In Guatemala, il Congresso ha deciso di non togliere l’immunità parlamentare al presidente Otto Pérez Molina. Non dovrà perciò rispondere alla denuncia presentata contro di lui dal deputato del partito Wuinaq, Amilcar Pop, che lo avrebbe voluto portare a processo per vari reati, tra cui quello per corruzione. Nonostante la frammentazione interna, il Partito Patriota che sostiene l’ex generale, ha deciso di ridargli appoggio. La votazione – che avrebbe richiesto l’accordo di 105 deputati per procedere contro Molina – ne ha fatti registrare solo 88 e 26 sono stati i contrari. Tutti e 23 i deputati del Partito Patriota hanno fatto quadrato intorno a «Mano dura» Molina. Da mesi, le piazze protestano per un gigantesco ammanco all’Instituto Guatemalteco de Seguridad Social (Igss) e alla Superintendencia de Administracion Tributaria (Sat). Quest’ultimo caso è più noto come La Linea e vede coinvolte le cerchie più vicine a Molina, a partire dall’ex vicepresidente Roxana Baldetti.

Le fiaccolate per chiedere un profondo rinnovamento del sistema politico e la fine dell’impunità si susseguono, ma il blocco di potere si ricompatta ogni volta che il vento del cambiamento soffia più forte. E l’opposizione finisce per pagare un prezzo altissimo.

Dopo la fine della lunga e feroce guerra civile che ha concluso 36 anni di conflitto armato, nel ’96, non molto è cambiato. Il paese è nelle mani di gruppi di potere che rispondono ai grandi interessi nazionali e internazionali, innervati alla pervasività delle mafie finanziarie e ai cartelli del narcotraffico. Dopo la decisione, nelle reti sociali – da cui sono spontaneamente partite le fiaccolate e gli scioperi degli indignados – sono state annunciate altre mobilitazioni per questo fine settimana. Il 6 settembre si terranno le elezioni generali. I sondaggi danno in vantaggio Manuel Baldizon, candidato alla presidenza per il partito Libertad Democratica Renovada (Lider). Seguono Unidad Nacional de la Esperanza (Une) e il Partito Patriota.