C’è un tempo quasi sospeso nelle caldi estati lungo il Trebbia, a Bobbio, la campagna vicino a Piacenza. Forse perché risucchiato nel rito di una provincia rassicurante da cui lasciarsi cullare, come nelle acque fresche del fiume dove i ragazzi e le ragazze si tuffano, gridano, giocano, guardano i loro corpi crescere anno dopo anno, scoprono la sensualità e anche, almeno qualcuno, i lampi di una possibile ribellione. Lì si inseguono Sara e Giorgio, due fratelli, si amano e si odiano, si cercano e si evitano: lei continua a fuggire a Milano, sperando nella «grande occasione» della sua carriera d’attrice, lui legge Cechov, si tormenta: è attore come lei ma senza crederci.

SARA ha una figlia, Elena, affidata alle zie, due anziane signorine che l’accudiscono nella loro bella casa borghese insegnandole la religione, il catechismo mentre Sara non è neppure battezzata. Sorelle Mai (2010) – un cognome di fantasia e un gioco di parole sulla «trappola» famigliare che ha inchiodato le due sorelle a quel tempo sospeso – è uno dei magnifici film «famigliari» di Marco Bellocchio nati all’interno dell’esperienza di Fare Cinema, il laboratorio che il regista ha tenuto a Bobbio in estate coinvolgendo attori e attrici – qui ci sono Donatella Finocchiaro, Alba Rohrwacher – e la sua famiglia, le sorelle – Maria Luisa e Letizia – il figlio Piergiorgio, e soprattutto sua figlia, Elena Bellocchio, il cui passaggio dall’infanzia all’adolescenza dà il movimento a questa narrazione. Sorelle mai, che ritrova anche parti del precedente Sorelle (2006), e passaggi dei Pugni in tasca girato molto prima ma in quello stesso paesaggio si è sviluppato infatti nel corso di un decennio, tra il 1999 e il 2008 nell’ambito di questo corso. Un’esperienza unica a cui Fuori orario dedica le notti di domani e di sabato 19 – Raitre, 01.40-6.30- proponendo anche Nel nome del padre nel director’s cut del regista (più breve rispetto all’originale).

COL TITOLO Sogni della farfalla -Il cinema di Marco Bellocchio attraversa questa esperienza «famigliare, tra il laboratorio e quello che è il luogo dell’anima del regista: da La lotta (2018), la memoria partigiana che si intreccia al presente a Pagliacci (2016), l’opera, la scena e il disvelamento degli interni di una famiglia. Ma anche Vacanze in Val di Trebbia (1980), nel quale Bellocchio con la moglie e il figlio Piergiorgio «riprende» le vacanze nella casa di Bobbio mescolando il proprio vissuto alle riflessioni sulla fine degli ideali della generazione degli anni Sessanta.

E ancora Sangue del mio sangue (2015)ambientato nelle antiche prigioni di Bobbio, dove suor Benedetta viene murata viva per avere sedotto due uomini. Un gioco di specchi in cui si ritrovano gli attori dei suoi film e i suoi famigliari – come il figlio Piergiorgio nel duplice ruolo del prete e del soldato -figure emblematiche della Controriforma, e Alba Rohrwacher con Federica Fracassi, pallide al lume di candela in un altro sdoppiamento che evoca le presenze femminili pie e nubili delle famiglie. Suore e streghe, passato e presente, i poteri patriarcali dell’inquisizione e quelli delle nuove economie della globalizzazione. È Verdi la guida ideale di Addio al passato (2002) tra La traviata, i vecchi coristi, i personaggi verdiani, Piacenza e le immagini dell’adolescenza del regista e dei suoi fratelli.