Gliene hanno dette di tutti i colori: che era un marziano sbarcato dallo spazio e dunque non conosceva Roma e i romani, che era troppo di “sinistra”, quasi fosse un insulto, che avrebbe respinto il voto dei cattolici, solo perché, essendo un vero credente, rivendica con orgoglio la laicità, che civettava troppo con l’antipolitica.

E invece Ignazio Marino, il marziano di sinistra, era proprio il candidato giusto e infatti ha umiliato Gianni Alemanno che ora è alla canna del gas e ha salvato il Pd e il centrosinistra. In un quadro di forte disaffezione al voto, che ha punito tutti i partiti e tutte le coalizioni, Marino prende 80.000 voti in più della coalizione che lo sostiene e la sua lista civica conquista 70.000 voti contribuendo in modo decisivo alla vittoria pescando nell’elettorato del M5S e offrendo un riparo agli elettori delusi del Pd.

Mi piacerebbe sentire qualche parola di autocritica da parte di qualcuno dei tanti soloni che dai loro pulpiti, anche a sinistra, ne elencavano i difetti, preconizzando una rovinosa sconfitta. Quelli che erano indicati come i difetti di Marino sono in realtà le sue virtù. Essere un marziano in una città devastata da una destra rapace e predona significa presentarsi ed essere percepito come estraneo alle logiche di potere e di asservimento alle lobby; essere di sinistra vuol dire mostrare attenzione al dolore e al disagio delle persone; dirsi credente e laico è conservare la memoria delle grandi vittorie romane dei referendum sul divorzio e sull’aborto; criticare i lati peggiori della politica vuol dire fare e proporre buona politica, interpretare la voglia di cambiamento dei cittadini.

Il voto di Roma, che spicca per importanza, è anche una precisa indicazione politica: il popolo di centrosinistra ha una maturità molto superiore alle oligarchie che pretendono di rappresentarlo. Tutte le volte che è chiamato a decidere sceglie con saggezza e spezza i recinti che servono solo ai vecchi apparati di potere. Si ritrova in una voglia di unità e di alternativa. Diciamo la verità: se la decisione sul candidato sindaco di Roma fosse stata affidata ai caminetti dei leader, Marino non sarebbe mai stato scelto.

Ogni volta che il centrosinistra si affida al suo popolo è vincente, perché il consenso si allarga così, attraverso la partecipazione popolare alle scelte. Si fosse affidato ad esso anche in occasione delle più recenti scelte di politica nazionale forse Stefano Rodotà sarebbe presidente e dubito che sarebbe nato il governo Letta-Alfano.

Certamente il modello Roma è alternativo alla linea politica fallimentare degli ultimi anni e questo non potrà non pesare nel prossimo congresso del Pd che dovrebbe avere al centro più che astratte diatribe su moderati e radicali il ristabilimento di una connessione con i sentimenti profondi del popolo di centrosinistra che esiste ancora e che sa trovare dentro di sé la forza e gli uomini e le donne giuste per vincere le sfide.

L’elettorato del M5S si è rimesso in movimento, deluso dall’onanismo politico del suo leader che lo condanna all’inutilità. Il voto a Medici è stato certamente un voto di generosa e radicale voglia di cambiamento. E persino nel voto a Marchini, che ha fatto una campagna incentrata sul no al consociativismo, c’è una voglia di alternativa. Il secondo turno a Roma è tutto da giocare, ma Marino può vincere bene e dare così un forte segnale anche a livello nazionale.