Il bluff dell’inviato Onu per la Libia, Bernardino León, che aveva annunciato l’intesa sui nomi del governo di unità nazionale libico, è stato smascherato. L’accordo, che conferisce a Fayez Ferraj di Tobruk la premiership e divide tra le altre fazioni le tre vice-presidenze, fin qui resta sulla carta. Il tempo stringe, il mandato di León finisce il 20 ottobre e sarà sostituito dal tedesco, Martin Kobler.

Il presidente del Congresso nazionale generale (Cng) di Tripoli, Nuri Abu Sahimin, ha confermato che non firmerà l’intesa. Abu Sahimin si è scagliato contro l’invito ad andare a New York insieme al ministro degli Esteri di Tobruk. Per il politico, vicino alla Fratellanza musulmana libica e sostenuto da Qatar e miliziani di Misurata, il parlamento di Tobruk e il governo di unità nazionale sono «illegali». Gli islamisti avevano boicottato i colloqui di Skhirat in Marocco e disertato il tavolo negoziale non riconoscendo la legittimità sia del parlamento di Tobruk sia del generale Khalifa Haftar, appoggiato da Egitto e Zintani, autoproclamatosi guida delle Forze armate di Tobruk.

Ma le defezioni vengono anche dai sostenitori del parlamento della Cirenaica: il consiglio tribale di Zintan si è detto contrario alla formazione di un parlamento federale (che potrebbe avere sede a Tripoli). La Camera di Tobruk non si è ancora espressa ufficialmente sull’intesa. In altre parole, solo alcuni politici moderati delle due fazioni credono all’accordo ma sono richiamati all’ordine dalle loro alleanze con i miliziani che d’altra parte sono essenziali per la loro esistenza. Le istituzioni libiche, dopo i gravissimi attacchi della Nato del 2011, sono diventate una mera estensione di combattenti e contrabbandieri che si spartiscono il territorio. Dopo colloqui a Roma e al Cairo, León ha avvertito che le singole personalità che si diranno contrarie all’intesa subiranno sanzioni patrimoniali e non verranno ascoltate ulteriormente dalla comunità internazionale. Se un’intesa dovesse concretizzarsi, cosa che sembra improbabile, è già pronta una missione Onu di peace-enforcement.

Non solo, l’Unione europea potrebbe adottare con la Libia una strategia simile a quella che ha assunto con la Turchia dichiarandola paese sicuro (cosa ben lontana dalla realtà) per provvedere alla detenzione di migranti in territorio libico mentre è già in vigore la missione Eunavfor Med che prevede la possibilità per le navi europee di violare le acque territoriali libiche e procedere con l’arresto degli scafisti.

Non si fermano le violenze a Bengasi. Il comandante del Battaglione 17 delle forze speciali, Mohamed Bou Halika, è rimasto ucciso in scontri nei pressi dell’aeroporto di Benina. È di almeno tre civili uccisi e 13 feriti il bilancio degli scontri a Bengasi tra l’esercito guidato dal generale Haftar e gruppi di milizie islamiste nei quartieri occidentali della città. Nel centro di Sirte, i miliziani dell’Isis hanno condannato a morte lo sheykh sufi, Said al-Madani, con l’accusa di stregoneria. A settanta chilometri da Derna, altra città in mano agli islamisti radicali, a Gernada, Emergency ha aperto un Centro chirurgico per vittime di guerra.

«Tutti gli ospedali locali sono stati danneggiati dalla guerra», spiega Emanuele Nannini, coordinatore di Emergency. L’interveto era stato richiesto quattro mesi fa dal ministero della Sanità del governo di Tobruk per garantire assistenza ai feriti dei combattimenti nelle zone di Bengasi e Derna.