Un breve excursus sulla Basilicata di oggi è obbligatorio per proseguire la nostra inchiesta sull’anno del centenario della nascita di Rocco Scotellaro che, dal 19 aprile prossimo, darà inizio a tante iniziative per la verità finora in gran parte confuse. Mentre scriviamo è in itinere una carovana di camminatori da Eboli a Tricarico con iniziative durante il tragitto di sette giorni. Le istituzioni (Regione e Ministero) presentano i loro progetti fondati su convegni, pubblicazioni di inediti, opere multimediali. Si muove anche la società civile, sull’onda dello stimolo del nostro giornale (vedere articoli a lato, ndr). È quindi opportuno un flash sullo sfondo del territorio regionale in cui cade oggi questo centenario, per sgombrare il campo dai cliché su quello che una volta si chiamava Sud interno, cioè quello delle montagne.

La Basilicata può essere divisa attualmente in sette/otto grandi blocchi territoriali in cui una programmazione moderna ed europea potrebbe dare una forte spinta di futuro ai «luoghi». E sconfiggere un pessimismo dannoso, presente ahinoi non solo nella miserevole vita del mondo politico istituzionale ma anche in parte della popolazione, che impedisce un’analisi più concreta, piena di sfumature anche positive.

Se è manifesta una crisi delle grandi città, è certamente falsa l’affermazione che nei paesi si possa vivere meglio. Non è così. Il «piccolo mondo» del paese non è attrattivo (ammesso che lo sia stato in passato) neanche più per quelli che ci sono nati. Possono diventare attrattivi se mettono insieme, come territori e corona di vecchi centri storici, un percorso di servizi diffusi e ad alto livello. Come, ad esempio, dovrebbe fare la Valle del Basento di cui ci occupiamo per il centenario di uno dei suoi figli migliori. Nel nostro mondo la competizione è solo tra idee diverse di «città». Quella della Valle del Basento, se capace di mettere in moto una serie di servizi ad alto livello, è una «città diffusa» in grado, per qualità della vita, di sfidare chiunque. Il problema è lasciarsi alle spalle il complesso di inferiorità e un’analisi, sbagliata anche negli scritti di intellettuali di peso, da «terra ingrata e sfortunata». La Basilicata non è così – e non solo per i suoi punti forti, cioè l’agroalimentare con prodotti tipici di grande qualità ed esportazione, alcuni pezzi d’avanguardia dell’industria, ricchezza del sottosuolo, di acque e foreste ancora pregevoli. Lo è solo se le persone cedono a un racconto interessato a umiliare e non a valorizzare.

Terraferma, una sola parola, cioè terra con solide radici, è il nuovo libro e gioco linguistico con cui l’antropologo Enzo Vinicio Alliegro prova a smontare il cliché di una Basilicata immobile e prigioniera delle sue «difficoltà» naturali. Si oppone a terra ferma, due parole, che ha invece significato del tutto opposto, appunto di terra immobile e incline alla rassegnazione. «Non dobbiamo cadere – dice Alliegro – nella retorica del povero che chiede di essere come gli altri ma bisogna coltivare un’idea diversa di sviluppo, contrastare l’idea che le aree interne si debbano allineare. Dobbiamo qui pensare a umanità, rispetto della natura, e analisi rigorose sulla realtà». Il libro di Alliegro è una delle pubblicazioni sulla Basilicata ma anche specifiche su Rocco Scotellaro che stanno uscendo in questo periodo. E che cercheremo di seguire in cerca di ogni segnale di cambiamento.

