«Vogliamo che ci sia ancora un domani». L’invito alla giornata di mobilitazione lanciato dalle associazioni del cinema italiano – fra cui Anica, Anac, Unita, 100Autori, Wgi, Agici e Afic – ne affermava già il senso: la richiesta cioè di un tavolo col governo a fronte delle mancate risposte sul nuovo decreto del tax credit che la filiera attende da mesi. A trovarsi in difficoltà sono soprattutto le produzioni indipendenti, fuori cioè dai capitali delle multinazionali che hanno acquistato, e continuano a farlo, molte società nostrane. «La mancanza di decreti attuativi per gli addetti ai lavori ha creato una situazione di emergenza» – si legge nel comunicato delle associazioni. Che aggiungono: «Chiediamo formalmente al ministro Gennaro Sangiuliano, alla sottosegretaria Lucia Borgonzoni e al direttore generale Nicola Borrelli di considerare urgentemente le proposte del settore e promuovere un incontro a breve per attuare le necessarie riforme».

LE CINQUE sale del cinema Adriano di Roma si sono riempite quasi subito: 1500 presenze, più almeno 500 persone che hanno seguito la mattinata in streaming. Un successo. «Per la prima volta ventuno sigle insieme e una visione unica, che rappresenta la visione del settore. Non siamo qui a lamentarci ma a raccontarci. C’è stato un eccesso di produzioni, una domanda enorme dovuta alla post pandemia di prodotto dalle piattaforme, ma adesso questa domanda sta scemando. Che questa amministrazione non sia all’altezza delle necessità non è una responsabilità di questo governo, ma bisogna fare chiarezza su certe considerazioni che sono state fatte, dobbiamo evitare che ci siano concentrazione di film, di produzioni ma si deve fare in modo che ci sia spazio per tutti anche le piccole case produttive. È la prima volta che le categorie si uniscono in un documento comune. Chiederemo velocità alla pubblica amministrazione, e lo faremo con fermezza e con pacatezza. Noi ci siamo, uniti e con le idee chiare, siamo disponibili a mettere la nostra esperienza e conoscenza del settore per trovare insieme le soluzioni necessarie» ha detto dal palco Andrea Occhipinti, produttore e distributore con Lucky Red.

In Italia sono operative 9000 imprese (per lo più piccole e medie), che creano 65mila posti di lavoro, più ulteriori 114mila nelle filiere connesse. Il fatturato totale è di 13 miliardi l’anno. C’è poi il cosiddetto effetto moltiplicatore, cioè per ogni euro speso da investimenti pubblici o privati sul settore, si genera un ritorno di 3,54 euro. I ritardi di sostegno pubblico hanno causato nel primo trimestre del 2024 un arresto della produzione cinematografica e audiovisiva nazionale, con conseguenti ricadute sull’occupazione. Il primo punto è dunque sbloccare il tax credit, promesso già lo scorso settembre, i contributi selettivi e i contributi automatici. Insieme a una «certezza delle risorse, delle regole e delle tempistiche» – e alla «priorità per i selettivi a PMI, o film non ad alto budget». Per quanto riguarda il TUSMA, ovvero il Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, si chiede che «le spese di distribuzione non entrino nel computo delle quote d’investimento» e che «Rai Cinema renda pubblici gli investimenti sui singoli film e singoli diritti». Ma anche che «broadcaster e piattaforme non possano autodistribuire attraverso le loro filiali (Rai Cinema, Medusa e Vision) tutti i propri prodotti, lasciando sul mercato i diritti di sfruttamento» senza ridurre gli investimenti in Italia.

IL SETTORE dell’animazione ha sollecitato «il mantenimento dell’aliquota del 40% di tax credit alle produzioni» mentre i documentaristi italiani denunciano la mancanza di «politiche adeguate nel contratto di servizio Rai, e di tutela nel TUSMA con l’abolizione delle sottoquote per il documentario nessun incremento degli investimenti specifici da Cinecittà.

Per ora è un primo passo, e come ha sottolineato nel suo intervento Marco Bellocchio la cosa fondamentale è l’unità: «Non è mai stato possibile, nella storia del cinema italiano, lottare tutti insieme; oggi è importante utilizzare questa unità . Ho impressione che qui tutti abbiano ragione, che dicano cose sensate in rappresentazione delle categorie. Non tutti i produttori sono ricchi; e questo vale per sceneggiatori, registi e attori, scenografi, costumisti e ancora più la numerosa schiera di assistenti e aiuti che non possono essere più volontari, ma rimangono sfruttati. Non nascondiamo allora le diseguaglianze, ma cerchiamo di darci una mano in questo momento terribile per l’umanità».