Il detective vittoriano nella Londra di oggi
Il segreto del successo della serie tv targata Bbc su Holmes, mente brillante che batte ogni tecnologia e si trasforma in cinema con «L’abominevole sposa» Per la prima volta da anni Sherlock torna a fare le sue indagini in epoca vittoriana. L’abominevole sposa, episodio speciale della serie di grande successo della BBC, lo riporta infatti […]
Il segreto del successo della serie tv targata Bbc su Holmes, mente brillante che batte ogni tecnologia e si trasforma in cinema con «L’abominevole sposa» Per la prima volta da anni Sherlock torna a fare le sue indagini in epoca vittoriana. L’abominevole sposa, episodio speciale della serie di grande successo della BBC, lo riporta infatti […]
Per la prima volta da anni Sherlock torna a fare le sue indagini in epoca vittoriana. L’abominevole sposa, episodio speciale della serie di grande successo della BBC, lo riporta infatti al secolo in cui fu concepito dal suo autore Arthur Conan Doyle, dopo che tutte e tre le stagioni televisive uscite sinora erano state fondate sullo spostamento di Holmes, Watson, Mrs. Hudson e compagnia nella Londra dei giorni nostri, e dopo che la sua ultima (di dozzine) incarnazione cinematografica ce lo mostrava, col volto di Sir Ian McKellen, nei primi anni del Novecento, alle prese con la vecchiaia e la conseguente perdita della memoria e della prestanza fisica in Mr. Holmes – Il mistero del caso irrisolto di Bill Condon . Nelle sale italiane solo per due giorni – oggi e domani – Sherlock: L’abominevole sposa è un libero adattamento, come tutti gli altri episodi della serie, di uno dei racconti di Conan Doyle, in questo caso Il cerimoniale dei Musgrave, contenuto nella raccolta Le memorie di Sherlock Holmes.
Il film/episodio ha debuttato contemporaneamente sui grandi e piccoli schermi inglesi il primo gennaio, e vede lo Sherlock interpretato da Benedict Cumberbatch alle prese con degli omicidi che sembrano essere stati compiuti da un fantasma.
La particolarità non è tanto la durata di un’ora e mezzo – tutti gli episodi hanno infatti la lunghezza media di un film – quanto appunto la scelta di immaginare Holmes ancora una volta nell’Ottocento, nell’ambito di una serie che aveva introdotto nel mondo del detective inglese i blog – su cui Watson, al posto che nel classico diario, scrive le sue avventure – i messaggi di testo che i personaggi si scambiano e appaiono sullo schermo, e tutte le forme di tecnologia disponibili nel ventunesimo secolo e comunque inutili per quei casi che solo il potente metodo deduttivo di Sherlock può risolvere.
La prima puntata della serie creata da Mark Gatiss e Steven Moffat, Uno studio in rosa, è andata in onda nel 2010 ed è stata da subito un grande successo, in quanto ben adatta lo spirito del più grande detective del mondo ai nostri tempi, in cui è anche possibile giocare apertamente sulla «chiacchierata» sottotrama omosessuale che lega Sherlock Holmes all’amico e coinquilino John Watson, qui interpretato dal Martin Freeman poi diventato famoso con Lo Hobbit. Un successo tale da venire subito fiutato e replicato dagli americani, che con Elementary della CBS, creato da Robert Doherty, riprendono l’ambientazione moderna spostandola però a New York e affiancando a Holmes (qui Jonny Lee Miller) una donna, la dottoressa Joan Watson (Lucy Liu), e che tuttavia fallisce proprio in ciò che contraddistingue positivamente Sherlock: la fedeltà allo spirito di Holmes. Non basta farne un donnaiolo ex-tossico tatuato per restituirne l’anticonvenzionalità, che in Elementary rimane solo un fatto esteriore.
Il successo di Sherlock, d’altro canto, è forse anche in debito con il rinnovato interesse nel personaggio inaugurato dal primo capitolo della trilogia di Guy Ritchie, in cui è Robert Downey Junior a vestire i panni detective di Baker Street (Sherlock Holmes, del 2009) nonché dalla serie seguitissima Dr. House, in cui il metodo deduttivo e il ragionamento induttivo di Holmes venivano trasferiti su un medico, il dottor Gregory House, dotato anche dello stesso carattere difficile e di una strabordante fiducia nelle proprie capacità.
In definitiva, però, ciò che determina la scommessa riuscita di Sherlock è la possibilità che offre di mettere ancor più in evidenza il tratto distintivo del personaggio letterario, una delle ragioni principali per cui è divenuto immortale: la sua mente brillante, che eccede non solo quella degli altri mortali ma anche qualsiasi tecnologia.
Come nell’episodio della seconda stagione I mastini dei Baskerville, in cui il potente intelletto di Holmes sconfigge anche le droghe con cui l’assassino di turno crea delle visioni nelle sue vittime, in un adattamento horror di uno dei romanzi di maggior successo di Arthur Conan Doyle, in cui l’ambientazione gotica vittoriana è rimpiazzata da un incubo postmoderno in una base militare dove si fanno sperimentazioni genetiche segrete, che solo Sherlock può riuscire a smascherare.
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