Il tema del fantastico ha stimolato da sempre la fantasia dei compositori. Stilare una lista completa di tutte le sinfonie o le canzoni che ne sono state ispirate è un compito ozioso e poco stimolante. Diverso è percorrere un viaggio che porterà l’ascoltatore dalla musica classica più armoniosa all’heavy metal più scatenato, attraversando stili, influenze e accordi diversissimi, all’apparenza non accomunabili, ma uniti da un sottile fil rouge, quello del fantastico e di tutte le sue mirabilie da luna park alla Ray Bradbury.

ARRIVA MEFISTOFELE
Il diavolo è al centro di molti racconti popolari. Basti pensare alla presenza di diversi ponti sparsi in tutto il mondo, dalla vicina Svizzera al più lontano Messico, che testimoniano il passaggio o in molti casi l’allontanamento, del maligno. Il più influente testo di letteratura sul tema è senza dubbio il Faust, un celebre dramma in versi di Johann Wolfgang von Goethe, scritto nel 1808. È la storia di un uomo che stringe un patto con il diavolo. Il motivo è comune e risale al medioevo, ma qui si aggiunge un elemento prettamente cinquecentesco: Faust fa un patto con Mefistofele per conoscere e studiare la Natura, e non perché ricerca ricchezze, piaceri o potere. Per soddisfare la sua sete di conoscenza è disposto a consegnarsi al diavolo.
Carl Maria von Weber (1786-1826), affrontò lo stesso tema con un singspiel, Il franco cacciatore (Der Freischütz), in tre atti su libretto di Johann Friedrich Kind, scritto tra il 1817 e il 1821. Nell’opera sono presenti elementi del fantastico e del diabolico come la comparsa notturna del maligno in una selva, la voce degli spiriti, la notte che circonda tutto. Il tema dell’opera è tratto da alcune leggende popolari locali, presenti anche nel Gespensterbuch di Johann August Apel e Friedrich Laun, ma non solo: molte delle sue arie furono ispirate proprio dalla musica popolare tedesca. Il singspiel era un genere operistico in voga tra il XVIII e il XIX secolo, sorto e sviluppatosi in area tedesco-austriaca, caratterizzato dall’alternanza di parti recitate e parti cantate.
A differenza dell’opera italiana, che prevedeva recitativi cantati, nel singspiel i recitativi sono invece recitati, in lingua tedesca, come nel teatro di prosa. Questo dona all’opera di Carl Maria von Weber un’atmosfera vicina alle opere alle quali si ispira, le favole da focolare. L’opera è ambientata in Boemia nella prima metà del Seicento e vede al centro della storia il guardiacaccia Max, che per vincere una gara di tiro al bersaglio che gli consentirà di sposare l’amata Agathe, si mette d’accordo con Kaspar, cacciatore dedito a riti magici, che intende proporgli dei proiettili stregati per vincere facilmente la competizione. Kaspar è infatti in relazione con Samiel, il cacciatore nero, che simboleggia il demonio, a cui ha ceduto l’anima. Il patto impone che Kaspar, per vivere ancora, debba cedere a Samiel un’altra anima, ed egli propone quella di Max. La vicenda del cacciatore che vende al diavolo l’ anima, in cambio di pallottole stregate, segna l’ingresso nella storia della musica di una colorazione scura, misteriosa, come uscita da un sortilegio capace di contaminare con i suoi temi persino l’esecuzione degli strumenti (i clarinetti, i violoncelli, il tremolo degli archi del Franco cacciatore sono per il romanticismo musicale tedesco ciò che il Soleil levant di Monet sarà per l’ impressionismo pittorico francese). Per inciso il rapporto blues/diavolo è un classico della musica popolare ma per questioni di spazio merita una trattazione a parte.

