«Dalla mia vittoria dipende il futuro del centrodestra». A poche ore dal ballottaggio di dopodomani e lunedì, e mentre si prepara al faccia a faccia con il suo sfidante Ignazio Marino (andato in onda ieri sera su Sky, in diretta da piazza del Campidoglio), Gianni Alemanno lancia un avvertimento. Ai suoi, più che al suo potenziale elettorato che ormai anche i bookmaker d’Oltremanica danno irreparabilmente in fuga, pronosticando, come fa il britannico Stanleybet, che il chirurgo Dem stacchi di non poco il sindaco uscente.

Alemanno, che non ha mai mostrato interesse alle spinte provenienti dai gruppuscoli della destra (ex aennini e oltre) per un ritorno al passato pre-Pdl, ricorda però alla sua area politica che solo una sua vittoria può ridare quella visibilità e quel prestigio che nemmeno Giuseppe Scopelliti, a capo della regione Calabria, è riuscito a conferirle agli occhi del popolo berlusconiano.

E se perde? Che cosa ne sarà del centrodestra? Paradossalmente, spiegano alcuni intellettuali ex camerati del sindaco con la celtica al collo, «dipende tutto da lui». Senza l’incombenza di un ruolo che proprio non gli calza, come ormai è evidente a tutti e non solo a donna Assunta, «potrebbe proporre finalmente un modello di destra non residuale e vicente di cui potrebbe essere lui stesso il punto di aggregazione, per un percorso che porti oltre il centrodestra come è attualmente».

D’altra parte è evidente che il futuro del Pdl, almeno a Roma, non è targato Berlusconi, come si è visto dal flop poderoso del Colosseo, con una piazza deserta a conclusione della campagna elettorale al primo turno. E anche questo è un motivo di disinteresse da parte del Cavaliere, malgrado Alemanno giuri e spergiuri che così non è: «L’appoggio del Pdl è pieno – ha detto ieri a una radio romana – Berlusconi è sceso in campo con il mezzo che lui preferisce, la televisione. Vuol dire che è partecipe di questa campagna elettorale. Per noi è molto importante. Tutto il partito è al lavoro per vincere il ballottaggio. E tutti sanno che non possiamo consegnare Roma a Marino». Tutti lo sanno, e per questo spingono compatti sul “dossier” apparso in serata sul web, una «macchina del fango» contro Marino, di indubbia provenienza.

Ma proprio per evitare di bissare il flop, Alemanno ha scelto per stasera una chiusura di campagna itinerante, con un tour di cinque piazze: dall’Eur a Pietralata, da Prati a Ostia passando per Monte Spaccato. Non prima di aver salutato però, ieri mattina, al Teatro La Cometa alcuni dirigenti del Comune di Roma. Non tutti, come è prassi per il sindaco uscente: solo quelli più vicini alla sua area politica. Distribuendo loro volantini sulla sua «Operazione verità in Campidoglio». Marino invece chiuderà la sua maratona elettorale a Piazza Farnese, con una scelta ben precisa degli amministratori di centrosinistra da far salire sul palco: la governatrice del Friuli, Debora Serracchiani, quello del Lazio, Nicola Zingaretti, il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia e quello di Cagliari, Massimo Zedda.

Che Alemanno sia «disperato», come dice il democratico Enzo Foschi, lo si capisce con i manifesti elettorali a titoli cubitali con cui ha tappezzato le strade di Roma: «Zingaretti invita a votare Alemanno». Un escamotage per attrarre l’attenzione (ma di chi?) che gioca sull’omonimia: non è Nicola, governatore del Lazio, ma Alessandro, capogruppo uscente del II Municipio. Un gioco ben riuscito.

Non è un gioco invece l’ultima affermazione di ieri: «Ho denunciato tutte le occupazioni illegali che oggi esistono nella nostra città e ho chiesto al prefetto di intervenire. Bisogna che Roma si liberi dalle occupazioni, non per fatti astratti ma per dare un criterio preciso: le case vanno a chi se le merita». Parola di Alemanno.