Il giorno dopo lo sgombero del Cinema Palazzo, lo spettro della «linea dura» contro le occupazioni romane, per di più in piena pandemia, continua ad aleggiare su Roma e turba le esistenze delle oltre diecimila persone che sono organizzate nei movimenti per il diritto all’abitare.

NUMEROSE OCCUPAZIONI abitative hanno ricevuto la visita di funzionari Acea che chiedono di avere accesso ai contatori di acque e luce, minacciando l’intervento delle forze dell’ordine. Dalle occupazioni si teme possa trattarsi di un primo passo verso nuovi sgomberi. «Ci ha colpito la simultaneità di questi controlli, avvenuti tra ieri e oggi in tutte le occupazioni della capitale – dice Paolo Di Vetta, dei Blocchi precari metropolitani – La cosa ci preoccupa perché è la prima volta che Acea viene di sua iniziativa. Ci deve essere un’indicazione precisa. Non vorremo si tratti di un segnale dell’attivismo della prefettura che anticipa altre iniziative di sgombero». Il riferimento al prefetto Matteo Piantedosi non è casuale, visto che il funzionario è stato capo di gabinetto del ministro dell’interno Matteo Salvini. Quando il leader della Lega sedeva al Viminale fu stilata una lista di 22 occupazioni da sgomberare. Tra loro c’era anche il Cinema Palazzo, ma in testa all’elenco figuravano le case occupate in via Tempesta (Torpignattara) e viale del Caravaggio (Tor Marancia). Dentro ci abitano quasi 500 persone. Dalla prefettura smentiscono l’esistenza di ordinanze in merito al controllo delle utenze.

INTANTO LA VICENDA del Nuovo Cinema Palazzo sembra tutt’altro che conclusa. La grande partecipazione al corteo seguito allo sgombero ha dato un segnale forte alla città. Tremila persone hanno risposto a una chiamata improvvisa, nonostante il clima e le paure dell’emergenza sanitaria. Ieri è stato scarcerato un manifestante curdo arrestato durante gli scontri che si sono verificati il in chiusura della manifestazione, quando la polizia ha detto no alla richiesta di tenere un’assemblea pubblica nella piazza antistante l’ex occupazione. Soprattutto c’è attenzione per la richiesta avanzata da Virginia Raggi dopo la retromarcia dalle esternazioni su un’improbabile equivalenza delle azioni di forza nei confronti dello spazio occupato a San Lorenzo e di quello di via Taranto, che era in mano ai neofascisti di Forza Nuova.

LA SINDACA ha chiesto di aprire un tavolo con gli assessorati Patrimonio e Cultura, Municipio II, proprietà dell’immobile e attivisti per trovare una soluzione al problema creato dallo sgombero. «Il Cinema Palazzo è disponibile a parlare con le istituzioni se non si tratta di confronti strumentali, che qualche forza politica vorrebbe magari utilizzare in una campagna elettorale che si prospetta difficile – fanno sapere dal collettivo – Qualsiasi discussione deve essere centrata sull’edificio di piazza dei Sanniti, perché negli anni è diventato un punto di riferimento per il quartiere e la città e perché dopo lo sgombero tornano ad aleggiare i fantasmi della speculazione». Arriva anche la presa di posizione di Roberta Lombardi, capogruppo del Movimento 5 Stelle e membro del comitato di garanzia grillino. Parole che suonano come una sonora critica per Raggi in merito alla vicenda. «Ha prevalso il cieco interesse del privato – afferma – Ha prevalso l’ottusa volontà di applicare la legge senza interpretarla. Essere al governo di una Regione o di una grande città significa dover far fronte a realtà complesse, analizzandole e tentando di fare chiarezza, fissando delle regole che tengano conto delle peculiarità di ogni singola situazione»

A POCHE CENTINAIA di metri da San Lorenzo, una prima risposta all’offensiva del prefetto e all’immobilismo della giunta comunale è arrivata ieri dagli studenti dell’università La Sapienza. Hanno occupato l’ex lucernario all’interno della città universitaria, dove si trovano la maggior parte delle facoltà. «Ci viene raccontato che gli spazi del nostro ateneo non sono sufficienti per garantire un rientro in sicurezza – scrivono gli studenti sulla pagina Facebook Fuori Luogo Playground – eppure questo è solo uno dei tantissimi stabili abbandonati di proprietà della Sapienza».