Da Biella a Canale cambia il clima sulla corsa. Una pioggerella fine bagna il gruppo su parte del percorso, ammolla i campanili e le pareti delle cascine ai bordi delle strade e tiene bassa la neve dei pioppi.

Di queste varie specie di corridori di solito chi ha la peggio è la prima, quella dei fuggiaschi.

Ma ogni tanto succede che ad esplodere sia la gioia più inaspettata. E infatti sull’ultimo cocuzzolo di giornata i fuggitivi rimangono in due, Simon Pellaud e Taco Van deer Horn. Si gettano dapprima al loro inseguimento Ciccone e Gallopin, riassorbiti però dal grosso del plotone.
Davanti, ai meno 8 dal traguardo, in falsopiano, Van deer Horn si mette in proprio, resiste alla rincorsa del gruppo e trionfa incredulo con le mani nei capelli.

E dopo l’arrivo ride, Taco, ride e a dir la verità, sul palco delle premiazioni, non si limita a posare le labbra sulla bottiglia di spumante, ma si concede tre sorsate a garganella. Meritate.

A margine della corsa si fa un gran parlare del rientro in gara dell’olandese Groenewengen. Forte velocista, viene fuori da nove mesi di squalifica dopo che in Polonia l’anno scorso aveva spintonato il danese Jakobsen per farsi largo in volata. Complice l’errato posizionamento delle transenne, il volo di Jakobsen era stato terrificante: per settimane si è temuto per la sua vita. Una storiaccia che ancora proietta le sue ombre, tra carte bollate e scuse ancora, pare, non pervenute.

Si racconta questo mentre ad Asti si passa a casa Gerbi, il diavolo rosso cantato dal suo concittadino Paolo Conte. Correva Gerbi ai primi del ‘900, epoca eroica per eccellenza del ciclismo, se è vero che Pratolini assisteva ai duelli di Bartali con Coppi con certo disincanto, memore delle imprese dell’astigiano. In carriera Gerbi ne ha combinate di tutti i colori, non erano tempi di fair play. Alla prima Milano-Sanremo(1907) erano in tre in vista del traguardo, Gerbi appunto, e due francesi. Vistosi perso, Gerbi non ha dubbi: si accorda con Petiti-Breton per smezzarsi i premi, poi affianca Garrigou lungo le transenne e gli rifila un destro nel costato.

Vicende non comparabili: si correva allora per avere da mettere in tavola la minestra l’indomani. Oggi c’è solo da sperare che la situazione tra Groenewengen e Jakobsen si chiarisca e che la tensione in gruppo si stemperi. Il ritorno in corsa di inganni, tradimenti e colpi bassi lo si acclamerebbe, ma che siano incruenti, per carità.