Phuttiphong Aroonpheng è un sorridente quarantatreenne thailandese cresciuto come direttore della fotografia, come ogni cineasta thailandese, con il cinema di Apichatpong «Joe» Weerasethakul incagliato tra occhi e polmoni, vedendolo e respirandolo come l’aria, ma avendo sempre Lynch nel cuore e Eraserhead come film dei desideri. Ed è lyncianamente leggendola allora che può meglio intendersi la sua modalità di restituzione tutta lirica, e di una liricità tutta visiva e sensoriale, di quella barbarie sanguinante che è il genocidio della popolazione Rohingya. Realtà basculante «Personalmente credo che nel trattare questo tipo di temi, i rifugiati, le grandi tragedie, la politica la funzione...