Regioni respinte, ancora accesso ridotto negli stadi italiani. Il Comitato tecnico scientifico, nella riunione avvenuta ieri, si è allineato alla posizione del governo bocciando l’ipotesi dell’incremento del numero dei tifosi negli stadi di Serie A, fino al 25% della capienza delle strutture.

Non ci sono al momento le condizioni epidemiologiche per l’accelerata alla riapertura, non avrà dunque esecuzione il documento approvato due giorni fa dalla Conferenza delle Regioni – con la posizione negativa della Regione Lazio che aveva abbandonato il tavolo dei lavori -, che prevedeva linee guida che avrebbero portato a un significativo aumento del pubblico negli impianti. Fino a quasi 20 mila spettatori in stadi come l’Olimpico di Roma, San Siro a Milano o il San Paolo a Napoli.

Con la presa di posizione del Cts, il governo segue nuovamente il percorso di prevenzione e la politica dei piccoli passi, soprattutto in corrispondenza dell’aumento dei nuovi contagi da Covid-19. Ed è alta la possibilità che l’esecutivo e lo stesso Cts abbiano voluto bocciare subito, con forza, la bozza delle regioni per non ripetere quanto avvenuto ad agosto con l’apertura indiscriminata delle discoteche, che ha portato all’accensione di alcuni focolai, come in Sardegna. C’era il rischio di assembramenti, dall’uso dei mezzi pubblici al passaggio dei tifosi ai tornelli. Così come potrebbe aver inciso il caso La Spezia, con il focolaio nella città ligure di qualche settimana fa provocato soprattutto dai festeggiamenti senza alcuna protezione per la promozione in Serie A.

È passata così la linea del ministro della Salute, Roberto Speranza, assai critico con il documento di apertura dei presidenti delle regioni, che ha indicato nella scuola la priorità delle prossime settimane. Il ministro ha potuto contare sul supporto (anche mediatico) di virologi ed epidemiologi, tra cui il presidente del Consiglio superiore di sanità (e componente del Cts) Franco Locatelli e il professore di Microbiologia all’Università di Padova, Andrea Crisanti.

Per ora si resta con il tetto di mille presenti. E una nuova valutazione potrà essere effettuata, ha fatto sapere in una nota il Cts, solo dopo l’analisi dell’impatto dell’apertura delle scuole e degli uffici della pubblica amministrazione sulla curva epidemiologica.

L’orizzonte indicato dal Cts si attesta intorno a metà ottobre, anche per gli spettatori (200) che accedono agli eventi al chiuso. Oltre al tetto di mille spettatori restano inalterate le altre disposizioni: prenotazione e assegnazione del posto a sedere con seduta fissa, rispetto rigoroso della misure di distanziamento fisico di almeno un metro, utilizzo di mascherine (anche all’ingresso dello stadio), igienizzazione costante delle mani.

In ogni caso l’incremento della forbice di tifosi negli stadi resta e resterà un tema caldo. I presidenti delle regioni che avevano spinto per una riapertura più corposa trovano il sostegno compatto della Lega di A e soprattutto dei proprietari delle squadre. Gli stadi chiusi ormai da sette mesi infatti hanno prodotto significative perdite nella stagione che si è conclusa ad agosto per i mancati incassi dalla vendita dei biglietti per le partite e per gli introiti generati da altre voci (cibo, bevande, parcheggi).

Senza dimenticare che i club hanno dovuto rinunciare al flusso di cassa assicurato di solito dalla campagna abbonamenti: si va dagli oltre 30 milioni per la Juventus a cifre alte anche per le altre big del campionato. E l’assenza del pubblico sugli spalti, come sottolineato da diversi presidenti e addetti ai lavori, ha inciso anche sulla portata degli investimenti degli sponsor sui club di A.