Poco più di ottant’anni fa venne intrapreso il difficile compito di salvare una specie sull’orlo dell’estinzione: il bisonte europeo (Bison bonasus). Il numero di individui di questa specie, all’inizio del secolo scorso, era estremamente ridotto: nel 1923 se ne contavano solo cinquantaquattro.
L’importanza di salvaguardare questa specie è dovuta al fatto che storicamente ha ricoperto un ruolo molto importante negli ecosistemi forestali e steppici. L’imponente animale è stato per molte nazioni nascenti europee simbolo di forza naturale, ma nello stesso tempo è stato anche uno tra i più cacciati. La pressione venatoria e la caccia di frodo, accompagnate dal taglio delle foreste e dalla frammentazione e degradazione degli habitat a seguito delle attività agricole che si sono man mano sviluppate in Europa, sono state le cause principali del declino delle popolazioni del più grande mammifero europeo.
Gli antenati del bisonte europeo provengono dall’Asia meridionale da dove alcune forme si diffusero nelle zone temperate dell’Euroasia durante il tardo Pliocene primo Pleistocene penetrando anche in Nord America attraverso lo stretto di Bering dove hanno successivamente dato origine al Bisonte americano (Bison bison). In tempi storici, quindi, il bisonte era distribuito in quasi tutta l’Europa raggiungendo il Volga e il Caucaso con due forme, il bisonte di pianura (Bison bonasus bonasus) e quello di montagna (B. bonasus caucasicus). Esistono molte evidenze sulla presenza e l’ampia distribuzione di questi animali in Europa sin dai tempi preistorici. Basta ricordare le precise e ben conservate rappresentazioni di questi animali negli affreschi del soffitto nella caverna di Altamira (Cantabria, Spagna) scoperti nel 1875 ad opera di Don Marcelino de Santuola nella caverna, o meglio dall’intuito della sua piccola figlia, risalenti a 11.000-19.000 anni fa. Oppure le testimonianze in epoca romana di Giulio Cesare nei suoi Commentarii in cui riporta il gran numero di bisonti presenti in Gallia e Germania.

