L’accelerazione del contagio stavolta è brusca. I 15.199 nuovi casi positivi al coronavirus in 24 ore sono quasi cinquemila più del giorno prima. Il numero quotidiano dei decessi risale fino a 127 vittime, il doppio rispetto alla media dell’ultima settimana. 177 mila test – anche questo è un record – non bastano a giustificare questi aumenti. La percentuale di test positivi su quelli eseguiti è all’8,5%, cioè al di sopra del 5% raccomandato dall’Oms per un efficace tracciamento dei contatti. In Lombardia, di nuovo al centro dell’emergenza con oltre 4.000 casi in 24 ore, la percentuale sale all’11%. Passa quasi in secondo piano l’aumento dei pazienti in terapia intensiva che adesso sono 926, cioè 56 in più di mercoledì.

Il commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri ha elencato in una nota i provvedimenti decisi per far fronte all’emergenza di ritorno. Saliranno in breve tempo a 8.288 i posti letto in terapia intensiva, cioè 1.660 più di oggi. Sarà raddoppiato l’acquisto di tamponi antigenici, da cinque a dieci milioni di pezzi, per potenziare le attività di screening. «Daremo alle Regioni molto presto la possibilità di arrivare a 200 mila tamponi al giorno» aggiunge Arcuri in un’intervista al Corriere della Sera. Ma riceve una pioggia di critiche. «200 mila tamponi bisognava darli alle Regioni tre mesi fa. Il testing & tracing è ormai saltato quasi ovunque» twitta Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe.

«Non basta dire raddoppiamo i tamponi» aggiunge il microbiologo Andrea Crisanti dell’università di Padova. «Bisogna investire per creare un sistema di sorveglianza. I tamponi sono solo una parte del problema». Secondo lo scienziato «bisogna investire in un sistema che rimane, per non sprecare decine di milioni di euro, dandoli in pasto ad aziende straniere, americane o svizzere, produttrici di reagenti». Scettico anche Gennaro Lamberti, presidente di Federlab Italia, associazione dei laboratori di analisi e dei poliambulatoriali privati convenzionati. «La verità è che il problema, ormai, non è più solo la mancanza di reagenti, che pure è palese e si avverte, ma la mancanza di organizzazione», dice. «A noi risulta che ci siano enormi problemi non solo nel processare i campioni, ma anche nella fase stessa di accettazione e di refertazione. I pazienti, ammesso che riescano ad effettuare lo screening, aspettano giorni e giorni prima di conoscere i risultati».

Le regioni vanno, come altre volte, in ordine sparso. È pronta l’ordinanza per le chiusure notturne e per la didattica a distanza nel Lazio, quasi deciso il lockdown della Sardegna, mentre l’Emilia-Romagna acquista 80 autobus per il trasporto pubblico. In Lombardia, il presidente della regione Attilio Fontana ha annunciato la riapertura delle strutture sanitarie temporanee allestite nei padiglioni della Fiera di Milano e di Bergamo», che forniranno 201 posti letto aggiuntivi di cure intensive. Tornano i focolai negli ospedali e nelle Rsa. All’ospedale “Sacco” di Milano, specializzato nelle malattie infettive, un paziente ha infettato 20 infermieri. A Borbona (Rieti) ci sono 67 casi tra pazienti e operatori nella Rsa “San Raffaele”: dopo quelli di Rocca di Papa e della Pisana a Roma, è il terzo maxi-focolaio scoppiato in una delle strutture dell’imprenditore della sanità ed ex-parlamentare di Forza Italia Antonio Angelucci