Se dietro il bancone di un bar di provincia vedete spuntare il viso barbuto di Filippo Timi, l’incorniciato incantato della bella (e formosa) «aiutante» – scelta per abbassare l’età media del cast, intorno a un tavolino quattro toscanacci pensionati dalla battuta facile e dalla «mente» indagativa fervida, beh non siete preda di un allucinazione. Siete capitati nel bel mezzo de I delitti del BarLume, due film tv ricavati dai romanzi di Marco Malvaldi, fenomeno editoriale delle ultime stagioni che insidia – nelle classifiche – i casi dell’ispettore Montalbano.

Ma il filo rosso che lega i due «commissari» è doppio: l’editore – Sellerio e il produttore Carlo Degli Esposti che dover aver letto i romanzi dello scrittore pisano ha proposto subito l’idea a Sky. Ne sono nati i due episodi che andranno in onda l’11 e il 18 novembre alle 21.10 su Sky CInema 1 Hd. Per chi non avesse letto i libri di Malvaldi, sappiate che l’ambientazione è nell’ immaginaria località di Pineta (in realtà Marina di Campo all’Isola d’Elba), provincia toscana, con i suoi personaggi curiosi – i quattro anziani del bar, uno dei quali è lo zio del proprietario Massimo, il barista (Filippo Timi), che ha lasciato gli studi universitari da matematico, e ora gestisce il bar del paese «a modino», consigliando i clienti («mai servire un cappuccino dopo le tre del pomeriggi!») con un personale complicato: una moglie dalla quale si è appena separato e la bella banconista, per la quale nutre un certo trasporto amoroso.

A scuotere il torpore chiassoso sono ovviamente i delitti, nel primo I re dei giochi un incidente d’auto che causa la morte di madre e figlio e che in realtà nasconde ben altro. La soluzione – inaspettata – ovviamente arriverà nel finale, ma i plot «gialli» – in realtà – sono un pretesto che serve a Malvaldi per tratteggiare con arguzia una storia italiana di provincia, mettendone in risalto pregi, vizi e protagonisti.

E la trasposizione dalla parola scritta al piccolo schermo funziona, grazie a un’ottima scrittura del progetto coordinata da Francesco Bruni (l’autore di molti film di Virzì), la regia di Eugenio Cappuccio e la scelta del cast. A partire da Filippo Timi – il «barrrista» con due r toscane con l’indole da detective, alla sua prima esperienza da protagonista per il piccolo schermo che bleffa: «Ho accettato subito il ruolo» e poi messo alle strette da Degli Esposti, ammette di averci pensato un po’. «Forse è perché sono snob- sottolinea con ironia – il fatto è che temo i lavori fatti in fretta a scapito della qualità. Ma non è questo il caso, anzi».

Insieme a Tiziana (Enrica Guidi, la barista), il commissario Fusco (Lucia Mascino, nel passaggio dalla saga letteraria al piccolo schermo ha «perso i baffi» ed è diventata donna…), il vero elemento aggiunto sono i quattro over 70 del BarLume, ovvero Pilade (Atos Davini), Gino (Marcello Marziali), Aldo (Massimo Paganelli) e Ampelio, il compianto Carlo Monni, attore e caratterista di culto della comicità toscana da poco scomparso. «La mancanza di Carlo è forte – spiega Cappuccio – anche se il rapporto con lui all’inizio è stato difficile, lui aveva questa calata fiorentina molto forte e io gli ho chiesto di chiudere un po’ le vocali. Poi è scattata la molla e ci siamo capiti».