La Rai ha aperto un’indagine interna dopo le esternazioni del giovane cantante neomelodico Leonardo Zappalà, che ha pronunciato frasi irriverenti verso Falcone e Borsellino nella trasmissione condotta da Enrico Lucci su Raidue “Realiti”. L’Ad Salini si è scusato pubblicamente. La Dda di Catania indaga sui rapporti tra il cantante Niko Pandetta (che era l’altro ospite) e lo zio materno di questi (in carcere da qualche decennio) condannato al 41bis e, testuale, punto di riferimento nella vita. Zappalà invece aveva detto, riferendosi ai due magistrati assassinati, che “queste persone che hanno fatto queste scelte di vita le sanno le conseguenze. Come ci piace il dolce ci deve piacere anche l’amaro”. Laddove non si capisce dove sia il dolce di tutta la faccenda.

Il dolce e l’amaro, dunque. Anche della televisione. E’ giusto che la tv racconti tutta la realtà, come si è detto e scritto da qualche parte in questi giorni, anche gli angoli più maleodoranti? Non c’è dubbio. Il giornalismo non può e non deve ignorarli, ma ci dev’essere una misura a guidare le scelte dell’autore (per inciso, nel nostro caso non era Lucci). Nel senso che se il figlio di Riina fa un libro non è detto che gli si debba offrire una poltrona bianca a Porta a Porta. Dunque la storia non è nuova, ma tornando a Zappalà e Pandetta, si tratta di vere star del web della cosiddetta canzone neomelodica, un fenomeno sociale. Come fenomeni che toccano pezzi rilevanti di società sono mafia, camorra o ndrangheta.

Il problema è però capire come vengono trattati. Per esempio Michele Santoro processava con le sue trasmissioni un sistema di potere, Gad Lerner raccontava l’Italia corrotta degli anni ’90, e se qualcuno scantonava lo accompagnava alla porta (accadde al teatro Litta durante una trasmissione di Milano Italia).Quando la realtà è sgradevole, ma anche quando non lo è, chi vuol fare informazione deve avere le spalle larghe per non rischiare di essere usato dalla realtà stessa. Magari un punto di vista che metta in discussione ciò di cui narra.

Ma senza farla difficile nel nostro caso bastava che il povero Lucci, di fronte a frasi imbarazzanti ed offensive per la storia e la memoria di tutto il paese, interrompesse il programma, un gesto ad effetto altrettanto dirompente rispetto all’enormità di quanto gli veniva detto a telecamera aperta. Come per tutte le cose anche per fare la tv ci vuole metodo: un programma non s’improvvisa di solito, si prepara, si discute, se ne simulano le possibili evoluzioni, si studiano gli ospiti e loro storie. Per raccontare meglio le storie e …per evitare il peggio: per non rischiare di legittimare culture incivili. Che ci sono, ma non per questo devono avere la meglio in tv. Se il metodo non ce l’hai allora una soluzione ci sarebbe: evitare di invitarli, certi fenomeni.