Morte in Francia

La riduzione dell’areale di distribuzione di questa specie iniziò nel centro, nord e sud dell’Europa. I primi bisonti a soccombere furono quelli francesi nel VIII secolo, mentre sopravvissero nel sud della Svezia sino all’XI secolo e nel sud dell’Inghilterra sino al XII secolo. Inoltre, altre popolazioni del centro Europa andarono incontro all’estinzione e sembra che l’ultimo bisonte in Germania sia stato ucciso nel 1755. In quel periodo, la specie era pressoché scomparsa in tutto il suo areale, ad eccezione dell’ultimo rifugio la foresta di Bialowieza, sebbene re polacchi e zar russi continuassero ad organizzare sontuose battute di caccia. Tuttavia la sopravvivenza di questo animale a Bialowieza sino al 1919 fu favorito non solo dalle condizioni ecologiche ottimali che la foresta offriva ma anche dall’azione dei regnanti in quell’area. Infatti la foresta di Bialowieza è stata conservata in quanto proprietà dei re Polacchi e successivamente degli zar russi (la Bielorussia ha subito nel corso della storia continue contese e per molti anni è appartenuta alla Russia). Uno dei primi atti legali volti alla conservazione del bisonte ma anche l’uro, il castoro e altri animali fu il cosiddetto «Statuto Lituano», promulgato da Sigismondo il Vecchio nel 1532. Durante il periodo di governo di Sigismondo Augusto (1548-1572) fu introdotta la pena di morte per l’uccisone del bisonte. Dal 1589 le foreste appartennero alla famiglia reale e Vladimiro IV introdusse severi criteri di conservazione in particolare per la foresta di Bialowieza. Sotto il dominio russo la gestione forestale fu varia. Ad esempio, nel 1803, lo zar di Russia Alessandro I ordinò ai contadini di proteggere i bisonti e di nutrirli durante i periodi invernali. Nel 1820 fu proibito di cacciare i bisonti. Dal 1809 furono iniziati i censimenti dei bisonti presenti a Bialowieza. Nel 1888 la foresta di Bialowieza divenne proprietà dello Zar e lo rimase sino alla Prima Guerra Mondiale. In quel periodo, fu riserva di caccia dello zar e dei suoi cortigiani e furono introdotti molti altri animali per scopo venatorio, in particolare molti cervi che drasticamente ridussero il rinnovo naturale della foresta con conseguente limitazione delle risorse trofiche per gli animali erbivori.
Un contemporaneo crollo delle popolazioni di bisonti e altri erbivori (ad eccezione delle alci) avvenne durante il periodo della Prima Guerra Mondiale. Le truppe tedesche entrarono nella foresta di Bialowieza nell’agosto 1915 e si nutrirono di una gran quantità di animali. Tra questi i più facili da reperire e che offrivano una maggior resa (quantità di carne) furono i bisonti. Nonostante le misure prese dalle autorità tedesche subito dopo l’invasione (25 settembre 1915) che punivano coloro che uccidevano i bisonti, questa specie continuò ad essere sfruttata e il numero degli individui diminuì drasticamente. Il bracconaggio era molto diffuso. Nel marzo del 1917 si contavano solo 121 bisonti, molto meno di quelli censiti dai russi (785 animali) prima della guerra. Le momentanee iniziative di protezione per questa specie produssero qualche miglioramento ma nel novembre del 1918 rimanevano presenti nella foresta 68 bisonti. L’occupazione tedesca terminò alla fine del 1918 e subito dopo a causa dell’instabilità politica e legislativa gli ultimi bisonti sopravvissuti subirono ulteriori e gravi perdite. Il governo polacco nel 1919 ristabilì stretti criteri di protezione per il bisonte e inviò degli specialisti per valutare la situazione e nell’aprile del 1919 furono trovate le tracce di 4 individui e i resti di un individuo vittima dei bracconieri. Questo è stato l’ultimo rinvenimento certo di bisonte europeo nella foresta di Bialowieza.
Un simile destino è toccato anche al bisonte di montagna (B. bonasus caucasicus) che sopravvisse sui rilievi del Caucaso nord-occidentale sino all’inizio del XX secolo.
A seguito d tutti questi eventi storici (guerre, rivoluzioni, etc) i vari tentativi di proteggere il bisonte europeo sia da parte delle autorità polacche che russe non ebbe successo e questa specie con pochi individui sopravvisse solo in alcuni giardini zoologici europei.
Ed è proprio da quegli individui che si è ripartiti.
Il polacco Jan Sztolcman fu il promotore di una società internazionale per la salvaguardia del bisonte europeo che vedeva coinvolte sedici nazioni. Tra le attività di questa società, su inziativa del direttore del giardino zoologico di Francoforte, Dr Kurt Priemel fu effettuato un primo censimento nel 1923 per sapere quanti bisonti erano ospitati nei vari giardini zoologici e fu anche creato l’«European Bison Pedigree Book (Ebpm)» che ha giocato e gioca tuttora un ruolo fondamentale nel mantenimento delle linee genetiche. Furono quindi censiti 54 individui provvisti di pedigree, utili ad una reintroduzione e di questi 39 provenivano da Bialowieza. Subito iniziò una attività di riproduzione in cattività che culminò con il rilascio in natura di vari individui nel 1952, proprio nella foresta di Bialowieza (che si estende nella confinante Urss).
Pochi anni dopo, nacque il primo bisonte in natura e negli anni Sessanta si era ricostituita una popolazione di circa 170 animali, decretando il salvataggio di questa specie. Negli anni Ottanta del secolo scorso il numero degli individui era 250 sebbene le nascite fossero maggiori. La decisione di mantenere questo numero da parte dei ricercatori era dettata essenzialmente dal fatto che 250 era il numero che poteva essere ospitato e gestito dalla foresta e, inoltre, tra le nascite in esubero vi erano individui malformati (assenza di corna, deformazione degli zoccoli, anomalie negli organi riproduttori, etc) a causa dell’alto tasso di inbreeding (incrocio fra esemplari strettamente imparentati) dal momento che tutta la popolazione si è originata da un numero molto basso di individui. Un risultato dell’inbreeding è anche una diminuzione di sopravvivenza dei giovani e una durata della vita assai ridotta. Così, i giovani individui che mostravano malformazioni sono stati eliminati dalla popolazione da parte delle autorità del parco, e sono stati poi utilizzati per studi di genetica, parassitologia, anatomia… Questa attività che potrebbe sembrare «anomala» rientra nei programmi di gestione e conservazione che ha permesso al mammifero più grande d’Europa di vivere libero in natura e di essere salvato dall’estinzione.

Il difficile ripopolamento

Infatti, all’inizio di questo secolo l’Ebpb ha incluso nel suo registro 2864 bisonti di cui circa 1700 vivono liberi in natura con popolazioni presenti oltre che in Polonia anche in Bielorussia, in Lituania, in Ucraina e in Russia. Tuttavia, se questa specie può essere considerata fuori pericolo ancora esistono alcuni problemi. Le attività di reintroduzione sono lente e spesso non coordinate. Il numero di individui impiegati per la formazione di nuove popolazioni sono esigui e le nuove popolazioni sono isolate tra loro. Inoltre, le pratiche di gestione differiscono da paese a paese. Quindi, ad oggi, non è stato possibile ricostruire una popolazione vitale con areale continuo. Recenti studi hanno dimostrato che per poter avere una popolazione vitale di bisonti sono necessari almeno cento esemplari e questa condizione si riscontra solo in pochi casi. Inoltre, come già detto, la variabilità genetica è ancora molto bassa, tuttavia si è mantenuta costante negli ultimi decenni.
I continui sforzi dei ricercatori e delle organizzazioni internazionali continuano e tutto sembra andare nella giusta direzione a dimostrazione di quanto si può e si deve fare per la salvaguardia e il mantenimento della biodiversità.