SINFONIE
Molti artisti furono influenzati dal Der Freischütz e, tra questi, Hector Berlioz. All’età di 27 anni il musicista scrisse la Sinfonia fantastica: Episodio della vita di un artista in cinque parti, op. 14 (Symphonie fantastique: Épisode de la vie d’un artiste, en cinq parties, op. 14), una sinfonia a programma per orchestra, eseguita per la prima volta il 5 dicembre 1830. L’opera è divisa in varie scene che interpretano i sogni, i ricordi, le sensazioni, l’angoscia, la malinconia e la gelosia di un giovane artista che cerca di scordare il suo doloroso amore.
Nell’ultimo tempo, Sogno di una notte del Sabba, il musicista trasporta il protagonista nel bel mezzo di un sabba di streghe, in un corteo lugubre e solenne. In questa parte conclusiva su un costante metro di 6/8 si susseguono ininterrottamente quattro «quadri»: nel primo, dopo un preambolo, una distorsione triviale della idée fixe, si rendono grotteschi i tratti assunti dalla fisionomia della donna amata, non più pia e pura Madonna, ma oscena parodia di essa; il secondo è fondato su una caricatura del Dies irae, l’inno gregoriano per la sequenza dei defunti; il terzo è la Ronde du Sabbat, un vorticoso fugato; il quarto (Dies irae et Ronde du Sabbat ensemble) comincia con un’allucinata sovrapposizione della sequenza gregoriana sul fugato, per chiudersi con una trionfante apoteosi.
La storia della veloce seppur tormentata e tempestosa creazione della Symphonìe fantastique è assolutamente indicativa della personalità del giovane Berlioz, dei suoi atteggiamenti byroniani, della sua tendenza a confondere arte e vita, del suo desiderio di colpire l’immaginazione, della sua passione per l’abnorme, della sua concezione teatrale della musica, da cui scaturisce una sinfonia che non si basa su concatenazioni e sviluppi musicali consequenziali, secondo i principi classici, ma si presenta divisa in scene, seguendo un’organizzazione drammatica fatta di contrasti, addensamenti e scioglimenti, come un vero dramma.

NOTTI D’ESTATE
Fantastiche sono le note che Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809- 1847) scrisse per Sogno di una notte di mezza estate, commedia composta da William Shakespeare nel 1595. Il poeta e drammaturgo inglese assimila in essa il mondo della fiaba e quello ugualmente magico dell’amore giovanile: due coppie d’innamorati di cui uno ama la donna dell’altro e una ama l’uomo dell’altra; tutto si svolge in un mondo fantastico e come per magia, grazie al piccolo Puch, tutto si risolverà in un sogno di una notte d’estate.
La storia è ambientata nell’incanto di un bosco ateniese popolato da fate e folletti che coinvolgono nei loro litigi amorosi due coppie di innamorati-rivali e un gruppo di villici intenti a provare un dramma da recitare per le nozze di Teseo e Ippolita. La commedia si sviluppa con i ritmi di un balletto, con vari intrecci e con effetti fantastici che la rendono molto festosa. Per concludere poi come non citare Ludwig Van Beethoven e la sua sonata Al chiaro di luna; passionale e coinvolgente melodia definita dallo stesso compositore, in relazione al quadro di Edvard Munch Chiaro di luna, «una barca che esplora ai raggi del chiarore lunare, le sponde del lago dei Quattro Cantoni». Questo soprattutto quando, a luci spente, varchiamo, joypad in mano, i sinistri corridoi della Spencer Manson di Resident Evil. Lì Jill Valentine, incurante degli zombi e degli orrori genetici made in Capcom, suona sognante, al pianoforte, proprio Al chiaro di luna, sdoganando in un attimo musica, letteratura fantastica e quadri lunari, ad una generazione, quella X degli anni Novanta, che si nutriva per lo più di Dylan Dog e Iron Maiden.

