati un milione di metri cubi di cemento con un guadagno stimato per l’Eurnova Srl di Luca Parnasi, riportano alcuni quotidiani, tra i 500 e gli 800 milioni di euro. Accantonando le pur gravissime aggressioni politiche, perpetrate dal sindaco uscente, ai danni dei lavoratori della città, da quelli di Atac a quelli del Colosseo, affermare che questa giunta abbia costituito una pagina positiva per la sinistra non pare, dunque, convincente. Si può altresì affermare con certezza che, comunque la si pensi, la giunta Marino rappresenta l’ultima e ulteriore verifica empirica della fine di ogni ipotesi di centrosinistra anche per i livelli locali.

Le condizioni politiche in cui operano gli enti locali sono del resto riflesso diretto delle scelte nazionali ed europee. Bisogna, quindi, stabilire se muoversi politicamente nel solco dei vincoli europei o in aperto contrasto. «Terze vie» non possono essere in campo.
La costruzione di un’opzione politica di sinistra in alternativa netta al Partito Democratico a Roma non può dunque che partire da alcuni elementi programmatici precisi in una metropoli devastata dalla crisi ed oggi anche militarizzata.

La rottura dei vincoli del patto di stabilità e la messa in discussione del debito, la ri-pubblicizzazione dei servizi comunali con un nuovo modello di gestione, il blocco di sfratti, sgomberi e distacchi, la requisizione del patrimonio immobiliare privato inutilizzato, l’obbligo della clausola di salvaguardia dei lavoratori nelle gare di appalto anche sul sociale, la tassa di scopo contro la rendita, il no alle grandi opere (Olimpiadi e stadio di calcio), così come la «Moratoria del cemento a Roma» sottoscritta da decine di comitati locali e associazioni di cittadini, sono alcune delle grandi questioni che dovrebbero impegnare il nostro dibattito.

Bisogna dar vita ad un percorso, senza chiusure settarie, che esprima posizioni chiare. Nel quadro descritto l’uomo solo al comando non basta: servono, infatti, blocco sociale, organizzazioni e contro-potere. Il cimento con la rappresentanza deve provare ad essere reale. La discontinuità col passato deve quindi riguardare metodi, forme, contenuti e persone. La discussione su chi debba essere il candidato sindaco dovrebbe svolgersi solo successivamente.

*Già consigliere regionale del Lazio, Direzione Nazionale Prc