Edward Snowden torna a farsi sentire. Per bocca del giornalista del Guardian Glenn Greenwald, che a giugno a raccolto le sue confessioni esplosive sul Datagate, l’ex consulente Cia ha smentito di aver fornito informazioni all’Independent. Il quotidiano britannico aveva parlato dell’esistenza di una base segreta in Medioriente gestita dal Government Communications Headquarters (Gchq), l’intelligence inglese che ha partecipato al piano di intercettazioni illegali messo in campo dall’Agenzia per la sicurezza nazionale Usa (Nsa). Da quella base, il Gchq intercetta e processa i dati trasmessi attraverso i cavi di fibra ottica sottomarini della regione – ha scritto The Independent senza rivelare il luogo in cui si trova il centro di spionaggio, ma suggerendo di aver avuto l’informazione da Snowden: “Non ho mai parlato, lavorato o trasmesso materiale a quel giornale”, ha però smentito l’ex tecnico della Nsa, attualmente rifugiato per un anno in Russia.

Secondo Snowden, si tratta di un’operazione mediatica organizzata dal governo britannico per far credere che le informazioni pubblicate dal Guardian e dal Washington Post pregiudicano la sicurezza e ostacolano la “guerra al terrorismo”. In nome della sicurezza, l’intelligence nordamericana ha giustificato lo strapotere delle sue agenzie, mentre i servizi segreti britannici hanno compiuto “ogni genere di pressione” sul Guardian per fargli distruggere i file sul Datagate, ha dichiarato il suo direttoreAlan Rusbridger. Per continuare a pubblicare i documenti sul Gchq, il quotidiano ha deciso di costituire una rete di media disposti ad andare avanti: “Stiamo collaborando con il New York Times e con altri per continuare a divulgare le informazioni”, ha annunciato il Guardian in un comunicato. “Se ne pentiranno, pubblicherò molte cose che riguardano l’Inghilterra”, ha d’altronde minacciato Greenwald dopo il fermo del suo compagno, David Miranda, bloccato per 9 ore all’aeroporto londinese di Heathrow mentre tornava da Rio de Janeiro, il 18. Greenwald risiede a Rio, e scrive anche su O Globo. Il mese scorso ha rivelato alla stampa brasiliana le informazioni di Snowden sul cyberspionaggio messo in atto dalla Nsa in Sudamerica.

Washington non spiava solo i “combattenti nemici”, ma anche i propri alleati, in Europa e in America latina. Il Brasile era al centro della rete di intercettazioni che comprendeva 16 basi – almeno 5 operative a livello militare – in diversi paesi del Latinoamerica. In Brasile ha sede Atlantis-2, una importante rete a fibra ottica che connette il Sudamerica con l’Africa e l’Europa, creata da 25 compagnie di telecomunicazioni. Con il loro supporto, la Nsa filtrava milioni di chiamate telefoniche e comunicazioni internet, in violazione alla privacy dei singoli e agli accordi internazionali tra stati. Secondo l’ultima rivelazione del Guardian, che cita un documento segreto della Nsa datato dicembre 2012, il governo Usa ha ricompensato con milioni di dollari le grandi firme di internet quali Google, Yahoo, Microsoft o Facebook per la loro partecipazione al programma Prism. In nome della “guerra al terrorismo”, la lunga mano della Nsa carpiva anche segreti economici e finanziari e programmava ingerenze politiche e militari nei governi poco graditi al Pentagono, come Cuba, Venezuela, Bolivia, Ecuador, ma usava anche gli alleati.
Il cyberspionaggio “getta un’ombra” sulle nostre relazioni con gli Stati uniti, ha detto in Parlamento il ministro degli Esteri brasiliano Antonio Patriota. Il Brasile conta di inaugurare un nuovo ciclo nelle relazioni bilaterali con gli Usa di Obama, e sta organizzando la visita della presidente Dilma Rousseff in ottobre, la prima di un capo di stato brasiliano in quasi due decadi. Per questo, il 14 agosto, Patriota si è incontrato con il suo omologo Usa John Kerry, mentre i manifestanti brasiliani gridavano: “Vattene, spia”, all’indirizzo di Kerry.
“Il nostro impegno con la comunità internazionale nella lotta contro il terrorismo non è in discussione – ha detto Patriota alla Commissione esteri del Parlamento – ma chiediamo il rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, non vogliamo che la lotta al terrorismo determini un’altra agenda, in violazione alle norme internazionali e alla sovranità degli stati”. Il deputato Ivan Valente, del Partito socialismo e libertà ha chiesto allora che, come dimostrazione di sovranità, il Brasile conceda l’asilo politico a Snowden. Quando l’ex tecnico della Nsa era imbottigliato al terminal dell’aeroporto moscovita di Sheremetievo, alcuni governi latinoamericani – Ecuador, Venezuela, Bolivia e Nicaragua – si sono offerti di accoglierlo. Altri hanno taciuto, altri ancora, come l’Argentina, si sono detti contrari. Tutti, però – anche alcuni capi di stato amici degli Usa – hanno espresso solidarietà al presidente boliviano Evo Morales, a cui diversi governi europei hanno impedito di sorvolare il proprio spazio aereo su imbeccata della Cia, convinta che Morales – di ritorno da Mosca – nascondesse Snowden nell’aereo presidenziale. Patriota ha replicato a Valente che il Brasile ha ricevuto la richiesta di asilo dell’ex tecnico della Nsa, che non l’ha respinta, ma neanche ha ritenuto di rispondere, in quanto si è trattato di una richiesta generica, non indirizzata a un paese specifico.
Il Brasile ha però ufficialmente protestato con la Gran Bretagna per il fermo di David Miranda e per le pressioni esercitate sulla stampa.