Luciano Ligabue è tornato al cinema dopo quasi venti anni. Pochi sono i registi che scrivono soggetto, sceneggiatura e musica in solitaria, il Liga lo fa e se lo può permettere. A partire dalla musica, anche perché prima di essere film Made in Italy è stato un disco, anzi un concept.

Vi si racconta la storia di Riko, operaio in crisi in un salumificio anch’esso in crisi. Vacillano così anche una ventennale storia d’amore e quaranta anni di vita. Ma Riko è una persona per bene, uno di quelli di cui non si occupano né le cronache né i giornali, ha i suoi amici, problematici anche loro, ogni tanto dà di matto, ma perché vede che gli sgomitanti e i cialtroni hanno una vità più oliata della sua.

Ligabue crea il suo protagonista prima ancora che a partire da Stefano Accorsi che lo interpreta, dai suoi amici rimasti appiedati dal destino, gente che vive nella casa costruita dal nonno, ingrandita da papà e che loro invece non sono neppure più in grado di mantenere. E ancor più di Riko la vera eroina e l’autentica scoperta è Sara, la sua compagna, Kasia Smutniak, ci vuole sensibilità musicale e umana per creare un personaggio del genere.

C’è una tale onestà nello sguardo di Ligabue e nelle scelte che compie che passano in secondo piano situazioni pretesto (lo scontro con la polizia, l’intervista tv, il matrimonio) , il suo obiettivo è mostrare l’ossatura autentica che sorregge un paese pieno di contraddizioni, anche di porcherie, ma comunque ricco di «bellezza», prima nelle persone certo, ma anche nei luoghi.