Il volume ha il merito di aprire squarci nuovi su una realtà regionale che, dentro varie contraddizioni, resta ferma al vecchio modello di sviluppo. Un modello, aggiungiamo noi chiedendo scusa per la semplificazione, prigioniero ancora di ossessioni «privatistiche», con la civiltà pubblica relegata sullo sfondo. Senza ribaltare questo assunto, quindi civiltà pubblica con realizzazioni personali al seguito, è improbabile che le cose possano cambiare. Qui la Basilicata, come il Sud in generale, c’entra ben poco ormai come area «separata». Se nel mondo, intanto nella nostra beneamata Europa, non ritorna un interesse sociale le cose sono destinate a peggiorare e precipitare. La domanda da porsi qui è quindi: un territorio locale può dare un contributo a questo cambiamento? Certo che può, anzi l’Europa nascerà come forte democrazia solo se i luoghi saranno la sua ossatura di base. Tricarico e la Valle del Basento è uno di questi luoghi che, anche al netto della loro salute «economica» vivono ora in un indistinto e confuso presente. E sì che anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza doveva, e deve, servire a questo.

Rocco Scotellaro ebbe il coraggio, con un difficile intreccio arte–vita, di sfidare da laico e socialista un paese dominato dalla chiesa cattolica e dal senso comune, clientelare, del mondo cattolico divenuto nel frattempo democristiano. Ora, in un contesto del tutto mutato, hanno qualcosa da dire i giovani di oggi?

Davide Di Bono, studente del consiglio di facoltà dell’Università di Basilicata, racconta: «Vedi, già da piccoli si viene educati a cercare un futuro altrove perché qui non c’è nulla. La storia che la vita vera sta solo a Roma o a Milano o in un’altra grande città straniera è vera solo in parte. Persino sul piano storico abbiamo esempi di giovani che hanno creduto in una vita nuova qui: penso ai patrioti dell’800, ai movimenti liberatori antiborbonici a Corleto e Potenza. Certo c’è qualcosa di curioso: a Potenza ci sono quattromila studenti universitari che sono ben più di un gruppo di patrioti e potrebbero quindi cambiare il volto della città. Perché non accade? Penso che il problema non sia lucano ma nazionale. L’Italia non è un paese per giovani. Essi qui, in un luogo dove non si fanno figli, sono una minoranza che vive in un contesto molto limitante. La crisi demografica si riflette ovunque e di più al Sud. Tantissimi giovani ogni anno vanno via dalla Basilicata a studiare altrove. Io sono rimasto per mia volontà ma ho avuto contrasti con i miei genitori che mi dicevano: vai a Bologna. La Basilicata, al pari dell’Italia e ancor più, non è una regione per giovani». Che fare quindi? E che input può dare la memoria di Scotellaro in questo anno del centenario? «Ma la risposta è implicita in quella di prima – conclude Davide mostrandomi un commento ai versi di Scotellaro – . La Basilicata ha bisogno dei giovani per il suo futuro. E anche se c’è pessimismo su questo centenario perché parliamo di un mondo, quello degli anni del dopoguerra, molto distante dall’attuale, vorrà pur dire qualcosa se un giovane come me sente il bisogno di trascrivere i versi di Scotellaro in un collage sociale nuovo: «sono uno degli altri» significa non solo altruismo ma «parte» degli altri; «la terra mi tiene» ha tutto il peso drammatico dello sradicamento; «ma nei sentieri non si torna indietro» significa non solo che ho preso la mia strada ma anche che è la fine se non si guarda avanti; «canteremo solo dopo la raccolta» sta per una lezione politica davvero forte, un metodo di intervento sulla realtà».

Abbiamo introdotto l’anniversario del centenario Rocco Scotellaro con il numero speciale di Alias del 14 gennaio 2023 con reportage di Michele Fumagallo, Pier Giorgio Ardeni sull’occupazione delle terre, interventi di Paolo Carbone, dirigente sindacale CIA (Confederazione Agricoltori Italiani), Pancrazio Toscano (saggista ed ex sindaco di Tricarico), Amerigo Restucci (scrittore e rettore di Architettura Università di Venezia, autore di un volume sui Sassi di Matera e di una guida storica alla Basilicata, originario di Tricarico), Franco Vitelli (studioso e curatore delle opere di Scotellaro, docente all’università di Bari)