Boom di pensionati all’estero e l’Inps pensa di smettere di pagargli le prestazioni non contributive. L’intervento riguarderebbe 36.578 pensionati ed è stato ipotizzato ieri dal presidente dell’Inps Tito Boeri durante la presentazione del rapporto «WorldWideInps. L’Inps e le pensioni all’estero» realizzato dalla direzione centrale Convenzioni internazionali e comunitarie.

«Questo fenomeno erode la base imponibile – sostiene Boeri – Molti pensionati ottengono l’esenzione dalla tassazione diretta e non consumano in Italia, con effetti quindi anche sulla tassazione indiretta. Il fenomeno non è compensato da flussi in ingresso di pensionati Inps che rientrano: 24.857 dal 2003 al 2014». Boeri ha aggiunto che «l’Italia è uno dei pochi paesi a riconoscere la portabilità extra-Ue della parte non-contributiva delle pensioni. Nell’ambito dell’Ue questa opzione non è più data in virtù dei regolamenti comunitari». «Paghiamo così – ha continuato – integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali a persone che vivono e pagano le tasse altrove, riducendo il costo dell’assistenza sociale in questi paesi. Mentre in Italia non abbiamo una rete di assistenza sociale di base». «Continuiamo a pagare assistenza sociale ad altri paesi, mentre non abbiamo ancora costruito un sistema di assistenza di base per chi vive e paga le tasse in Italia. Perché – ha concluso Boeri- non smettere di pagare prestazioni non contributive all’estero?».

Il fenomeno è in crescita da undici anni e non ha nulla a che vedere con la «fuga dei cervelli».In questo caso la perdita è netta per il paese che non farà nemmeno lo sforzo di pagargli le pensioni. Il caso della fuga dei pensionati è stato accelerato dal boom di pensionamenti e pre-pensionamenti avvenuti negli ultimi cinque anni durante i quali pensionati emigranti sono passati dai 2.553 del 2010 a 5.345 nel 2014 (+109%). Dal 2003 al 2014 oltre 36.500 persone hanno deciso di passare all’estero la loro vecchiaia. La ragione è evidente: il costo della vita più basso. Non si è ancora capito se gli si voglia addebitare l’intenzione di approfittare del welfare italiano che hanno finanziato con il loro lavoro. Se questo è un caso, ne vedremo le conseguenze.

«L’Inps eroga all’estero, ogni anno, circa 400mila trattamenti pensionistici, in oltre 150 Paesi. Il 61% sono di vecchiaia o di anzianità, il 4% di invalidità e il 35% sono erogate ai superstiti. Di queste, più del doppio delle pensioni di anzianità-anticipata sono erogate a favore di pensionati uomini, a conferma del fatto che l’emigrazione maschile è stata più numerosa di quella femminile e della circostanza che, per il loro tradizionale ruolo nell’organizzazione familiare tradizionale e per le difficoltà ad accedere al mondo del lavoro, non sempre le donne hanno maturato contribuzione utile per accedere alle pensioni».

Il rapporto sostiene che sono quasi 200 mila stranieri con oltre 66 anni e 3 mesi di contribuzione a non avere ricevuto alcuna prestazione. I loro contributi, capitalizzati in base alle regole del sistema contributivo, valgono tre miliardi di euro. ci sono 4,2 milioni di posizioni contributive ante 1996 e dunque soggette ai requisiti contributivi minimi. Queste posizioni hanno sin qui erogato contributi che, capitalizzati, valgono 56 miliardi. Se il 21% non prende pensioni, abbiamo già oggi circa 12 miliardi di montante contributivo che non darà luogo a pensioni». Il punto è: che fine faranno queste risorse e come saranno impiegate?