È uno spazio protetto questo? Posso togliere gli occhiali scuri, oltre alla mascherina, ed evitare di ricorrere a pseudonimo? Scusate le cautele, ma tra le fattispecie che il Ddl Zan deve contemplare e tutelare c’è chi difende il diritto a esistere del biodinamico. Seppur nel gioco di specchi che rilancia – deformata – la gloria dei protagonisti mediatici del dibattito sulla liceità di un approccio alla produzione agricola, il biodinamico è divenuto nelle ultime settimane una vedette del corto circuito informativo tra pulpiti senatoriali o televisivi e difese d’ufficio, inevitabilmente identitarie. Qualcosa che, con gergo antico, sarebbe evocato come scontro tra ‘opposti estremismi’ che fa strame di buon senso ed equilibrio. Io piuttosto la metterei così: nell’agricoltura arcobaleno c’è posto per tutti quelli che quell’agricoltura (e quell’ambiente sociale ed ecologico in cui si innesta) non la violentino, non la segreghino, non si dedichino all’agricidio, non abbandonino il cibo lasciandolo orfano o privo di un nome, come ad esempio può accadere ai prodotti Ogm o di nuove tecnologie genetiche di cui si vuole omettere l’identità. In questa agricoltura arcobaleno sono benvenuti coloro che adottano approcci biologici e bionadinamici, ma anche rigenerativi, agroecologici, sinergici, di permacoltura. A patto che dedichino veramente cura alla Casa, quell’Eco declinato in Ecologia ed Economia, piuttosto che appropriarsi di nomi suadenti per continuare a logorarne le fondamenta.

Eppure, nel quadro delle regole codificate ci sono istituti – come quello matrimoniale – che lo Stato associa a diritti e doveri che nella loro interezza non sono estendibili a chi fa famiglia o agricoltura fuori da quella celebrazione, like it or not.

L’Unione Europea, e di conseguenza il Parlamento italiano laddove si perfezioni la legge sull’agricoltura biologica giunta in ultima lettura alla Camera, accorda questi diritti e doveri all’agricoltura biologica e all’agricoltura biodinamica, qualora questa sia comunque inquadrata nella prima. Un po’ come l’istituto del matrimonio che è in primis, per lo Stato, un atto di formalizzazione civile, pur ammettendo che possa celebrarsi anche in sede religiosa.

Oddio, mi è scappato, così si entra nel periglioso campo ascientifico della devozione e della spiritualità. Qualcuno direbbe nell’esoterismo. Ma l’agricoltura è sempre stata intrisa di riti e tradizioni. E continua ad esserlo: poco prima del lockdown 2020, come avveniva anche gli anni precedenti, il giorno di Sant’Antonio Abate Coldiretti e Associazione Italiana Allevatori hanno portato gli animali a Piazza San Pietro per la tradizionale benedizione. Si tratta di organizzazioni che godono di consistenti erogazioni pubbliche e di un ruolo di primo piano nella concertazione delle politiche agricole, ma nessuno ha gridato allo scandalo o esposto al pubblico ludibrio. Eppure, in punta di scienza, quella scienza che ha nella quantificazione dei fenomeni, nella loro analisi causale e nella determinazione degli effetti prevalenti un suo principio istitutivo, la scala di questi eventi dovrebbe godere di attenzione prioritaria, per poi prestare interesse all’uso del corno di vacca di cui – curiosamente – si indagano i presupposti ma non i risultati.

Probabilmente ciò accade perché i fenomeni consolidati, così come i poteri, solleticano meno la curiosità scientifica e, non ultimo, perché non fanno notizia e non si guadagna ribalta. Anzi, quando si affronta il potere, quello vero, c’è il rischio di rimetterci e quell’altrimenti vilipeso principio di precauzione ritorna sovrano.
L’agricoltura arcobaleno è un’agricoltura di impegno e di cura. Merita sostegno e attenzione. Quando iscritta nelle regole è poi quell’agricoltura resa ben riconoscibile da chi la esercita, da chi la garantisce e da chi decidesse di adottarla o sostenerla, è elemento di chiarezza e trasparenza. Magari valesse per tutt

Segretario generale Firab