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Il capo dello stato non è un demiurgo

Il capo dello stato non è un demiurgoSergio Mattarella – LaPresse

Non abbiamo ancora la fumata bianca per l’esecutivo. Mattarella concede qualche tempo, ma intanto un avviso: niente sconti, e difesa delle sue prerogative. Cosa può fare davvero? Ha richiamato Pella […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 15 maggio 2018

Non abbiamo ancora la fumata bianca per l’esecutivo. Mattarella concede qualche tempo, ma intanto un avviso: niente sconti, e difesa delle sue prerogative. Cosa può fare davvero?

Ha richiamato Pella come primo governo del Presidente, espressione piena del potere di nomina ex art. 92 della Costituzione.

Andava però anche detto che la nomina seguì alla fiducia negata (Camera, 28 luglio 1953, 263 sì, 282 no) a De Gasperi. Questi era stato il 16 luglio nominato presidente di un monocolore democristiano dopo le elezioni del 7 giugno, segnate dal durissimo scontro concluso con il fallimento della legge-truffa. Lo stesso Pella presentò (Senato, 22 agosto 1953) il suo governo come «fatalmente limitato nel tempo», la cui scadenza «in buona parte dipenderà da voi, onorevoli rappresentanti del popolo» in attesa del raggiungimento di un «accordo su una determinata formula».

Il precedente può leggersi solo nel senso di un potere eccezionalmente necessitato dalle circostanze e funzionale al recupero di una normale dialettica tra le forze politiche parlamentari.

Mattarella orgogliosamente afferma che il Presidente non è un notaio. Ha ragione, in parte. Ma nella formazione del governo è chiamato a conferire l’incarico e poi la nomina a chi ha in prospettiva una maggioranza per la fiducia. Chiedere numeri certi per quella maggioranza è probabilmente il limite estremo del ruolo presidenziale. Incarico e nomina non possono essere negati per una valutazione di inadeguatezza della persona o della composizione della maggioranza.

Le tensioni sul ruolo presidenziale nella formazione del governo sono state evidenziate dai sistemi elettorali maggioritari insieme al mantra sul voto come elezione di un leader con la sua maggioranza.

Ne viene compresso il potere presidenziale, che non può collidere con la volontà del popolo sovrano. Il problema si pose già con il Mattarellum e il I governo Berlusconi (1994), che vide forti polemiche per l’entrata a Palazzo Chigi degli eredi del fascismo, e la veemente accusa al presidente della Repubblica Scalfaro di aver tradito gli elettori con la successiva nomina del governo Dini.

Il punto diventa esplicito con il Porcellum (2005) che, mentre crea artificialmente con il premio una maggioranza certa, e chiede ai partiti o gruppi politici che «si candidano a governare» l’indicazione del «capo» della forza politica o della coalizione, ipocritamente afferma che «restano ferme le prerogative spettanti al Presidente della Repubblica previste dall’articolo 92, secondo comma, della Costituzione». Potrebbe mai il capo dello stato nominare – in vista della fiducia – altri che il «capo» con la maggioranza numerica garantita? In una prima stesura del Porcellum pare che richiedesse espressamente di indicare il candidato alla presidenza del consiglio, formula poi – si dice, per le rimostranze di Ciampi – modificata nel senso dell’indicazione del «capo», e successivamente mantenuta. Ma la sostanza del problema è rimasta tal quale.

Ovviamente, è possibile la moral suasion, con la richiesta di approfondimenti e verifiche. Pare che Mattarella porrà in specie attenzione ad alcuni ministeri (interni, esteri, difesa, economia). Lo faccia. Ma non acquisirà in tal modo una supervisione sull’indirizzo politico. Potrebbe solo nell’immagine essere un garante verso l’Europa, o della continuità del quadro delle alleanze. Ma non avrebbe titolo a contrapporsi formalmente agli indirizzi dell’esecutivo, che vanno contrastati nella politica. Quanto all’articolo 81 della Costituzione, è consolidata la prassi del rinvio di una legge alle camere per la mancata copertura della spesa. Il problema vero, però, non è tanto l’assenza di qualsiasi copertura, quanto la «qualità» di una copertura pur prevista. Che dire, ad esempio, di una copertura affidata alle risorse derivanti dalla lotta all’evasione fiscale?

Capiamo il mite ruggito di Mattarella. Ma chi teme uno scivolamento a destra del paese con il governo gialloverde non si illuda di trovare sul Colle il fulcro di una insuperabile resistenza. Si prepari invece alla battaglia.

Del resto, il capo dello stato non è un demiurgo, ed è bene che sia così. Il demiurgo non piaceva a chi ha scritto la Costituzione, non piace a noi, e faremo tutto il possibile perché non piaccia ai nostri figli e nipoti.

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