Che cosa spinge due autorevoli studiosi di sinistra a scrivere un libro sulla Juventus? Semplice tifo o il tentativo di raccontare, attraverso la storia della Juventus fino a oggi, un secolo di storia italiana dal Biennio Rosso alla massiccia emigrazione meridionale degli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso? Perché gli operai della Fiat tifano per la squadra degli Agnelli? Perché la Juve è la squadra più odiata in Italia e gode di un tifo nazionale che non hanno le altre squadre? Lo chiediamo ad Aldo Agosti, studioso del movimento socialista e comunista italiano e internazionale, e a Giovanni De Luna, autore di Rai Storia, entrambi docenti di Storia contemporanea all’Università di Torino, che abbiamo incontrato a Milano in occasione della presentazione del libro Juventus, storia di una passione italiana (Utet, € 20,00).

Quali sono gli snodi storici italiani e calcistici della Juventus che considerate più rilevanti?
Agosti: Il primo snodo importante è il 1923 con l’assunzione della presidenza della Juventus di Edoardo Agnelli, che coincide con il passaggio dal dilettantismo al professionismo. Il calcio in quel periodo diventa indicatore delle trasformazioni più profonde che avvengono nella società, imposte dall’alto di un sistema di massa che il regime fascista cerca di creare. La Juve, mai veramente allineata con il regime, allora incarna forse un certo perbenismo reazionario, ma si mostra insofferente agli sfoggi vistosi, anche volgari del fascismo, intercetta il cambiamento e getta le basi per una società solida, fino alla Juve di oggi, che vede il suo punto di svolta nell’avvento della famosa triade Giraudo-Moggi-Bettega, la quale grazie alle capacità manageriali e alla spregiudicatezza ha messo la società nelle condizioni di affrontare il passaggio importante al calcio europeo.
De Luna: La prima Juventus aveva un tessuto giovanile, liceale, goliardico, poi è diventata una squadra fordista, una catena di montaggio organizzata, in cui la fabbrica Juventus è il riflesso della fabbrica Fiat. Questa squadra finisce con il postfordismo degli anni ‘90 e l’arrivo della triade, oggi abbiamo una Juventus globalizzata. Queste tappe scandiscono la storia della Juve, ma in realtà anche la storia del nostro Paese. Per la prima parte del libro, per noi la più entusiasmante, che riguarda la storia della Juventus, è stato importante la consultazione del bollettino societario Hurrà, che pubblicava le lettere dei tifosi impegnati al fronte nella prima guerra mondiale. Forniva delle istantanee interessanti sull’interventismo, riportava metafore calcistiche applicate alla guerra, oggi avviene il contrario, le metafore della guerra applicate al calcio. Negli anni della seconda guerra mondiale, quando il campionato fu sospeso, la squadra bianconera diventa Juve Cisitalia, società degli Agnelli, il Torino diventa Fiat Torino, perché Valletta aveva assunto tutti i calciatori del Torino per evitare che fossero precettati e mandati al fronte, fu l’unico momento di organicità delle due squadre torinesi con la Fiat. Non mancava il tifo acceso, la domenica del 1° aprile del 1945, pochi giorni prima dell’Insurrezione, si diputò un derby amichevole per commemorare Pio Marchi, ex giocatore della Juventus, morto sotto i bombardamenti. In campo si scatenò una rissa tra i calciatori e anche sugli spalti, dove vi fu una violenta sparatoria, tanto che la partita venne sospesa per tre volte. L’incontro fu vinto dalla Juve 3-1.

È vero che il Torino ha un tifo più popolare e la Juve, fondata dai liceali del D’Azeglio, più borghese?
Agosti: La massiccia immigrazione dei meridionali dal sud al nord tra la fine degli anni ‘60 e la fine degli anni ‘70 del secolo scorso, ha sconvolto la gerarchia del tifo non solo in Italia, ma anche a Torino. Tra il 1966 e il 1967 saltò completamente lo schema stereotipato, che voleva i tifosi del Torino di estrazione popolare e quelli della Juventus borghesi.
Alcuni leader della sinistra sono stati tifosi juventini, Togliatti, Lama, Berlinguer e altri. Perché la squadra della Fiat «attrae» la sinistra?
De Luna: Nel tifo per la Juve c’è una radice antagonistica, che legittima ampiamente una collocazione a sinistra, c’è il contado contro la città, la provincia italiana contro il capoluogo. In occasione di una partita Fiorentina-Juventus fu esposto uno striscione allo stadio «Firenze sportiva saluta il contado bianconero». In Romagna, nella Grafagnana, in Brianza, in Campania dove sono nato, si fa il tifo per la Juventus contro il Bologna, l’Inter, la Fiorentina, il Napoli. La Juve raccoglie anche un tifo conflittuale. Quando ho cominciato a fare il tifo per la Juventus, tutta la mia famiglia era tifosa del Napoli. Può darsi che la Juve sia la squadra del Potere, potrebbe essere vero da un punto di vista culturale, ma certamente non lo è da un punto di vista dei tifosi.

La triade Giraudo-Moggi-Bettega è stato un gruppo dirigente non espressione della famiglia Agnelli. Che cosa è accaduto nell’anima della Juventus?
De Luna: Abbiamo consultato i bilanci societari, e rilevato l’escalation degli emolumenti che ricevevano Moggi, Giraudo e Bettega. Non abbiamo elementi certi per poter affermare che in quel momento vi fosse un tentativo di scalata alla Juventus, però quelle cifre sono impressionanti. Inoltre, ci sono alcune anomalie degli Agnelli che lascia la porta aperta a questo tipo di ipotesi. L’inchiesta Calciopoli, nasce da un’indagine torinese del procuratore Guariniello sul caso doping alla Juventus, nelle intercettazioni emergono le conversazioni di Moggi con gli arbitri. Guariniello trasmette al capo Maddalena gli incartamenti, rileva che non vi sono reati da un punto di vista penale, ma forse sportivo. Maddalena tiene gli incartamenti per tre mesi, poi li trasmette alla Federcalcio. Questo periodo dura poco più di un anno. Vuoi che la Juve non sapesse che cosa stesse succedendo? Ho l’impressione che la famiglia Agnelli abbia cavalcato questa opportunità, per fermare un tentativo di scalata alla società di Moggi-Giraudo-Bettega.