L’Italia con i suoi 39 milioni di auto private è uno dei paesi più motorizzati d’Europa: una media di circa 65 auto ogni 100 abitanti. Il tasso di motorizzazione cresce anche nel 2020 e siamo ormai l’unico grande paese europee con più auto che patenti. Ne deriva che i due terzi della domanda di mobilità in Italia sono soddisfatti dall’automobile, anche se il 75% degli spostamenti è inferiore a dieci chilometri e il 25% è addirittura più breve di due chilometri; il 20% della popolazione fa meno di uno spostamento al giorno, dato che si contrae ulteriormente nelle città, dove grazie la presenza dei mezzi pubblici e condivisi ci si muove di più senza l’auto di proprietà: a Milano ad esempio scende al 5%. Moltissimi abitanti dei centri urbani, in pratica, potrebbero rinunciare all’automobile per i loro tragitti di tutti i giorni come avviene in molte città europee dove si guida pochissimo.

SE VOGLIAMO RESPIRARE aria pulita dobbiamo cambiare il nostro modo di spostarci, a patto che sussistano le condizioni per farlo. Al momento un cittadino italiano affronta una selva di provvedimenti e misure nella quale, tra standard europei, limiti alla circolazione, incentivi alla rottamazione, comportamenti del mercato, non è facile districarsi per essere sostenibili per l’ambiente, la vita e le proprie tasche. Per chi ha un reddito medio-basso e non abita in città sembra proprio impossibile. «La questione della mobilità sostenibile ha un aspetto sociale che non può essere trascurato», afferma Andrea Poggio, responsabile mobilità di Legambiente. L’acquisto di un’automobile nuova è possibile solo per il 50% più ricco della popolazione: il prezzo delle auto cresce da più di 10 anni a questa parte, anche nei periodi di deflazione, mentre i redditi sono diminuiti. Chi non si può permettere l’auto nuova poco inquinante, si rivolge al mercato dell’usato, alimentato dalle flotte aziendali e dal noleggio. Che non sono incentivati e non comprano. Il mercato dell’usato permette di accedere a prezzi più bassi dove si trovano però macchine più inquinanti, acquistate anche grazie agli incentivi per la rottamazione.

CHE SI VOGLIA ACQUISTARE UNA VETTURA usata o nuova, bisogna tenere conto di alcuni rischi. Continua Andrea Poggio: «Dal primo settembre 2019 in Europa è entrato in vigore un nuovo regime, che ha inciso sul mercato, mettendo fuori gioco i piccoli diesel ed il metano. Quello che sta accadendo è che il diesel invenduto in Europa viene proposto alle concessionarie italiane come km zero. Quindi sul mercato italiano troviamo modelli non omologati ai nuovi criteri di prova, che vengono venduti con sconti anche superiori ai bonus fiscali del Governo per l’elettrico».

Città come Milano, presto Torino, Parigi e molte città tedesche e statunitensi (coordinamento C40), nonostante l’innalzamento dei limiti per le auto diesel previsto dalla Commissione europea, hanno imposto limiti di circolazione sempre più rigorosi e crescenti nel tempo. Tra il 1 ottobre 2025 e il 1 ottobre 2028 (per chi ha acquistato ignaro un diesel prima del 2019) gli Euro6C e gli Euro6 non potranno più accedere in città (vedi AreaB a Milano). Dal primo ottobre 2030 il divieto verrà esteso anche agli Euro6D-Temp e Euro6D-full. Praticamente tutti, visto che non si prevedono al momento diesel Euro7.

SUCCEDE POI CHE I «PERMESSI di inquinamento» concessi alle auto vanno in corto circuito con le normative europee sulla qualità dell’aria, e le grandi città si ribellano: un caso clamoroso è il ricorso alla Corte di giustizia europea da parte di Parigi, Madrid ed Amburgo, contro i nuovi standard emissivi del 2030: l’Europa non può multare una città perché supera i limiti degli ossidi di azoto quando contemporaneamente permette la vendita di auto troppo inquinanti. Incentivi come quelli della Regione Lombardia, che vengono giustificati come misure per andare incontro a chi non si può permettere l’auto elettrica, o le deroghe alla circolazione di mezzi inquinanti per i redditi inferiori a una certa soglia, come è stato fatto in Piemonte, sono provvedimenti populisti e di corto respiro», dice Legambiente. Bisogna eliminare gli incentivi per le auto nuove sino a 135 grammi CO2 a km, in quanto non ha senso indebitare le famiglie italiane per acquistare automobili troppo inquinanti, già multate in Europa. E’ quel che succede oggi con gli incentivi per auto con emissioni oltre i 95 grammi CO2: le case auto tengono prezzi di listino alti perché sanno che ci pagheranno la multa, poi le propongo con sconti eccezionali, in parte recuperati dagli incentivi statali. Lo stato paga gli incentivi creando un debito che non potrà scaricarsi sui fondi europei, proprio perché premia auto inquinanti.

COSA FANNO AD ESEMPIO LA FRANCIA e la Germania per aumentare le auto pulite (elettriche) senza indebitare le famiglie e dover in futuro incrementare le tasse? Primo, non pretendono che siano solo le famiglie a comprarsi auto nuove: là due terzi del mercato sono flotte, noleggi e aziende, da noi un terzo. C’è persino l’obbligo ad avere una quota della flotta composta da auto completamente elettriche. In secondo luogo, gli investimenti sono soprattutto orientati al trasporto pubblico rapido e di massa, treni pendolari, metropolitane e autobus elettrici, due o tre volte più che in Italia. «Noi tassiamo i servizi di trasporto pubblico e condiviso, per esempio con l’Iva: ticket bus 10%, sharing mobility 22% (dalla bici all’auto)», dice Andrea Poggio. «La risposta ai redditi bassi non può essere il permesso di inquinare, ma una maggiore disponibilità di mezzi pubblici e condivisi, puliti. Il problema non è come diminuire con la rottamazione il costo di auto inquinanti ma come trovare servizi di mobilità (mezzi pubblici e in sharing) e mezzi elettrici leggeri per far spostare per persone senza auto».

«La mobilità sostenibile del futuro si orienta ad essere quella pubblica e quella condivisa. E il più possibile elettrica. Modalità già presenti in città che devono essere avviate anche fuori. Siamo in una stagione a dir poco caotica e delicata per l’industria dell’auto. Il mio consiglio», conclude Andrea Poggio, «è di non comprare più l’auto, ma di noleggiarla e condividerla se proprio se ne ha bisogno».