E se Poletti giura che il decreto su contratti a termine e apprendistato va bene così com’è, e che il governo non è disponibile sostanzialmente a cambiarlo, nel Pd invece da qualche giorno sono emersi forti malumori, soprattutto da quando la Cgil e la Fiom hanno emesso la loro sentenza di «condanna». «Tutto è successo in poco tempo, in quei tre giorni che cambiarono il mondo», dice con un pizzico di ironia Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera: l’ex ministro del Pd, si riferisce al brevissimo tempo intercorso tra l’annuncio di Matteo Renzi, mercoledì scorso, e la messa in campo del decreto Poletti.

È una misura che aumenterà il precariato?

La risposta secca è sì. Aggiungo che non condivido il dogma secondo il quale se un decreto è del governo lo dobbiamo approvare a scatola chiusa. Il lavoro parlamentare può aggiustare, correggere, cancellare. A mio avviso 3 anni con 8 rinnovi e senza alcuna causale sono francamente troppi. Ma segnalo un altro punto: se mettiamo a disposizione delle imprese questo nuovo contratto a termine e un apprendistato che non fissa più alcuna percentuale di stabilizzazione, mi domando a che cosa serve una delega che contiene l’istituzione di un contratto di inserimento a tutele crescenti. Con questa «liberalizzazione» dei contratti, quello di inserimento è bello che morto, perché non converrebbe alle imprese.

Quindi la minoranza Pd chiederà ad esempio di diminuire gli anni senza causale?

La mancanza di causale prima era di un anno, ora dovrebbe essere portata a tre: pensiamo a una via intermedia, peraltro già proposta in passato. Così per l’apprendistato: se la quota del 30% da stabilizzare è ritenuta eccessiva si può trovare un compromesso. Ma non rinuncerei comunque al principio secondo cui la buona flessibilità, anche attraverso un lungo periodo di prova che dura fino a tre anni, mantenga l’obiettivo di una conversione nel tempo indeterminato, anche incentivato. Altrimenti condanniamo le giovani generazioni alla precarietà in eterno. Il punto della stabilizzazione manca, e non basta dire che verrà esaminato nella delega, perché, lo ripeto, l’eventuale contratto di inserimento a questo punto diventa poco appetibile per le imprese. Se ti dò a metà prezzo la pasta con la crema, perché dovresti comprarla a prezzo intero e con l’obbligo di acquistare un cioccolatino gianduia?

Ma Renzi pare aver messo in soffitta proprio il principio della centralità del contratto a tempo indeterminato.

Il contratto a termine, per sua natura, dovrebbe intervenire proprio di fronte a particolari e motivate esigenze. Lo dice la stessa Unione europea, che il tempo indeterminato è la stella polare: quindi se noi scardiniamo l’eccezionalità dell’uso del contratto a termine, è quest’ultimo a diventare centrale. Io dico che seppure sia giusto correggere alcuni eccessi di intransigenza della legge Fornero, questo non vuol dire che dobbiamo ribaltare le priorità: il nostro obiettivo deve essere sempre quello di rendere il tempo indeterminato più conveniente di quello a termine, favorendo le stabilizzazioni. Aggiungo anche che non vedo traccia per ora dell’annunciato disboscamento della giungla dei contratti, anche quello rimandato alla delega.

Ma questa velocità di Renzi a passare dal contratto di inserimento, di cui parlava da mesi, al nuovo de-causalizzato a cosa è dovuta? È un omaggio alle imprese perché hanno dovuto rinunciare ai 10 miliardi?

Sicuramente il premier deve trovare un equilibrio tra le esigenze del lavoro e quelle delle imprese. Renzi gioca sul fattore rapidità, che colpisce perfino Landini, e sul cambiamento repentino di posizioni. In quel che è stato deciso c’è del buono, come i 10 miliardi alle buste paga, e c’è invece una parte che dovremo cambiare: dando attenzione a pensionati e autonomi, correggendo i contratti a termine e quelli di apprendistato.

Cosa proponete per pensionati e partite Iva?

Per i primi va scongiurata la minaccia della spending review, che vorrebbe far pagare un contributo di solidarietà dai 2000 euro lordi in su. Sarebbe devastante: al contrario, le pensioni medio-basse vanno indicizzate, e per questo ho già chiesto che il ministro del Lavoro apra un tavolo con i sindacati di categoria. Quanto alle partite Iva, sarebbe bene stabilizzare i loro contributi al 24%, come gli autonomi, e non portandoli al 33%, cioè il livello dei dipendenti.

Sulla cig cosa va fatto?

Io estenderei l’ordinaria e straordinaria a tutti i settori. Mentre per quella in deroga, riterrei opportuna una riforma graduale, per non aggiungere 150 mila lavoratori ai disoccupati.

E sulla proposta Landini del tfr in busta paga?

Può andare bene per rilanciare i consumi in un periodo limitato, ad esempio nel 2014 e 2015. Ma lasciando piena volontarietà al lavoratore, e permettendogli poi di ripristinare il tfr.