Boy meets girl (o meglio girl meets boy) è una formula che funziona sempre e così, quando Blanche (Virginie Efira) incontra Grégoire (Melvil Poupaud) a una festa, troviamo del tutto naturale che i due si bacino subito e che poi si amino appassionatamente. Anzi, gli spunti di goffaggine in cui inciampano inavvertitamente ce li rendono più vicini, quasi familiari. Il bacio è la conseguenza di una corsa in macchina con la capote calata, dell’allegria di sentirsi liberi dopo un periodo buio. E le premure di un corteggiatore determinato cadono al momento e nel modo giusti.
Il coraggio di Blanche inizia in leggerezza, con una messa in scena en plein air dove il ritmo veloce e lieve degli incontri estivi si combina con la pienezza sessuale. E questo basta. Nessuno, nemmeno lo spettatore, si fa domande: è il romanticismo che la regista Valérie Donzelli identifica nel cinema a guidare la storia.

TUTTO CAMBIA nel momento in cui la spensieratezza del presente viene scalzata dalla necessità del progetto di vita e all’aria fresca dell’estate si sostituisce il chiuso di una casa a Metz. Il trasferimento lontano da tutti e da tutto genera i primi dubbi che Blanche scaccia come si fa con un pensiero molesto, ma che lo spettatore regista puntualmente.
Quello che si è appena manifestato è l’inizio di un’escalation violenta dove la minaccia viene sapientemente combinata con la manipolazione e la tensione sale alla maniera hitchcockiana. La domanda di come può Blanche non accorgersi di quanto il marito le sta facendo ci inchioda alla sedia, assegnandoci l’unica posizione morale possibile. C’è un pericolo da cui difendersi, con tutti i mezzi possibili.

La polarizzazione delle posizioni e la riduzione ai minimi termini delle psicologie dei due protagonisti rende giustizia alla durezza del confronto e recide alla radice anche solo l’eventualità di trovare giustificazioni all’aggressività di lui o alla passività di lei. Sono questi valori dati, esemplari cristallizzazioni del maschile e del femminile che tutti possono riconoscere oggi estremi di un conflitto sempre più drammatico.
Il film è politico non perché sta dalla parte giusta, ma perché costringe lo spettatore e la spettatrice a riflettere su di sé. Occorre prendere atto che la guerra è stata dichiarata, per citare il titolo del primo successo di Donzelli, e bisogna farlo scegliendo nettamente da che parte stare, sfidando appartenenze e identità. Un film potente e coraggioso.