Susanna Camusso e parte dei dirigenti di Sel propongono di creare un partitone unico di sinistra (o di centrosinistra?). Ma salire rapidamente sul carro del vincitore non può risolvere la difficile crisi italiana. E il successo elettorale di Renzi probabilmente ha già toccato il suo apice perché questa Unione europea è andata a destra e difficilmente invertirà la sua politica deflazionistica, e perché con questo pesante vincolo il premier difficilmente riuscirà a rilanciare l’economia. In questo contesto la sinistra italiana, dopo il successo della lista Tsipras, ha l’occasione di costruire finalmente una forza politica autonoma che rappresenti l’alternativa per l’Italia.

Renzi ha ottenuto più successo di quanto sperasse. Il 40% dei votanti (cioè meno del 25% dell’elettorato italiano considerando anche gli astenuti) lo ha promosso perché è apparso come l’unica speranza possibile per le famiglie italiane. Mentre aumenta la disoccupazione, la desertificazione produttiva e la disperazione sociale, la promessa di Renzi è di trasformare l’Italia in “un paese che ce la fa”, in cui è possibile aumentare l’occupazione, dare un reddito alle famiglie, garantire i pensionati, rilanciare la scuola, dare lavoro ai giovani, ecc, ecc. Peccato che le sue politiche e la politica economica europea vadano in direzione opposta. Le riforme di Renzi sono in realtà delle contro-riforme liberiste e seguono sostanzialmente i diktat europei, anche se sono condite da proclami populistici.

Renzi ha concesso 80 euro prima delle elezioni e promette di tagliare le spese pubbliche per la politica e i partiti, di tagliare insieme la tivù pubblica e gli stipendi dei manager, e di ammodernare la pubblica amministrazione riducendo il perimetro dello stato. Ma, populismo a parte, le sue riforme economiche di fatto consistono, come vuole l’Europa, di tagli ai servizi pubblici e ai bilanci degli enti locali, di precarizzazione del lavoro e di privatizzazioni.
Il presidente del consiglio ha avviato anche (contro)riforme istituzionali che cancellano la legittima rappresentanza delle minoranze in Parlamento e eliminano sostanzialmente anche il Senato. Come Berlusconi, vorrebbe diventare l’uomo solo al comando, con mire presidenzialistiche. Tuttavia l’austerità imposta dall’Europa potrebbe fare mancare a Renzi le sue promesse e disilludere così il suo elettorato.

E’ esemplare la parabola di Monti. Il professore liberale era molto popolare all’inizio del suo governo ma non ha mantenuto le promesse di ripresa, ha seguito passo per passo i vincoli assurdi dettati dall’Europa, e, nonostante fosse puntellato dal Capo dello Stato, dopo qualche mese è stato praticamente cacciato dalla scena politica.

Difficilmente Renzi potrà mantenere i suoi impegni nel contesto di una Ue e di una Bce che pretendono tagli alla spesa pubblica e l’esasperata flessibilità del mercato del lavoro. La Merkel potrebbe forse fare qualche concessione minore e Mario Draghi allenta i cordoni della borsa della Banca centrale per non soffocare completamente l’economia europea. Ma purtroppo è improbabile che la tendenza alla depressione economica si inverta e che l’economia e l’occupazione riprendano.

L’euro è e rimarrà una moneta soggetta a crisi e che genera crisi perché presuppone una politica monetaria identica (e deflattiva) per 18 economie molti diverse tra loro e sempre più divergenti. I mercati prima o poi approfitteranno della sua debolezza intrinseca. Per cambiare la politica europea il governo dovrebbe chiedere la modifica dei trattati. Merkel ha vinto le sue elezioni sulla linea dell’austerità per i “popoli fannulloni” del sud. E per cambiare i trattati europei occorre l’unanimità di tutti i 28 paesi Ue. I trattati e le regole del Fiscal Compact e del Six Pack sono ferrei e vincolanti. L’instabilità europea è quindi purtroppo destinata ad aggravarsi e le crisi potrebbero risorgere improvvisamente per qualsiasi motivo (crisi greca, crollo di una banca europea, crisi cinese, guerra in Ukraina, ecc).

In questo contesto si aprono spazi per una sinistra in grado di rappresentare una alternativa credibile. La lista Tsipras ha conquistato, seppure faticosamente, in soli due mesi oltre un milione di voti. La sinistra italiana dovrebbe avere l’ambizione di diventare forte come Syriza (26% dei voti) o anche come la Linke tedesca, il Front de Gauche in Francia, la Sinistra Unida e Podemos in Spagna – formazioni unitarie che hanno ciascuna poco meno del 10% -. Non è vero che in Italia la società civile è addormentata e che siamo un popolo di coglioni e di pensionati rimbambiti. I movimenti per l’acqua pubblica, contro il nucleare, contro la manipolazione della Costituzione, dimostrano che esiste un ampio e maggioritario popolo progressista ma che manca una valida sponda politica e istituzionale che lo rappresenti.

La leadership di sinistra è tuttora carente, confusa, divisa, aristocratica e continuamente strattonata dalle sirene del centrosinistra da una parte e del ribellismo grillino dall’altra. Ma la sinistra riformista deve sforzarsi di trovare rapidamente una sua identità autonoma e un programma (soprattutto economico) in sintonia con il sentimento di repulsione e di rivolta popolare se vuole contare davvero in Italia.

Il successo della sinistra europea di Tsipras nel Parlamento europeo è importante e prezioso ma non potrà certamente ribaltare le politiche della Ue. L’opposizione sarà dura ma occorre lottare per recuperare la sovranità democratica e nazionale di fronte al potere anti-democratico della finanza internazionale, della Ue intergovernativa e dei tecnocrati della Troika. Solo così la protesta salirà a livello europeo e riuscirà a cambiare le politiche della Ue.

Sarebbe irresponsabile lasciare a Grillo e alle destre il monopolio della disperata protesta dei lavoratori più deboli e meno protetti. Non dimentichiamo che la Lega, alleata dei quasi-fascisti francesi, è rinata in pochi mesi grazie all’opposizione dura all’euro di Maastricht e alla Ue.
I movimenti e i partiti che hanno sostenuto la lista Tsipras hanno la possibilità di promuovere una nuova formazione unitaria di sinistra senza settarismi, scivolate e trasformismi.