Ok, ad amministrare, i grillini sono delle vere schiappe ma se hanno vinto il referendum è perché a far di conto non li batte nessuno: quelli hanno calcolato in 80milioni l’anno i costi di Camera e Senato e zac! Il 70% degli italiani ha gettato nel cesso l’acqua sporca delle spese inutili col bambino della democrazia parlamentare. Compagno di merende Zingaretti, che però chiede una nuova legge elettorale e con Renzi, Calenda e Berlusconi blatera di collegi, listini, preferenze e soglie di sbarramento come niente fosse.

Forse a ‘sti poltronari sfugge che tra allestimento dei seggi, personale, informatica, logistica, viaggi e telecomunicazioni, di norma le elezioni gravano sul Ministero dell’Interno per 315 milioni di euro, 38 milioni su quello dell’Economia, 33 su quello degli Esteri e 14 su quello della Giustizia. Totale: 400 milioni bruciati a elezione. Ma vi rendete conto quanti ospedali, ambulanze, barelle, protesi dentarie, bastoni per ciechi e stivaletti per piedi equini ci potevamo comprare con tutti quei soldi? Per fortuna che Grillo c’è. E per quanto Elevato, resta sempre coi piedi per terra e il pallottoliere in mano: «se invece di eleggerli », dice lui, i deputati li sorteggiamo, non spediamo 400 milioni di euro ma sui 347mila lire mancia inclusa». Aggiungendo da buon genovese che la mancia è facoltativa.

Il pensiero va allora al suo predecessore Clistene che battuta ad Atene la casta degli oligarchi impose un Consiglio scelto alla carta più alta, e tribunali con giudici che si giocavano il posto allo stecchino più lungo e poi affibbiavano l’ostracismo a presunti politici corrotti senza bisogno di prove. Certo, poi il primo a beccarsi l’ostracismo fra capa e collo fu proprio Clistene… ma vai a far del bene. La cosa non scoraggia l’Elevato e nemmeno il super-ortodosso Dibba, che anzi rilancia: «a conti fatti», dice lui, «il sorteggio sempre 347mila lire costerebbe, possibile non ci siano soluzioni più economiche?»
Scartando «a chi piscia più lontano» per le troppe birre da pagare, e «a chi mangia più cannoli siciliani» per i prezzi esorbitanti delle pasticcerie siciliane a Roma, ci sarebbe, propone Dibba, il tiro alla fune, ma i super-super-ortodossi gli fanno giustamente notare che una buona fune, oggi come oggi non te la regala nessuno. Il pallino passa allora alla piattaforma Rousseau dove è in vantaggio «a chi resiste di più con la testa sott’acqua», poiché a chi stravince non gli paghiamo manco lo stipendio.
Basta lasciarlo nella vasca a testa in giù.