LE TERRE DI TOLKIEN
La musica esiste nelle opere di Tolkien? Ovviamente sì. Pensiamo alle ballate cantate nelle taverne della Terra di Mezzo o al personaggio di Tom Bombadil, protagonista di alcune poesie musicate.
Molti gruppi, a partire da metà degli anni Sessanta, si sono ispirati a questo testo letterario creando canzoni dall’aspetto estremamente politico. I campus Usa avevano d’altronde adottato la trilogia de Il signore degli anelli come modello di controcultura e lotta a un prototipo militarista e tecnocratico. Quando, sui vestiti degli studenti apparivano spillette con la scritta «I’m with Frodo», «Io sto con Frodo», significava soprattutto la vicinanza al piccolo hobbit, non solo un personaggio di fantasia ma simbolo di una lotta che non accettava di essere fermata; allo stesso modo di Davide contro Golia, il piccolo hobbit dava filo da torcere a una potenza malvagia immensamente più potente, brutale e seducente di lui, senza cedere mai. Questo era esattamente come si sentivano gli hippie: piccoli, a prima vista inermi, in lotta contro una potenza militarista che pareva imbattibile, il governo e l’esercito degli States, ma decisi a non piegarsi. Uno dei primi esempi di brani ispirati dalle opere di Tolkien è To Isengard, contenuta nel disco solista di Jack Bruce, Songs for a Taylor, pubblicato nel 1969. È l’heavy metal il genere che però più di ogni altro si ispira alle atmosfere della Terra di Mezzo. Basti solo pensare all’altissimo numero di band che hanno preso il nome da un personaggio, luogo o elemento del corpus de Il signore degli anelli, oltre cinquecento. Esistono gruppi come gli Angmar, gli Arwen, i Rivendell e gli Oakenshield o formazioni come i Summoning che sono arrivati anche a scrivere in Ork, la lingua di Mordor, Mirdautas Vras, un’intera canzone. L’album più celebre per gli appassionati è Nightfall in Middle Earth dei tedeschi Blind Guardian. Al momento della pubblicazione, nel 1998, la band non era nuova a canzoni di matrice tolkieniana, con pezzi come By the Gates of Moria, Lord of the Rings e The Bard’s Song o In the Forest. Nightfall è un concept album basato interamente sul Silmarillion nel quale si riprendono alcuni degli episodi più famosi del libro, in rigoroso ordine temporale, ripercorrendo la storia dalla creazione dei Silmaril fino alla Battaglia delle innumerevoli lacrime (Nìrnaeth Arnoediad). Tra tutte le band che amarono Tolkien, per fama e importanza, svettano però i Led Zeppelin, che nei loro primi anni scrissero più di una canzone ispirata a questo autore. L’elenco comprende The Battle of Evermore, Misty Mountain Hop e Ramble On, ma qualcuno addirittura ha ipotizzato che alcune parti di Stairway to Heaven contengano riferimenti nascosti al mondo di Tolkien. La scala per il paradiso potrebbe essere infatti il Taniquetil, il monte più alto della Terra da cui Manwe, il signore dei Cieli, sorveglia le terre abitate da elfi e uomini.
Uscendo dal mondo di Tolkien, ma restando nelle influenze letterarie del metal è curioso citare The Call of Ktulu dei Metallica, ispirata a The Call of Cthulhu di Lovecraft. C’è la leggenda che nella canzone sia menzionato «Ktulu» e non «Cthulhu» a causa di una maledizione: secondo Lovecraft, pronunciare il nome incriminato evocherebbe il mostro. Ma è più probabile che sia una questione di copyright.

ANCHE DANTE
La Divina commedia è senza dubbio uno dei testi più studiati e odiati dagli studenti italiani, persi in parafrasi a volte ostiche, ma anche uno dei libri più interessanti, meglio scritti e denso di elementi fantastici. Non per nulla ai ragazzi di Visceral Games, nel 2010, venne in mente di crearne un videogioco estremamente violento e graficamente imponente dal titolo Dante’s Inferno, stolto e bellissimo. Il viaggio del Sommo Poeta fiorentino, accompagnato dall’iconico Virgilio, attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, ha ispirato molti artisti, registi come Lars Von Trier e il suo La casa di Jack, infiammato attori come Vittorio Gassman, ispirato i testi di molti cantanti, da Battiato («Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguire virtude e canoscenza», Testamento, 2012), Venditti («Paolo e Francesca, quelli io me li ricordo bene», Compagno di scuola, 1973) o persino gli Anthrax («Abandon all hope for those who enter», Howling Furies, 1984). Uno dei più struggenti album però nati dall’influenza di Dante Alighieri viene da un’attrice ucraina che all’apparenza con la musica non ha nulla da spartire, Milla Jovovich, star di molti blockbuster per lo più horror, come Resident Evil, o action, come la versione testosteronica de I tre moschettieri. Non molti sanno, visto che l’album in Italia non ebbe distribuzione, che la supermodella, nel 1994, pubblicò un cd dal titolo The Divine Comedy, definito dalla stampa estera «un eccitante mix tra Kate Bush, Sinead O’Connor, This Mortal Coil e Cocteau Twins». La Divina commedia di Dante non viene citata mai esplicitamente nell’opera di Milla Jovovich, ma diventa uno spunto per delineare l’animo di un’adolescente nel suo cammino di donna, attraverso veri gironi infernali fatti di piacere e lussuria, di ritorno alla purezza dell’infanzia. La terra natia, l’Ucraina, ispira il pezzo più dolce dell’album, In a Glade, tratta da una canzone popolare («Nella foresta vicino al fiume Danubio/c’è un basso che vibra e un violino che grida/penso a un posto dove la mia bella sta passeggiando ora/Nella foresta vicino al Danubio/fiume sono stanco della mia solitudine/piango, voglio volare come un uccello,dove è ora il mio adorabile uccello»). Sono brani che nascono come poesie, scritti quando Milla aveva 15 anni, ma che irrompono attraverso la musica con una potenza inusuale per un’esordiente, molto vicina alle influenze di Kate Bush e Sarah McLachlan.
La sua voce, dapprima dolce e infantile poi sempre più potente e ricca di tonalità, è accompagnata da strumenti usati raramente nella musica pop: il mandolino, il dulcimer, con le sue corde pizzicate o percosse o talvolta sfregate con un archetto, e il flauto, creano un’armonia di suoni stranamente unici e ariosi. Una delle hit più famose dell’album, Gentleman Who Fell, una vera stranezza pop che si è intrufolata nelle stazioni radio estere arrivando alle prime 40 canzoni più ascoltate del 1994, è diventata uno dei commenti musicali più significativi e struggenti del cult movie The Rules of Attraction (Le regole dell’attrazione) del 2002 di Roger Avary, tratto dal best seller di Brett Easton Ellis.

