La forma del dialogo consente di andare al cuore del problema, di procedere per argomenti e contro-argomenti, aiuta a svelare la debolezza o le contraddizioni profonde nelle altrui posizioni. Dunque molto bene hanno fatto Nello Rossi e Livio Pepino, entrambi per lungo tempo con funzioni interne alla giurisdizione ai più alti livelli, a utilizzare la struttura dialogica nel loro bellissimo libro Il potere e la ribelle. Creonte o Antigone? Un dialogo (Edizioni Gruppo Abele). Il loro è un dialogo intorno al rapporto insoluto e insolubile tra legge e giustizia, tra il dovere di rispettare le leggi e la disobbedienza civile, tra il potere e la libertà individuale, tra la sovranità intangibile dello Stato e il rispetto universale della dignità umana, tra la legge illegittima e il dovere di resistenza. Nello Rossi e Livio Pepino, immedesimandosi rispettivamente in Creonte (che nel nome della legge vieta la sepoltura del traditore Polinice) e Antigone (che rispondendo a una diversa sollecitazione di giustizia disobbedisce agli ordini di Creonte e offre sepoltura al fratello traditore fino a pagarne conseguenze estreme) dialogano serratamente su questioni di principio rinviando paradigmaticamente alla triste attualità.

COSA ACCADREBBE in una società qualora ciascuno di noi si ritenesse legittimato a non rispettare la legge nel nome di una propria etica individuale? Può o deve la legge essere messa in discussione pubblicamente da chi si assume la responsabilità di violarla?
Nella tragedia di Antigone il tema che ritorna più spesso è quello del conflitto. Sia nella versione di Sofocle che in quella di Jean Anouilh tutto si dipana intorno ai conflitti. Il conflitto tra Antigone e Creonte è sia reale che simbolico. È il conflitto tra il corpo della donna e la legge, tra la condizione femminile e quella di uomo, tra due antropologie. È anche un conflitto tra due opposte visioni etiche ma allo stesso tempo tra due opposte visioni politiche. È il conflitto tra il governo degli uomini e il governo delle leggi, tra la nonviolenza e la violenza, tra la responsabilità sociale e l’egoismo individuale, tra l’immedesimazione e l’identità.

Il conflitto tra Antigone e Creonte è una somma eterogenea di conflitti. Se dovessimo trovare un contenitore più ampio di conflitti che li riassume tutti, con la propria scelta di disobbedire Antigone solleva il grande conflitto tra la dignità umana e il diritto. È questo un conflitto che sta tutto dentro la legge positiva e non deve essere collocato fuori da essa.

LA DIGNITÀ UMANA non è qualcosa che sfugge al diritto essendo ben all’interno del sistema giuridico. Nonostante la sua origine sia non giuridica, la sua finalizzazione è nel diritto svelandone le lacune e le fallacie. La sua forza è nell’assenza di una definizione. La dignità umana aiuta il diritto a rigenerarsi e a non chiudersi nella sua roccaforte formale. Su questo sia Rossi che Pepino sono d’accordo. Nessuno dei due si colloca fuori da questa prospettiva.
Il libro, nonostante la sua forma di dialogo, è un vero e proprio manuale del buon senso.

Un manuale di diritto ma anche un testo di deontologia professionale per chi si appresta a fare il giudice o l’avvocato. Alla fine della sua lettura chi ha sempre elogiato Antigone la ribelle comprenderà le ragioni di Creonte, il suo senso delle istituzioni, anche quando le istituzioni sono quelle giudiziarie. Dall’altra parte, chi ha sempre affermato che non si potesse dar torto a Creonte e alla supremazia della legge si troverà di fronte ad argomenti e storie che invece legittimano scelte di disobbedienza, purché si tratti di una disobbedienza rivendicata al punto da sopportarne le conseguenze legali. È questa la forza del libro, ossia la sua capacità di capovolgere le proprie originarie granitiche posizioni.

SONO QUESTI TEMPI difficili, come si evince dalla lettura del libro di Rossi e Pepino. Tempi nei quali chi salva una vita è considerato un criminale. Il dialogo tra Antigone e Creonte non può prescindere dal dato storico. È vero che il conflitto tra legge e giustizia ha un valore astratto e universale, ma è anche vero che un conto è disobbedire a in una democrazia consolidata, altro in un regime illiberale.