Giornalista musicale e studioso di culture giovanili, Pierfrancesco Pacoda ha esplorato in lungo e in largo l’universo dei club, dei ritrovi notturni e delle discoteche, da osservatori privilegiati come la Riviera romagnola e il Salento, in libri come Sulle rotte del rave e Io,dj. Il suo nuovo lavoro, il volume Rischio e desiderio, edito dalla riminese Nfc (pag.130, euro 11,90), è nato dopo i tragici episodi di cronaca (tre ragazzi morti in pochi giorni tra cui un minorenne all’esterno di una discoteca) della scorsa estate che hanno fatto crescere l’allarme sociale sulle discoteche fino alla chiusura del Cocoricò, il famoso locale di Riccione. Si tratta di una riflessione a più voci sul mondo della notte tra giovani, droghe, eccessi e divieti mettendo insieme le testimonianze di gestori di locali, sociologi, responsabili delle istituzioni mediche, frequentatori di club (come lo scrittore Nicola Lagioia.

Un viaggio verso il cuore nascosto, ma incredibilmente pulsante, della pista da ballo col suo contorno di sostanze stupefacenti, oggi più facili da trovare in qualsiasi luogo, principalmente sostanze sintetiche che si consumano in tanti luoghi, dalla discoteca allo stadio, dall’auto alla spiaggia. Naturalmente Pacoda racconta i segni distintivi della club culture, l’orgoglio di essere come si vuole contro tutto e contro tutti, dove ballare sino all’alba era la risposta di strada alla necessità di costruire un’identità negata, da New York a Soweto, da Londra a Berlino.

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Per Maurizio Pasca, presidente del Silb, l’associazione che raggruppa i locali da ballo e di spettacolo, «l’attuale generazione di giovanissimi sta dimostrando di essere travolta da un vero e proprio senso di insoddisfazione che porta buona parte di loro a cercare nello sballo e negli eccessi la via di fuga più semplice per sopperire a un vuoto di valori che oggigiorno appare incolmabile. (…) Non c’è più la discoteca come luogo di aggregazione, modo per conoscere nuova gente ma l’esplosione dei rave party, dell’ecstasy, della techno e dell’elettronica aumenta il loro senso di solitudine e d’incomunicabilità». Così il Velvet, rock club di Rimini, ha deciso di far entrare solo i maggiori di 18 anni mentre i ragazzi con più di 16 anni possono entrare solo se accompagnati da un genitore e devono andare via entro l’una di notte.

«È fondamentale diffondere la strategia della riduzione del danno – sostiene Leonardo Montecchi, psichiatra, responsabile del Sert di Rimini – Informare quale sia l’effetto delle sostanze che circolano nelle feste, ma anche rendere consapevoli che modificare la coscienza non è una malattia ma una risorsa dell’essere umano e che per ottenere una dissociazione non è necessario ricorrere a sostanze, può essere ottenuta con la musica, il ballo, le luci e la moltitudine danzante».

Il libro di Pacoda presenta questa ricchezza culturale, queste migliaia di persone che operano nell’industria del divertimento notturno ma anche quelli che lavorano sul versante dell’informazione sui rischi, cooperative e associazioni di volontariato, quelli che dovrebbero andare nelle scuole , parlare ai ragazzi, creare consapevolezza nei più giovani. Come dice Micaela Zanni, che gestisce il Kinki Club di Bologna, «bisogna cercare di tutelare la loro vita nel caso essi volontariamente vogliano assumere sostanze con presidi sanitari nelle vicinanze dei luoghi di divertimento. In molti paesi europei questa è normalità».