BURATTINI ITALIANI
Se Dante ha ispirato molte canzoni, il cantautore italiano che invece ha tratto più idee da classici della letteratura fantastica per bambini è senza dubbio Edoardo Bennato, a partire dal concept album Burattino senza fili, del 1977, influenzato dal Pinocchio di Collodi. L’opera è una metafora del potere che impone la propria cultura e la propria nozione di normalità, respingendo e opprimendo chi si allontana dalle regole prefissate per cercare una personale percezione del mondo.
Fin dalla copertina (una foto del cantante vestito da impiegato in un ufficio vuoto) si intuisce che, tramite la favola di Collodi, Bennato intende raccontare qualcosa di attuale, che riguarda il potere, l’industria discografica, la situazione femminile e, soprattutto, la miseria e l’ipocrisia degli adulti messa a nudo dallo sguardo dei bambini. In prigione, in prigione sfoggia uno sfrenato rock pianistico alla Jerry Lee Lewis in un album che fa dell’eclettismo musicale un vero vanto con pezzi che osano sfociare magnificamente nel blues, prima acustico e poi elettrico. Il brano che consegna però l’album all’immortalità della musica popolare italiana è Il gatto e la volpe, sentito omaggio al rock americano a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, con un testo che sbeffeggia l’industria discografica pronta ad approfittarsi di musicisti ingenui o privi di alternativa.

APPROCCI DIVERSI
Diverso l’approccio di Adriano Celentano per esempio al celebre burattino di Collodi con La ballata di Pinocchio, contenuto nell’album I mali del secolo, del 1972, uno dei più polemici parti musicali dell’artista. Schiacciata tra un iconico Un albero di trenta piani e Quel signore del piano di sopra, il brano di Celentano non spicca né per musicalità né per testi anche se è lodevole per la sessualizzazione della marionetta che, dal passaggio da legno a bambino, scopre le gioie della masturbazione. Sono sprazzi di genialità tutta dell’artista, molte volte avanti nel tempo, come dimostra la purtroppo atroce La siringhetta, contenuta nello stesso album, strozzata dai moralismi cattolici del caso, che vuole affrontare il tema della dipendenza dalla droga, tre anni prima della più riuscita Lilly di Antonello Venditti.
Per concludere questo tour di influenze fantastiche, come non citare i Mecano, una delle più popolari band spagnole fino al 1993, grazie anche alla particolare voce della cantante, Ana Torroja. Figlio della luna (1989) è la versione italiana dell’originale spagnola, intitolata Hijo de la luna, una drammatica ballata ispirata a una leggenda popolare spagnola. Per conquistare l’uomo che ama senza essere ricambiata, la mamma del bambino chiede alla luna di aiutarla a conquistarlo. La luna acconsente, a patto che il primogenito della coppia sia affidato a lei. E così la luna diventa una culla tra le stelle del cielo.