Il corpo politico
Sport Il prestigio politico di un paese passa anche attraverso le medaglie vinte e la prestanza atletica del suo capo. A costo di trucchi più o meno evidenti
Sport Il prestigio politico di un paese passa anche attraverso le medaglie vinte e la prestanza atletica del suo capo. A costo di trucchi più o meno evidenti
Le medaglie conquistate nelle competizioni sportive internazionali concorrono ad aumentare il prestigio politico di un paese a livello internazionale? Nella seconda metà del Novecento a fare man bassa di medaglie nelle competizioni internazionali furono gli atleti dell’Est, sottoposti al doping di Stato con conseguenze nefaste sulla loro salute, per dimostrare la superiorità dell’uomo «socialista». Recentemente la federazione di atletica leggera russa è stata espulsa dalla Iaaf, l’organismo internazionale di atletica che fa capo al Cio, il comitato internazionale olimpico, perché accusata di aver fatto ricorso sistematico al doping. Il rischio di probabile espulsione, il tribunale sportivo si pronuncerà nelle prossime settimane, riguarda anche le federazioni francese e polacca, mentre fino a ieri si ironizzava sugli effetti miracolosi del brodo di tartaruga degli atleti cinesi, affermatisi in breve tempo in campo internazionale. Neppure la Fidal, federazione italiana di atletica leggera, sembra scevra da complicità se 26 atleti nazionali sono stati accusati dall’agenzia mondiale antidoping di mancati controlli. Il corpo degli atleti, che fa incetta di medaglie migliora l’immagine e il prestigio politico di un paese.
Nell’ultimo decennio anche i politici in veste di atleti sono aumentati. Il presidente degli Usa Obama quando si insediò alla Casa Bianca fece costruire un campo di basket e si fece fotografare mentre tirava a canestro. Che cosa voleva dire ai giovani afroamericani ghettizzati nelle periferie? Sono uno di voi. E Vladimir Putin fotografato con il kimono mentre atterra sul tatami un maestro di judo? E Matteo Renzi mentre fa jogging con tuta azzurra e bordini tricolori sul lungomare di L’Avana, durante la sua visita a Cuba? Il primo a fare uso politico del corpo fu Benito Mussolini, che quando era a Riccione non esitava a raggiungere la spiaggia in costume, come riporta nelle memorie il suo cameriere: «Spedito verso il mare tra due ali di popolo, le tedesche, le iugoslave e le ungheresi erano le più fanatiche ammiratrici di Mussolini e ad alta voce facevano favorevoli commenti sulle forme atletiche del Duce». Il corpo divenne l’elemento principale di un progetto politico di cui Mussolini costituì il centro indiscusso: «Ho concesso più di sessantamila udienze, mi sono interessato di quasi due milioni di pratiche di cittadini, per fare tutto questo ho dovuto e devo mantenere perfettamente in funzione il mio corpo, come se fosse un motore. Per questo ho razionalizzato il mio lavoro quotidiano e ho ridotto al minimo ogni dispersione di tempo e di energia».
Mussolini ricorreva alla metafora meccanica quando parlava del suo corpo e affermava che per ottenere questo risultato ogni giorno dedicava mezz’ora di esercizi fisici e praticava quasi tutti gli sport. Il Duce, per la propaganda di quegli anni, divenne il primo sportivo d’Italia e l’atletismo politico fu un elemento centrale dell’ideologia fascista, in particolare il pugilato assunse un significato privilegiato nella gerarchia sportiva fascista. In quegli anni il pugilato era uno sport molto popolare, Mussolini si vantava di avere un istruttore privato, riceveva molto spesso pugili vincenti, tra i quali anche Primo Carnera, che svettava tra tutti coloro che circondavano Mussolini. Nelle fotografie ufficiali Carnera non compare molto spesso con Mussolini perché era troppo alto e il Duce non voleva sfigurare. Al Duce sono anche attribuite frasi che divennero slogan propagandistici come: «Voglio un popolo di cazzottatori» oppure «Il pugno è un mezzo di espressione squisitamente fascista». Svariati elementi estrinseci possono spiegare la consonanza tra fascismo e pugilato, il corpo di due pugili che seminudi combattono sul palcoscenico-ring è contiguo a quello di Mussolini, che a busto scoperto trebbia, oppure quando finge di sciare, perché non sapeva farlo, sulle nevi del Terminillo.
A differenza di Hitler, che non sapeva nuotare, andare in bicicletta, ballare, Mussolini non aveva alcun ritegno a mostrare in pubblico il proprio corpo poco vestito. Nel 1933 quando riceve il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss su una spiaggia, Mussolini è in costume da bagno, mentre Dollfuss vestito in maniera impeccabile, si limita a togliere il cappello e la giacca. Adolfo Cotronei, noto giornalista sportivo del Corriere e poi vicedirettore della Gazzetta dello Sport scrisse: «Il suo torso è possente, le braccia atletiche. Sembra fatto per abbattere e per stritolare, e su questo rigoglio di muscoli e di nervi, su questa compattezza erculea, si ferma la nostra immaginazione, perché noi sentiamo che nessuno può vincerlo, che nessuno può sostenerne il confronto. Gigante tra i Pigmei, il suo fascino sulle folle è anche fisico, il nostro condottiero è michelangiolesco nella figura. La forza minaccia ma l’occhio sorride». L’articolo conclude affermando che Mussolini intuisce e agisce con la fulmineità che hanno i pugili di livello mondiale. La raffigurazione molto fisica del Duce diventa consumo mediatico di quegli anni, destinato in particolare a coloro che non lo vedono quotidianamente, come gli immigrati che vivono in America del nord o in America Latina. Oggi le medaglie e i corpi dopati degli atleti sono per la nazione e il prestigio politico internazionale, il corpo falsamente atletico dei leader politici un modo banale per essere alla portata di tutti e sentirsi uno di noi.
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