Con la spada di Damocle dell’udienza del 20 dicembre al tribunale civile di Milano che si avvicina, governo e Arcelor Mittal cercano un accordo che eviti le aule dei tribunali. Per farlo il ministro Patuanelli si è affidato a Francesco Caio, che già nei giorni scorsi si è incontrato con Lucia Morselli. Oggi pomeriggio entrambi dovrebbero essere al tavolo con i sindacati convocato al Mise.
Che ruolo abbia l’attuale presidente di Saipem e con quale mandato sia stato chiamato a trattare su migliaia di esuberi dell’ex Ilva è finora un mistero. Il ministero dello Sviluppo economico ieri sera confermava che «non esiste alcun incarico formale a Caio, che sta operando senza compenso». Una specie di consulenza gratuita che conferma il caos del governo nell’affrontare una questione decisiva e assai delicata come la vertenza Mittal.

Caio è sicuramente un manager con grande esperienza – Olivetti, Stet, Omnitel, Merloni, Lehman Brothers, Avio, Poste – ma mai nel settore dell’acciaio e soprattutto ha un ruolo definito in un’altra azienda a controllo pubblico come Saipem, di cui è presidente da maggio dello scorso anno.
Patuanelli ieri mattina ha confermato il ruolo di Caio con queste parole: «È un manager italiano di comprovato valore. Ritengo abbia la capacità di trattare nel pieno interesse dello Stato» e questo «potrebbe essere utile al paese». Anticipando poi che al tavolo del Mise «ai sindacati illustreremo, insieme all’azienda, l’attuale situazione, stiamo cercando di capire se c’è una soluzione di continuità produttiva, che però non può restare ancorata alle modalità produttive di prima».
Il piano di Patuanelli potrebbe essere quello di nominare Caio nuovo commissario straordinario dell’ex Ilva, ma i commissari attuali sono impegnati nella battaglia legale con Mittal e difficilmente la nomina non avrebbe strascichi.
In pratica, l’attuale presidente di Saipem già da lunedì pomeriggio sta trattando un nuovo piano industriale che dovrebbe prevedere l’ingresso di un attore pubblico – forse la Invitalia che sarà ancora guidata dall’inamovibile Domenico Arcuri – che assorba gli esuberi – fissati in 5mila da Mittal – in attesa della decarbonizzazione di Taranto e della produzione con forni elettrici al posto dei troppo inquinanti altoforni attuali.
La paura dei sindacati è che l’accordo sia già stato trovato senza che loro potessero discuterlo. «È importante che sia arrivata la convocazione anche se restiamo all’oscuro di ogni cosa – denuncia la segretaria della Fiom Francesca Re David – . Non sappiamo se il contratto è quello firmato un anno fa, e se l’accordo sindacale che era considerato vincolante sarà rispettato o meno. Una cosa è certa – avverte – non faremo i notai e non firmeremo nulla che preveda licenziamenti. La mia attesa è per fare una trattativa che parta dal fatto che gli accordi vanno rispettati. Abbiamo fatto un anno di trattativa per arrivare a zero esuberi. Non è che il sindacato arriva alla fine e come dei notai firma quanto deciso da altre parti», conclude la leader della Fiom.
Coinvolgere i sindacati è anche una esigenza del governo dopo la «tregua» siglata a Palazzo Chigi la sera del 22 novembre.
Il tempo per il negoziato concesso dal Tribunale di Milano, con il rinvio dell’udienza al 20 per pronunciarsi sul ricorso d’urgenza presentato dai commissari Ilva contro il diritto di recesso vantato da ArcelorMittal, potrebbe anche non essere sufficiente: dopo la prima serie di incontri non si esclude che possa essere necessario arrivare almeno a metà gennaio per imbastire la possibile soluzione e per valutarne la percorribilità tecnica, sindacale e politica – resta tra l’altro aperto, e tenuto al riparo dal dibattito politico, anche il nodo dell’immunità penale.
A scandire tempi e ostacoli da superare c’è anche la messa a norma dell’altoforno 2 di Taranto che per la tempistica fissata dalla magistratura va completata entro il 13 dicembre ma che richiede ancora un anno di lavoro: sulla richiesta di proroga per evitarne lo spegnimento, presentata dagli amministratori straordinari dell’ex Ilva, il giudice si pronuncerà a ridosso della scadenza dopo aver ricevuto entro il 5 dicembre la relazione del custode giudiziario e dopo il parere della procura atteso per il 9 dicembre.