Il bue che non vuole bere
La nostra millenaria convivenza con gli altri animali ci ha regalato decine di proverbi. Uno di quelli che mi piace di più riguarda la testardaggine di alcuni di loro quando […]
La nostra millenaria convivenza con gli altri animali ci ha regalato decine di proverbi. Uno di quelli che mi piace di più riguarda la testardaggine di alcuni di loro quando […]
La nostra millenaria convivenza con gli altri animali ci ha regalato decine di proverbi. Uno di quelli che mi piace di più riguarda la testardaggine di alcuni di loro quando noi cerchiamo di farli bere. Proverbi che vengono da ogni luogo e da ogni epoca, dal nord al sud d’Europa, e tutti derivano dal detto latino bos ad aquam tractus non vult potare coactus, grossomodo puoi portare il bue all’acqua ma non puoi costringelo a bere se non vuole. In Sicilia c’è un detto molto usato che cambia categoria ed entra direttamente in chiesa per far capire lo stesso concetto, cioé che puoi impegnarti quanto vuoi ma certe volte è inutile: «è inutile ca ‘ntrizzi e fai cannola, ca ‘u santu è di mammuru e non ‘un sura», è inutile che intrecci e fai boccoli, il santo è di marmo e non suda, dedicato alle inutili manovre seduttive della donna verso chi non ne vuole sentire parlare. Questi detti popolari mi sono galleggiati in testa quando ho letto su un quotidiano romano online una notiziola di cronaca apparentemente insignificante ma terribilmente esemplificativa delle abitudini dei nostri contemporanei. All’ippodromo delle Capannelle, giorni fa, era in programma l’esibizione di Coez, rapper nostrano originario del sud. Non lo conosco, magari l’ho sentito in radio, comunque è molto apprezzato, visto che sono stati venduti 33 mila biglietti. Il titolo della notizia era «Capannelle in tilt per Coez, l’altra faccia del caos: ci sono treni e navette ma tutti vanno al concerto in auto». Il sottotitolo spiega, girando il coltello nella (mia) ferita: «Organizzatori inascoltati: i treni messi a disposizione vuoti, le navette (gratuite) da Anagnina (capolinea metro A, neanche 2 km da Capannelle, ndr) inutilizzate». Il concerto è iniziato in ritardo perché metà del pubblico era in giro a cercare parcheggio, seppellendo di lamiera i quartieri limitrofi, fino a Statuario (circa 2 km dall’ippodromo). L’organizzazione aveva pubblicizzato ampiamente la disponibilità di treni (la stazione è a 650 metri dall’ingresso) e navette, pubblicando anche un meticolosissimo vademecum a prova d’idiota. Niente: bos ad aquam tractum, appunto. Tutti hanno pensato «e che ce vo’, annamo a Capannelle in maghina», facendo il consueto disastro. Il mio plauso all’organizzazione, ma è disperante vedere che ‘sti somari non vogliono bere l’acqua di una mobilità differente. Lo stesso giorno in cui vengo contuso da questa notiziola tutto sommato innocua ma per me significativa appare nel papiro Facebook il post di una mia collega molto brava: con il rinforzo di una decina di hashtag di smadonnamento ci faceva sapere che gli era saltato il concerto di Beyoncé all’Olimpico perché non aveva trovato un taxi alla stazione Termini. Siccome lei ha una forma fisica eccezionale, si avvicina ai 60 ma a guardarla le dai 35 anni al massimo, incautamente intervengo, suggerendo l’uso della bici per la prossima volta. Per caso non incorro nelle sue ire social e mi risponde gentilmente che da casa sua all’Olimpico «neanche a 20 anni» ce l’avrebbe fatta in bici. So che abita a S.Giovanni, e so anche che da quel quartiere allo stadio Olimpico, seguendo il percorso diretto che solo in bici ti puoi permettere, sono appena 9 km. Un uomo a piedi fa 5 km l’ora, in bici tra i 15 e i 20 con la stessa energia usata per camminare, il che vuol dire mezzora di bici per andare a vedere Beyoncé, e tra l’altro non avere nessun problema di parcheggio. Avrei voluto citarle Ivan Illich ma mi sono trattenuto: «L’uomo in bicicletta può andare tre o quattro volte più svelto del pedone, consumando però un quinto dell’energia: per portare un grammo del proprio peso per un chilometro di strada piana brucia soltanto 0,15 calorie. La bicicletta è il perfetto traduttore per accordare l’energia metabolica dell’uomo all’impedenza della locomozione. Munito di questo strumento, l’uomo supera in efficienza non solo qualunque macchina, ma anche tutti gli altri animali». Ma gli animali di cui parlo, ahinoi, di bere quest’acqua non ne vogliono proprio sapere.
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